È valida anche per i pazienti diretti all'ospedale Humanitas Gavazzeni di Bergamo l'accordo siglato tra l'Istituto clinico Humanitas di Rozzano (Milano) e Alitalia, intesa che prevede tariffe agevolate Alitalia, fino al 35%, a favore di pazienti e familiari che si rivolgono all'ospedale lombardo.
Lo rende noto la stessa struttura con un comunicato. Ogni anno sono oltre 50mila i pazienti che vanno all'Humanitas per un ricovero, di cui il 30% da fuori Lombardia. "Alitalia, riconoscendo il valore dell'attività svolta da Humanitas - spiega la nota - ha accolto favorevolmente la richiesta dell'Istituto di individuare agevolazioni tariffarie per i propri pazienti che si recano a Milano per esami, ricoveri, visite mediche o altre prestazioni ambulatoriali".
Si tratta del primo ospedale policlinico italiano ad attivare con Alitalia una convenzione di questo tipo. L'iniziativa si affianca ad altri servizi di accoglienza, come convenzioni con alberghi, ristoranti, con particolare attenzione ai pazienti del Cancer Center. Dal 1 novembre 2012 dunque, per i pazienti di Humanitas e i loro accompagnatori, sono disponibili riduzioni fino al 35% (compatibilmente con la disponibilità al momento della prenotazione) da tutti gli scali italiani serviti da Alitalia per voli diretti a Milano Linate, andata e ritorno.
Le tariffe non sono soggette a limiti di permanenza e sono da intendersi valide solo sulle rotte per Milano Linate e non viceversa. Per prenotare con la convenzione Alitalia il paziente, dopo aver prenotato visita medica, ricovero o esame presso Humanitas, può telefonare al numero 02.8224.2269 o scrivere a ufficio.viaggi@humanitas.it, precisando di avere un appuntamento presso l'ospedale. Il pagamento può avvenire solo con carta di credito. La convenzione è valida anche per i pazienti diretti all'ospedale di Castellanza (Varese).
Fonte:L'eco di bergamo.it
A innescare la discussione, che ha visto arrivare in redazione diverse lettere e racconti, la testimonianza di un infermiere termolese che lavora a Bologna. «A me dispiace per chi lavora da interinale da dieci anni, ma nessuno ha costretto queste persone a scegliere la strada delle agenzie interinali o delle raccomandazioni politiche. Queste sono le conseguenze, purtroppo…».
«Io come tanti altri molisani sono andato via da casa rifiutando il lavoro tramite agenzia perché sapevo che non sarei mai stato assunto se non ci fosse stato un concorso – prosegue il giovane molisano - Vogliamo che le cose vadano bene? Allora seguiamo le normative di legge! Non sono gli interinali che devono lamentarsi, perché sotto il punto di vista della legge hanno torto, al massimo devono lamentarsi con i politici e quanti hanno dato loro false rassicurazioni. Non stiamo parlando di fabbriche private come la Fiat dove dopo un tot che lavori vieni assunto, stiamo parlando di un’azienda pubblica».
La risposta di Luigi, che al contrario ha lavorato nelle corsie dell’ospedale San Timoteo di Termoli per dieci anni, è incentrata sulla riflessione che «in questo modo ci si fa la guerra tra i poveri e ci si attacca tra di noi lavoratori perdendo di mira i veri responsabili di quello che sta succedendo nella sanità molisana, che ha pregiudicato la possibilità sia per me che per gli altri che si sono trasferiti fuori per lavoro di poter lavorare nella nostra regione».
«E’ poco corretto dire – scrive ancora Luigi nella sua replica - che chi ha lavorato per le agenzie interinali ha lavorato grazie alla raccomandazione del politico. Sarebbe come dire a te che hai vinto il concorso grazie alla stessa procedura della raccomandazione. Si pensa sempre al sacrificio che chi sceglie di andare fuori deve fare, ma davvero credete che chi ha scelto, o chi magari è stato obbligato a scegliere, di rimanere nella propria regione non abbia fatto sacrifici? Qua si è sempre e comunque gli ultimi, sempre l’anello più debole su cui i diretti o indiretti superiori hanno potuto esercitare una forma di mobbing psicologico in virtù della nostra precarietà. Non abbiamo diritto agli scatti di anzianità, nessun incentivo di produzione riconosciuto ai titolari di ruolo,con l’agenzia non ci è stato riconosciuto lo stesso punteggio per il lavoro svolto, siamo pedine che vengono chiamate quando serve coprire un turno o un doppio turno».
Scontro sulla stabilizzazione, che per Luigi e i precari di Termoli è una procedura adottabile come accaduto in Puglia, Abruzzo e Lazio indicendo concorsi pubblici. «Saprai bene – dice Luigi al collega emigrato a Bologna - cosa è successo in Puglia tra il 2007 e il 2010 con la stabilizzazione del personale precario infermieristico, arrivando anche nel 2011 ad altre forme di conciliazioni e sentenze dove il personale “precario storico” è stato prorogato finché ci sarà la stabilizzazione e dove la Asrem ha accettato la proposta così come formulata dai ricorrenti sussistendo in capo a ciascuno di essi il possesso di tutti i requisiti di legge previsti per essere stabilizzati e deliberando di prorogare il rapporto di lavoro a tempo determinato attualmente in essere con i ricorrenti fino alla definitiva stabilizzazione».
Scrive anche un altro infermiere, Recchi Marone, un giovane che dopo un anno di precariato all’ospedale San Timoteo è partito per Mantova, sperando in un contratto a tempo indeterminato. «Leggo con rammarico gli inutili piagnistei del mio collega Luigi: sapeva benissimo che la stabilizzazione non sarebbe mai arrivata, come precisa il mio collega di Bologna, perché contrattualmente è necessario vincere un concorso pubblico per entrare a tempo indeterminato, ma si sa, è più comodo che qualcuno ti assuma con la bacchetta magica! Un eventuale concorso o mobilità nei presidi ospedalieri di Termoli o di Campobasso farebbe accorrere almeno 2000 domande, visto che il Molise si trova in una posizione strategica per molti colleghi campani, abruzzesi, laziali e pugliesi.
Ma Luigi non ci sta e replica: «A prescindere da quello che ci porta a uno scontro tra noi, veri lavoratori della sanità, precari e non, quello che vorrei si capisse è che questa nostra regione ha ridotto la sanità in uno stato pietoso, ha voluto fortemente evitare di stabilizzare o promuovere la mobilità o concorsi anche perché avere persone che hanno bisogno del politico di turno non ha fatto altro che rendere il politico stesso “padrone degli uomini”. E’ così che noi ci sentiamo: nuovi schiavi di questo mondo lavorativo».
E c’è anche chi scrive per raccontare di essere in graduatoria ma non di avere chance: «Vorrei precisare in merito al discorso delle 800 persone in graduatoria... a quelli che si lamentano che sono dieci anni che lavorano come precari con avviso pubblico, che dovrebbero ben sapere come mai sono sempre e solo loro a lavorare. In una graduatoria di avviso pubblico, l’aver lavorato in precedenza sempre presso una Asl procura punteggio così che a lavorare saranno sempre gli stessi visto che quando tocca agli ultimi della graduatoria (senza raccomandazione o aiutino) puntualmente e casualmente la graduatoria scade e se ne indice una nuova con il solito risultato, e cioè che chi ha appena finito l’incarico vecchio...ricomincia con il nuovo. E quelli in fondo alla vecchia graduatoria? rimangono perennemente in fondo perché, nella nuova graduatoria, non avranno accumulato punteggio. Ora, dico io, facciamola scorrere questa graduatoria almeno per una volta fino alla fine così che tutti potremmo poi concorrere ad armi pari per uno sperato concorso!»
La situazione è critica, i nodi di decenni di superficialità e leggerezza vengono al pettine di colpo, nell’epoca dello sfascio totale e dei tagli drastici.