venerdì 9 novembre 2012

Accordo Alitalia - Humanitas Tariffe agevolate per i pazienti

È valida anche per i pazienti diretti all'ospedale Humanitas Gavazzeni di Bergamo l'accordo siglato tra l'Istituto clinico Humanitas di Rozzano (Milano) e Alitalia, intesa che prevede tariffe agevolate Alitalia, fino al 35%, a favore di pazienti e familiari che si rivolgono all'ospedale lombardo.

Lo rende noto la stessa struttura con un comunicato. Ogni anno sono oltre 50mila i pazienti che vanno all'Humanitas per un ricovero, di cui il 30% da fuori Lombardia. "Alitalia, riconoscendo il valore dell'attività svolta da Humanitas - spiega la nota - ha accolto favorevolmente la richiesta dell'Istituto di individuare agevolazioni tariffarie per i propri pazienti che si recano a Milano per esami, ricoveri, visite mediche o altre prestazioni ambulatoriali".

Si tratta del primo ospedale policlinico italiano ad attivare con Alitalia una convenzione di questo tipo. L'iniziativa si affianca ad altri servizi di accoglienza, come convenzioni con alberghi, ristoranti, con particolare attenzione ai pazienti del Cancer Center. Dal 1 novembre 2012 dunque, per i pazienti di Humanitas e i loro accompagnatori, sono disponibili riduzioni fino al 35% (compatibilmente con la disponibilità al momento della prenotazione) da tutti gli scali italiani serviti da Alitalia per voli diretti a Milano Linate, andata e ritorno.

Le tariffe non sono soggette a limiti di permanenza e sono da intendersi valide solo sulle rotte per Milano Linate e non viceversa. Per prenotare con la convenzione Alitalia il paziente, dopo aver prenotato visita medica, ricovero o esame presso Humanitas, può telefonare al numero 02.8224.2269 o scrivere a ufficio.viaggi@humanitas.it, precisando di avere un appuntamento presso l'ospedale. Il pagamento può avvenire solo con carta di credito. La convenzione è valida anche per i pazienti diretti all'ospedale di Castellanza (Varese).

Fonte:L'eco di bergamo.it

Amici di sesso. Per 7 giovani su 10 è meglio dell’amore

Come nel sexting, anche nella ricerca di un amico con cui fare sesso emerge l’urgente desiderio dei giovani di esplorare la sessualità pur in assenza di una relazione solida. Ma a differenza dalle altre forme di sesso occasionale, tra gli amici di sesso c’è un legame affettivo. Con i suoi pro e contro.


08 NOV - I legami stretti fanno paura. Infatti, secondo una recente ricerca dell’Istituto di Ortofonologia (IdO) su affettività e sessualità, per 7 giovani su 10 è meglio parlare di “amici di sesso” piuttosto che di amore. Ma è possibile vivere una relazione senza scottarsi? Di questo si parlerà oggi nel nuovo video-chat di ‘Se sso è meglio” sul portale Diregiovani.it.

Come nel sexting – neologismo utilizzato per indicare l’invio di messaggi e immagini a sfondo sessuale – anche nella ricerca del trombamico, o amico di letto, l’adolescente “si trova alle prese con il desiderio di sperimentare ed esplorare la propria sessualità emergente evitando d’incontrare in modo decisivo la realtà delle proprie emozioni e dei propri sentimenti”, spiegano gli esperti dell’Ido che curano la rubrica ‘Se sso è meglio!’ e rispondono alle domande che arrivano allo spazio di consulenza on line ‘Chiedilo agli Esperti’ sul sito Diregiovani.it.

“Vivere la sessualità all’interno di una relazione priva di impegno verso l’altro - hanno proseguito gli esperti - come avviene appunto tra gli amici di letto, può rappresentare per molti ragazzi un modo di tenere a bada e controllare i normali timori di un'apertura all'altro più profonda”. Sexting e gli amici di sesso sono quindi due argomenti “molto complessi, soprattutto perché le ripercussioni sui vissuti dei più giovani non sono immediatamente percettibili, ma si evidenziano nel tempo. Se ad esempio pensiamo al sexting - hanno precisato - diventa importante far notare ai più giovani che una foto una volta inviata non può essere più gestita né recuperata. Le foto, se anche condivise con una persona di fiducia, si possono diffondere in modo incontrollabile, passando dal gruppo di amici all’intera scuola e se postate sul web diventano potenzialmente visibili in tutto il mondo”.

Inoltre, “è doveroso chiarire che la l’amicizia per sesso si differenzia dalle altre forme di sesso occasionale perché i due amici tendono a confidarsi sulle proprie relazioni e conquiste e spesso si coinvolgono in discussioni sul bisogno di darsi una definizione ponendosi domande come ‘cosa stiamo facendo?, ‘quali sono i confini?’, ‘ma è la cosa giusta?’ Tutti quesiti che fanno pensare ad una certa complicità e confidenza, come a segnalare un primo e rudimentale approccio ai sentimenti”.

Tuttavia gli amici coinvolti in una relazione sessuale possono vivere in equilibrio “solo se c’è corrispondenza tra i bisogni di entrambi, poiché nel tempo malumori o gelosie potrebbero compromettere l’amicizia o comunque la serenità”.

Insomma, tenere separata la sfera sessuale da quella sentimentale è davvero molto difficile. E l’amicizia di sesso può “finire quando uno dei due trova un’altra storia spesso più accattivante, oppure può in alcuni casi trasformarsi in un vero rapporto sentimentale che potrà essere reso pubblico. Comunque resta il rischio che con queste modalità relazionali la parte più emotiva e affettiva dei rapporti - ha concluso l’équipe di psicoterapeuti e medici dell’IdO - possa passare in secondo piano, senza essere sufficientemente ascoltata e compresa”.

Per chi oggi volesse parlare direttamente con un esperto, ‘Se sso è meglio!’ proporrà la possibilità di interagire in tempo reale con un servizio di chat live di un’ora e fruibile dalle 15 alle 16


fonte: QS

Procreazione, le madri di bambini in provetta potranno disconoscerli

Le madri che hanno avuto un figlio in provetta potranno disconoscerlo, al momento della nascita, così come già avviene per le donne che lo danno alla luce al termine di una gravidanza naturale. Lo prevede un emendamento approvato dalla commissione Affari sociali della Camera che modifica la legge 40, sulla procreazione assistita.
L'EMENDAMENTO - La commissione sta esaminando una legge che contiene misure a sostegno della segretezza della gravidanza. A questo disegno di legge Antonio Palagiano (Idv) ha presentato un emendamento che modifica la legge 40, nel punto che vieta il disconoscimento del bambino alle donne che hanno una gravidanza a seguito della fecondazione assistita (l'articolo 9, comma 2). Il presidente della commissione, Giuseppe Palumbo (Pdl), ha espresso parere positivo all'emendamento e tutti i gruppi hanno votato a favore, con l'esclusione della Lega. (Fonte: Ansa)


Ospedali, tagliati 7.400 posti lettoFormigoni: «Invasivo e anticostituzionale»

Dovranno diminuire di almeno «7.389 unità» (2.337 nella sola Lombardia) i posti letto nelle strutture ospedaliere italiane in attuazione della spending review. Lo scrive in una nota il ministero della Salute, che sottolinea anche che le Regioni che già si trovano sotto la percentuale di 3,7 posti per mille abitanti avranno invece la facoltà di aumentarli fino a questo tetto.
IL MINISTERO: RICONVERSIONE, NON TAGLI - «Più che di tagli parlerei di riconversione perchè anche se si sono ridotti i posti letto, questi sono destinati agli anziani, la riabilitazione e la lunga degenza - ha spiegato a Tgcom24 il sottosegretario alla Salute, Elio Adelfio Cardinale - Per questo c'è questa eliminazione di sprechi. In ogni ospedale ci sono reparti col tasso di occupazione del 15%. In queste situazioni bisognava intervenire da tempo e questo governo è dovuto intervenire in tempi brevi». Cardinale ha anche spiegato che in questo modo si arriverà a un «accorpamento di ospedali dove ci sono 15 primariati di cardiologia o chirurgia».
FORMIGONI: «INVASIVO E SBAGLIATO» - Ma il governatore lombardo Roberto Formigoni contesta l'azione «sia dal punto di vista del metodo sia nel merito» e annuncia che si batterà in ogni sede per cambiare i contenuti del decreto: «Da un punto di vista del metodo - spiega il presidente - il documento si caratterizza per una estrema invasività nelle competenze regionali, sancite dall'articolo 116 della Costituzione. Nel merito ci sono una serie di prescrizioni molto vincolanti e sbagliate, che riguardano in particolare la mobilità sui ricoveri, l'erronea considerazione delle cure sub acute e dei relativi posti letto e l'esclusione dal sistema delle strutture private con meno di 80 letti».
LO SCHEMA DEI TAGLI - Il ministro della Salute, Renato Balduzzi, insieme al ministro dell'Economia, Vittorio Grilli, ha inviato uno schema di regolamento alla Conferenza Stato-Regioni. L'argomento è la «Definizione degli standard qualitativi, strutturali, tecnologici e quantitativi relativi all'assistenza ospedaliera». Al 1 gennaio in Italia erano presenti 231.707 posti letto (3,82 ogni mille abitanti) di cui 195.922 per pazienti acuti, cioè per quelli la cui malattia dura poco nel tempo (3,23 ogni mille abitanti), e 35.785 per post-acuti (0,59), o lungodegenti. La legge 135/2012 indica come obiettivo una media complessiva di 3,7 posti letto per mille abitanti, di cui 0,7 deve essere dedicato a riabilitazione e post acuti e i restanti 3 per gli acuti.
-14.000 POSTI PER PAZIENTI «ACUTI» - Le Regioni che ad oggi presentano un numero di posti letto superiore a quello previsto dai nuovi standard dovranno provvedere alla riorganizzazione, quelle in una situazione di posti inferiore a questa stima avranno la facoltà di aumentarli. I posti quindi passeranno a 224.318 in totale, di cui 181.879 per pazienti acuti (-14.043) e 42.438 per lungodegenti.
I TAGLI REGIONE PER REGIONE - In base alle tabelle quattro regioni (come detto la Lombardia, che perde 2.337 posti di cui 911 per i lungodegenti, l'Emilia Romagna, il Lazio e il Molise) e la provincia di Trento dovranno diminuire posti in entrambe le tipologie. L'Umbria potrà incrementare entrambe le categorie, il Piemonte dovrà ridurre i lungodegenti e potrà aumentare quelli per acuti. Le regioni rimanenti (Valle d'Aosta Veneto, Friuli Venezia Giulia, Liguria, Toscana, Marche, Abruzzo, Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia e Sardegna) e la provincia autonoma di Bolzano, al contrario potranno aumentare i posti per lungodegenti e dovranno diminuire quelli per acuti. In sei (Liguria, Toscana, Abruzzo, Campagna, Puglia e Sicilia) il numero dei posti letto, per effetto del gioco dei saldi, potrà complessivamente aumentare.
I CORRETTIVI - «I calcoli - sottolineano dal ministero - si basano sulla popolazione generale di ogni Regione pesata e corretta in base alla percentuale di anziani e ai flussi di mobilità ospedaliera tra Regioni. Il correttivo tiene anche conto del fatto che alcune Regioni registrano una mobilità attiva, in quanto i propri ospedali attraggono pazienti residenti altrove».
 
Fonte: Redazione Online corriere.it
 
 
 

venerdì 19 ottobre 2012

Il paziente fuggì in Olanda ...Assolti due infermieri

 
PALERMO - Non ebbero alcuna responsabilità nella fuga di un paziente dall'ospedale in Olanda. Cade l'accusa di abbandono di incapace. La Corte di appello di Palermo ha assolto Giuseppe Sofia e Rosa Maria Amato, infermieri dell'Unità operativa del dipartimento di Salute mentale dell'ospedale Cervello. In primo grado erano stati condannati a sei mesi ciascuno.

Secondo l'accusa, gli imputati non si erano presi cura di un paziente che si era così allontanato in un pomeriggio del maggio 2006. L'uomo era giunto in ospedale in esecuzione di un ordine di Trattamento sanitario obbligatorio disposto dal sindaco su richiesta del dipartimento di Salute mentale dell'allora Azienda sanitaria locale 6. Un provvedimento poi non convalidato dal giudice. Approfittando della temporanea assenza di sorveglianza, il paziente si era dato alla fuga. Sarebbe stato rintracciato alcuni giorni dopo in Olanda.

I legali hanno sempre sostenuto che le carenze strutturali del reparto - che i carabinieri del Nas avrebbero riscontrato l'anno dopo -, il mal funzionamento del portone d'ingresso, il continuo transito di personale non autorizzato, giocarono un ruolo determinante nella fuga.
“Unica colpa dei due infermieri - spiega ironicamente l'avvocato Carlo Emma - fu il non avere applicato misure inumane di controllo su un paziente che non mostrava alcun sintomo di pericolosità, né aveva dato adito a sospetto. Quelle stesse misure la cui adozione ha dato vita a casi gravissimi in altre strutture sanitarie d'Italia”. La difesa ha sollevato anche un'eccezione di tipo “formale”: “La mancata convalida del Trattamento sanitario da parte del giudice avrebbe potuto consentire al malato di allontanarsi dal reparto e nessuno, in mancanza di ulteriori elementi di rischio, avrebbe potuto fermarlo”. “Confidiamo adesso - aggiunge l'avvocato Ferdinando Lo Voi - nella definitiva archiviazione del procedimento disciplinare attivato a carico dei due infermieri”.
La sentenza di assoluzione è della terza sezione della Corte d'appello, presieduta da Raimondo Lo Forti, a latere Egidio La Neve e Mario Conte.

Fonte: livesicilia


venerdì 21 settembre 2012

Fumo: tasso di morte per tumore più alto tra i giovani fumatori

ROMA - Secondo l’Organizzazione mondiale della Sanità, ogni sei secondi il tabacco uccide una persona. Una nuova ricerca, condotta dall’associazione I-think 1, getta una luce ancora più tragica sul fumo e i giovani. Dai dati elaborati risulta che un quindicenne ha una probabilità di morire di cancro tre volte maggiore rispetto a chi inizia dieci anni più tardi e circa l’87% dei fumatori comincia entro i 20 anni.

La ricerca
. La statistica più allarme è che ogni giorno tra gli 80.000 e i 100.000 ragazzi iniziano a fumare. Nonostante la progressiva riduzione nel numero dei fumatori nei Paesi industrializzati resta preoccupante anche in Italia la percentuale di fumatori giovani. Anche l'impennata che negli ultimi anni ha interessato nel nostro Paese la vendita di tabacco sfuso, più economico delle sigarette, secondo i sondaggi testimonia un consumo legato ad abitudini e mode di consumatori più giovani.

"La vita di un fumatore abituale è di circa 10 anni inferiore rispetto a quella di un non fumatore – afferma il Presidente della Commissione d’inchiesta sul Servizio sanitario nazionale, Ignazio Marino – e il consumo di sigarette giornaliero medio di un ragazzo non si discosta significativamente da quello di un adulto. I giovani di questo tempo sul tema del fumo sono proiettati nel presente, non vedono la loro salute futura a rischio. Anzi, il rischio diviene valore, il danno
cui ci si espone diventa indice di coraggio".

Il disegno di legge.
E’ ora in discussione un ddl bipartisan che prevede di affrontare il problema alla radice, e ancora una volta, con la prevenzione. Tra le proposte ci sono l'innalzamento a 18 anni per l’acquisto e il consumo di tabacco, l'estensione del divieto di fumo vicino le scuole, sanzioni per chiunque venda tabacco ai minorenni e l'inserimento di un 'bugiardino' che riveli presenza e quantità delle sostanze cancerogene contenute nelle sigarette. Tra le altre proposte contenute nel disegno di legge c’è l'istituzione di un Fondo per la prevenzione e riduzione dei danni del tabagismo.

"Il ddl non ha costi – evidenzia il presidente della Commissione Sanità del Senato, Antonio Tomassini - ed ha già ottenuto la procedura deliberante dalla Commissione Sanità. Stiamo aspettando il via libera della Commissione Bilancio e per l’ok definitivo non ci sarà bisogno del voto dell’Aula. Poi però toccherà alla Camera".

La proposta piace persino ai produttori di sigarette: "Anche noi - afferma Giovanni Carucci, vicepresidente di British American Tobacco Italia - condividiamo l'impianto generale del ddl, che riteniamo molto efficace per contrastare il fumo minorile. E' necessario concentrare gli sforzi sulla prevenzione e l'informazione, al contrario di ciò che sembra emergere a livello europeo, dove si stanno elaborando misure irragionevolmente restrittive, fino a rasentare il proibizionismo, che non ridurranno l'incidenza del fumo minorile ed aumenteranno il contrabbando".

I provvedimenti Ue. A inizio 2011 anche la Commissione Europea, tramite la Direzione generale della salute e della tutela del consumatore, ha avviato una procedura in merito ai possibili sviluppi futuri della regolamentazione del settore. Entro la fine del 2012 la procedura si concluderà con la presentazione di una nuova proposta di direttiva. Secondo una consultazione pubblica, che ha offerto ai cittadini la possibilità di intervenire nel processo di revisione della direttiva, l'85% dei partecipanti si è detto contrario all'introduzione del pacchetto generico e ha espresso la volontà di non cambiare nulla sulla commercializzazione. Per quanto riguarda l'accesso al prodotto, quasi il 50% vorrebbe conservare le regole attuali, mentre il 39% è propenso ad esercitare maggiore controllo mentre la maggioranza degli intervistati suggerisce un controllo legato all'età dei fumatori.
(18 settembre 2012)
 
Fonte:la Repubblica.it
 
 

Problemi di erezione: 9,5% degli uomini si vergogna di parlarne

I problemi di erezione affliggono molti uomini, in tutto il mondo. In Italia, solamente il 9,5% degli uomini si vergogna di parlare di disfunzione erettile. La maggior parte degli uomini italiani, invece, la ritiene una patologia come tutte e quindi tale da essere curata attraverso visite specialistiche, specifiche terapie e farmaci ad hoc.
Tutto ciò è sottolineato nel Libro Bianco ”La DE: cambiamenti nell’immaginario e nella realtà”. Aumenta, a quanto pare, la percentuale di uomini che considera lo stress uno dei motivi principali del
loro flop sotto le lenzuola
 

Sanita': in Italia troppi medici e pochi infermieri, futuro in 'patto' tra operatori

Roma, 20 set. (Adnkronos Salute) - L'Italia, rispetto agli altri Paesi, ha troppi medici e pochi infermieri. Un rapporto da riequilibrare non solo sui numeri. Il futuro del Servizio sanitario nazionale solidaristico e universale passa, infatti, inevitabilmente attraverso un nuovo patto tra le diverse professioni sanitarie, oggi oltre 22, con oltre 600 mila professionisti non medici, il 65% rappresentato proprio dagli infermieri. Lo spiegano gli esperti che oggi si sono confrontati sulle prospettive e su come effettivamente si potrà concretizzare questo percorso, a Roma, alla Libera Università Luspio, nel corso del convegno 'Le professioni sanitarie del futuro', promosso dallo stesso ateneo romano.

Le cifre indicano che nel nostro Paese ci sono più medici pro capite rispetto alla maggior parte degli altri paesi Ocse. Nel 2008, infatti, c'erano 4,2 camici bianchi ogni mille abitanti (media Ocse di 3,2). Gli infermieri, invece, sempre nel 2008 erano 6,3 ogni mille abitanti, un livello nettamente inferiore rispetto alla media di 9 su mille nei Paesi dell'Ocse. "Ma non è solo un problema di numeri e di rapporti da riequilibrare in chiave europea. C'è anche - si legge in una nota - un problema di competenze. E' infatti indispensabile ridisegnare il rapporto tra medici e infermieri attribuendo a questi ultimi nuove competenze Ma non si parte da zero. Diversi esempi di una nuova organizzazione del lavoro tra medici e infermieri sono già in fase di sperimentazione in varie regioni italiane. Come ad esempio il modello 'See and Treat' adottato in Toscana, su proposta della Società di medicina d'urgenza, che consente a infermieri, formati ad hoc, di gestire i codici bianchi nei Pronto soccorso".
Su questa linea sta lavorando da alcuni mesi un tavolo tecnico ministero Salute-Regioni - sul quale si è fatto il punto nel corso dell'incontro di oggi a Roma - con l'obiettivo di delineare le nuove competenze di tutte le professioni sanitarie. Si è iniziato dagli infermieri e poi via via si affronteranno le altre specificità professionali. La previsione è quella di affrontare l'insieme delle altre professioni sanitarie (ad iniziare dai tecnici sanitari di radiologia medica e a seguire tecnici sanitari di laboratorio biomedico, ostetriche, fisioterapisti, audiometristi e audio protesisti, eccetera), sulla base delle scelte di priorità che ministero e Regioni individueranno sia in termini di ridefinizione di competenze che sulla base di unificazione di alcuni profili professionali, per meglio rispondere alle reali esigenze del mercato del lavoro sanitario e della sua formazione universitaria.

Fonte: quotidiano.net



mercoledì 19 settembre 2012

Dopo dieci anni in corsia mandato a casa: “Noi infermieri trattati come merce elettorale”


La testimonianza di Luigi, infermiere precario rimandato a casa dopo dieci anni, scatena un vivo dibattito tra i paramedici che hanno deciso di restare in Molise "A costo di essere mobbizzati dai politici padroni" e quanti hanno fatto le valige e sono partiti "per sganciarsi da una logica ingiusta e affrontare i sacrifici di un regolare concorso". Attraverso i racconti degli infermieri molisani la fotografia di una regione dove i nodi della "politica dei favori" che ha messo le mani sulla sanità stanno venendo al pettine nell’epoca dei tagli e del risparmio

Termoli. La testimonianzA di Luigi ("Noi infermieri trattati come merce elettorale": qui l’articolo) il cui contratto rinnovato di sei mesi in sei tramite ricorso alle agenzie interinali è in scadenza e non verrà rinnovato, ha scatenato un dibattito acceso fra gli infermieri. Chi anni fa ha fatto le valigie e ha lasciato casa e amici per trasferirsi al nord «pur di lavorare con un regolare concorso e senza ricorrere alle raccomandazioni» rivendica una scelta indipendente, coraggiosa e sganciata dalla logica assistenzialista del Molise. Chi è rimasto a casa, chi non è mai andato via dal Molise e ha lavorato in un sistema profondamente malato, dove i tentacoli della politica hanno aggredito (e continuano a farlo) la sanità per garantirsi un bacino elettorale potente, rivendica una scelta altrettanto sofferta, fatta «pur nella consapevolezza che si è destinati a essere l’anello debole della catena» e sottolinea come la stabilizzazione, che non può esserci ai sensi di legge per personale non vincitore di concorso, altrove sia stata parzialmente concretizzata con forme di conciliazione per i precari storici.

A innescare la discussione, che ha visto arrivare in redazione diverse lettere e racconti, la testimonianza di un infermiere termolese che lavora a Bologna. «A me dispiace per chi lavora da interinale da dieci anni, ma nessuno ha costretto queste persone a scegliere la strada delle agenzie interinali o delle raccomandazioni politiche. Queste sono le conseguenze, purtroppo…».
«Io come tanti altri molisani sono andato via da casa rifiutando il lavoro tramite agenzia perché sapevo che non sarei mai stato assunto se non ci fosse stato un concorso – prosegue il giovane molisano - Vogliamo che le cose vadano bene? Allora seguiamo le normative di legge! Non sono gli interinali che devono lamentarsi, perché sotto il punto di vista della legge hanno torto, al massimo devono lamentarsi con i politici e quanti hanno dato loro false rassicurazioni. Non stiamo parlando di fabbriche private come la Fiat dove dopo un tot che lavori vieni assunto, stiamo parlando di un’azienda pubblica».

La risposta di Luigi, che al contrario ha lavorato nelle corsie dell’ospedale San Timoteo di Termoli per dieci anni, è incentrata sulla riflessione che «in questo modo ci si fa la guerra tra i poveri e ci si attacca tra di noi lavoratori perdendo di mira i veri responsabili di quello che sta succedendo nella sanità molisana, che ha pregiudicato la possibilità sia per me che per gli altri che si sono trasferiti fuori per lavoro di poter lavorare nella nostra regione».
«E’ poco corretto dire – scrive ancora Luigi nella sua replica - che chi ha lavorato per le agenzie interinali ha lavorato grazie alla raccomandazione del politico. Sarebbe come dire a te che hai vinto il concorso grazie alla stessa procedura della raccomandazione. Si pensa sempre al sacrificio che chi sceglie di andare fuori deve fare, ma davvero credete che chi ha scelto, o chi magari è stato obbligato a scegliere, di rimanere nella propria regione non abbia fatto sacrifici? Qua si è sempre e comunque gli ultimi, sempre l’anello più debole su cui i diretti o indiretti superiori hanno potuto esercitare una forma di mobbing psicologico in virtù della nostra precarietà. Non abbiamo diritto agli scatti di anzianità, nessun incentivo di produzione riconosciuto ai titolari di ruolo,con l’agenzia non ci è stato riconosciuto lo stesso punteggio per il lavoro svolto, siamo pedine che vengono chiamate quando serve coprire un turno o un doppio turno».

Scontro sulla stabilizzazione, che per Luigi e i precari di Termoli è una procedura adottabile come accaduto in Puglia, Abruzzo e Lazio indicendo concorsi pubblici. «Saprai bene – dice Luigi al collega emigrato a Bologna - cosa è successo in Puglia tra il 2007 e il 2010 con la stabilizzazione del personale precario infermieristico, arrivando anche nel 2011 ad altre forme di conciliazioni e sentenze dove il personale “precario storico” è stato prorogato finché ci sarà la stabilizzazione e dove la Asrem ha accettato la proposta così come formulata dai ricorrenti sussistendo in capo a ciascuno di essi il possesso di tutti i requisiti di legge previsti per essere stabilizzati e deliberando di prorogare il rapporto di lavoro a tempo determinato attualmente in essere con i ricorrenti fino alla definitiva stabilizzazione».

Scrive anche un altro infermiere, Recchi Marone, un giovane che dopo un anno di precariato all’ospedale San Timoteo è partito per Mantova, sperando in un contratto a tempo indeterminato. «Leggo con rammarico gli inutili piagnistei del mio collega Luigi: sapeva benissimo che la stabilizzazione non sarebbe mai arrivata, come precisa il mio collega di Bologna, perché contrattualmente è necessario vincere un concorso pubblico per entrare a tempo indeterminato, ma si sa, è più comodo che qualcuno ti assuma con la bacchetta magica! Un eventuale concorso o mobilità nei presidi ospedalieri di Termoli o di Campobasso farebbe accorrere almeno 2000 domande, visto che il Molise si trova in una posizione strategica per molti colleghi campani, abruzzesi, laziali e pugliesi.
Secondo lui chi ha peregrinato per il Nord Italia nel cercare di vincere un concorso e nel caso in cui ci sia riuscito ha lasciato affetti, amicizie e la propria terra è più fesso di lui? Dovrebbe anche essere contento di essere riuscito a lavorare ben dieci anni con tutte le comodità di chi vive a casa propria; tra l’altro se invece di aspettare la manna dal cielo avesse vinto qualche concorso altrove, ad oggi sarebbe a Termoli attraverso una mobilità, visto che anni addietro era più facile ottenerla. Mi dispiace ma non ho alcuna compassione per chi ha cercato solo di trovare la strada più facile credendosi più furbo degli altri».

Ma Luigi non ci sta e replica: «A prescindere da quello che ci porta a uno scontro tra noi, veri lavoratori della sanità, precari e non, quello che vorrei si capisse è che questa nostra regione ha ridotto la sanità in uno stato pietoso, ha voluto fortemente evitare di stabilizzare o promuovere la mobilità o concorsi anche perché avere persone che hanno bisogno del politico di turno non ha fatto altro che rendere il politico stesso “padrone degli uomini”. E’ così che noi ci sentiamo: nuovi schiavi di questo mondo lavorativo».

E c’è anche chi scrive per raccontare di essere in graduatoria ma non di avere chance: «Vorrei precisare in merito al discorso delle 800 persone in graduatoria... a quelli che si lamentano che sono dieci anni che lavorano come precari con avviso pubblico, che dovrebbero ben sapere come mai sono sempre e solo loro a lavorare. In una graduatoria di avviso pubblico, l’aver lavorato in precedenza sempre presso una Asl procura punteggio così che a lavorare saranno sempre gli stessi visto che quando tocca agli ultimi della graduatoria (senza raccomandazione o aiutino) puntualmente e casualmente la graduatoria scade e se ne indice una nuova con il solito risultato, e cioè che chi ha appena finito l’incarico vecchio...ricomincia con il nuovo. E quelli in fondo alla vecchia graduatoria? rimangono perennemente in fondo perché, nella nuova graduatoria, non avranno accumulato punteggio. Ora, dico io, facciamola scorrere questa graduatoria almeno per una volta fino alla fine così che tutti potremmo poi concorrere ad armi pari per uno sperato concorso!»
La situazione è critica, i nodi di decenni di superficialità e leggerezza vengono al pettine di colpo, nell’epoca dello sfascio totale e dei tagli drastici.
 
FONTE: PRIMONUMERO.IT



 

Trasfusione di sangue sbagliata: muore cardiopatico

Un errore gravissimo che è costato la vita a un malato cardiopatico. È accaduto all’ospedale Careggi di Firenze dove è stata fatta una trasfusione alla persona sbagliata: qui era ricoverato un paziente, di 60 anni, gravemente cardiopatico le cui condizione erano già gravi. Per cause ancora da chiarire però è stato sottoposto a una trasfusione di sangue che era in realtà destinata a un altro paziente con problemi vascolari, anch’egli ricoverato: non solo la procedura era quella errata, ma il gruppo sanguigno era diverso, cosa che ha causato uno choc allergico che ha portato alla morte del paziente in pochi giorni.

La vicenda, riportata da la Repubblica, ha lasciato in lacrime i parenti dell’uomo, già gravemente malato, ma ha profondamente scosso il Careggi, già colpito nel 2007 da un gravissimo caso di malasanità, quando vennero trapiantati degli organi prelevati da un malato di Hiv.
L’ospedale ha aperto un’inchiesta interna per capire come sia stato possibile commettere un tale scambio di persone.
Il paziente era affetto da gravi patologie al cuore ed era stato ricoverato in gravi condizioni tanto che i medici non avevano dato molte speranze. Due settimane fa però un’equipe addetta alle trasfusioni si è diretta verso il suo letto e ha dato il via alla procedura che in realtà era destinata a un altro malato con problemi vascolari, sempre ricoverato al reparto del dipartimento del cuore e dei vasi di Careggi.
Il vero dramma è avvenuto non solo per una trasfusione non necessaria, ma anche per il gruppo sanguigno iniettato, diverso da quello del paziente: la cosa ha causato una specie di reazione allergica che ha condotto il paziente, di 60 anni, alla morte nel giro di pochi giorni.
Una trasfusione con sangue diverso dal proprio gruppo sanguigno è pericolosa e a rischio della vita anche per una persona sana, ancor di più se effettuata su un malato già in gravi condizioni.
Al momento non risultano relazioni inviate alla Procura dal parte dell’ospedale che ha avviato un’indagine interna per capire come sia stato possibile scambiare l’identità di un malato, condannandolo così a morte.

Mancano medici e infermieri, Cardarelli a rischio collasso. L'allarme del Dg

 
NAPOLI - Un ospedale al collasso. Con reparti che rischiano mortificanti accorpamenti o, addirittura, la chiusura. Dove, a causa della carenza degli organici - mancano all’appello centiniaia tra medici, infermieri e ausiliari per affrontare le quotidiane emergenze - si hanno difficoltà enormi ad organizzare i turni di lavoro. Parliamo del Cardarelli, il più grande del Mezzogiorno, ricco di eccellenze e punto di riferimento dell’intera Campania (e oltre).
Un ospedale in ginocchio, dunque, il cui direttore generale, per la prima volta da quando è al vertice della struttura sanitaria convoca i giornalisti per una conferenza stampa nel corso della quale ha deciso di rivelare le criticità del Cardarelli che dirige da oltre tre anni.

Mancano medici, infermieri, ausiliari. E soldi. L’assenza di turnover ha «asciugato» l’organico rendendolo assolutamente insufficiente per affrontare la mole di lavoro a cui quotidianamente deve far fronte il più grande nosocomio del Sud.
Ne parla il direttore medico di presidio, Franco Paradiso. «Negli ultimi tre anni il numero di medici in organico si è ridotto del venti per cento» dice Paradiso, che conosce meglio di tutti la realtà dell’ospedale, dal momento che è stato in servizio come medico dal 1979 e siede alla poltrona di direttore di presidio dal 2007.

Per ridurre i costi nel corso di questo ultimi anni la direzione generale ha fatto salti mortali. Accorpando, per esempio, molti reparti. «Col piano di rientro è stata eliminata una ”pnmeumologia” una ”neurochirurgia” e, più recentemente una ”ortopedia”» spiega ancora Paradiso. E riprende: «Sono state inoltre rimodulate alcune attività per il migliore utilizzo del personale. Per esempio alcune strutture sono state dipartimentalizzate. Vale a dire la dermatologia, il reparto detenuti, il trauma center che prima erano strutture complesse».

Attualmente i medici, al Cardarelli sono complessivamente 790. I reparti che vivono maggiormente la crisi sono le ”medicine” («abbiamo bisogno di medici per assicurare sempre un numero di posti letto adeguato» dice Paradiso). C’è urgenza di assunzioni di medici ”accettisti”, medici per le aree del pronto soccorso, neurologi, ematologi, anestesisti, radiologi. «Abbiamo due reparti di ematologie. In particolare, in una, c’è un organico di soltanto quattro medici. Diventa, così, impossibile fare i turni per assicurare assistenza a un certo numero di posti letto» si sfoga il direttore Paradiso.
Ed ora qualche cifra. Al pronto soccorso quotidianamente si presentano non meno di trecento pazienti. Di essi una buona parte viene ricoverata, il resto lascia l’ospedale. I posti letto sono 917, quotidianamente tutti occupati. E poi c’è la piaga delle barelle, talvolta anche centinaia.

Al momento, e fino al 30 settembre, non è possibile reperire medici, con la mobilità da altre strutture ospedaliere. «Dal primo ottobre si potrà accedere a qualche mobilità per ottenere qualche figura professionale in più. Ma questo non può certo bastare a tamponare la grave emergenza che stiamo vivendo» conclude Paradiso.

Il Cardarelli è ospedale dalle grandi eccellenze. Una per tutte: la chirurgia endocrinologica, che rientra nel dipartimento diretto dal professor Maurizio De Palma. Un reparto che sta bloccando la migrazione sanitaria verso altre realtà lontane dalla Campania e che ha ridato la vita e la fiducia a centiniaia di pazienti afflitti dal carcinoma alla tiroide.
 
di Marisa La PennaDEL MATTINO.IT
 
 
 

Una paziente denuncia gli abusi:"L'infermiere voleva violentarmi"

La presunta violenza sessuale si sarebbe consumata nel reparto di psichiatria che si trova all'ospedale Cervello, ma è gestito dal personale dell'Asp 6, la cui direzione risponde: "Le testimonianze smentirebbero quanto denunciato. Abbiamo avviato un'indagine interna".

"Un infermiere mi ha palpeggiato mentre ero nella doccia. Mi stavo lavando perché avevo avuto un conato di vomito e lui mi ha toccata in tutto il corpo". A raccontare il presunto abuso sessuale agli agenti della squadra mobile è stata una paziente ricoverata al reparto di Psichiatria dell'ospedale Cervello, gestito dal personale dell'Asp 6. A denunciare l'episodio alla polizia, la sorella della donna che si trova in cura presso il nosocomio palermitano perché tossicodipendente. "Dopo i palpeggiamenti - ha raccontato la donna - lui si è abbassato i pantaloni. Voleva violentarmi, ma sono riuscita a svincolarmi".

Una vicenda triste e squallida quella che viene descritta dalle parole della paziente. Una storia al momento al vaglio della polizia e analizzata, in ogni suo aspetto, dalla direzione aziendale Asp 6, che ha già ascoltato sia tutti coloro che sabato notte erano di turno nel reparto - con la speranza di ottenere testimonianze attendibili - sia l'infermiere contro il quale punta il dito la donna. E, nel dettaglio, viene precisato che: "La direzione aziendale, sulla base dei dati forniti dal direttore della struttura, comunica che immediatamente dopo la denuncia, è stata avviata un’indagine interna finalizzata a verificare i presunti fatti. Il responsabile dell’unità operativa ha ascoltato gli operatori presenti nel reparto. Le dichiarazioni, rese a verbale dal personale in servizio, convergerebbero verso l’assenza di responsabilità a carico di qualcuno di essi". Intanto sono partite le indagini della polizia: "E' una questione delicata - precisano dalla squadra mobile - in cui devono essere presi in considerazione diversi aspetti. Staimo ascoltando tutte le persone coinvolte".
 
fONTE PALERMOTODAY.IT
 

 

Lavorare piu' di otto ore aumenta rischio infarti!!

Fare gli straordinari a lavoro non solo spesso non comporta vantaggi economici, ma rischia anche di essere un problema molto serio per la salute. Lo rivela una ricerca finlandese, secondo cui lavorare piu' di otto ore al giorno aumenta il rischio di avere attacchi cardiaci o ictus fino all'80 per cento.

Secondo lo studio del Finnish Institute of Occupational Health, che ha analizzato 12 ricerche riguardanti 22 mila persone da tutto il mondo a partire dal 1958, i soggetti che lavorano piu' delle tradizionali otto ore al giorno hanno sviluppato una maggiore probabilita' di avere attacchi cardiaci con una percentuale dal 40 all'80 per cento. Secondo la dottoressa Marianna Virtanen, tra gli autori della ricerca, gli effetti potrebbero essere collegati a una prolungata esposizione allo stress, oltre che alle cattive abitudini alimentari e alla mancanza di esercizio fisico dovuta alla mancanza di tempo libero.

Lo stesso team nel 2009 aveva scoperto che lavorare molte ore aumenta il rischio di demenza senile in eta' avanzata: dai risultati emergeva che chi aveva lavorato in media 55 ore alla settimana aveva un cervello piu' povero di funzioni rispetto a chi era arrivato al massimo a 40.

''Ci sono diversi possibili meccanismi ha detto la dottoressa Virtanen che possono essere alla base dell'associazione tra le molte ore di lavoro e le malattie cardiache. Oltre all'esposizione prolungata allo stress psicologico, c'e' il possibile aumento dei livelli di cortisolo, noto anche come ormone dello stress, le cattive abitudini alimentari e l'assenza di esercizio fisico''.

(ANSA).

Diabete. Pubblicate le raccomandazioni per garantire la sicurezza delle iniezioni

18 SET - Iniezioni di insulina e punture per controllare il glucosio in pazienti diabetici, quando effettuate in ospedale o in clinica presentano un rischio, talvolta sottovalutato: l’esposizione del personale medico al sangue può sempre essere pericolosa, perché può far entrare gli operatori in contatto con patogeni che si trovano nel sangue, tra cui anche Epatite e Hiv. Ecco perché le ultime indicazioni per la pratica iniettiva per il diabete, pubblicate da WISE (Workshop on Injection Safety in Endocrinology) su Diabetes and Metabolism, contengono raccomandazioni particolari, proprio per assicurare la sicurezza dei pazienti, degli operatori professionali e di tutte le persone potenzialmente a contatto con taglienti utilizzati nel trattamento del diabete.

Le indicazioni nascono a seguito della recente diffusione di una nuova Direttiva Europea che sancisce che ovunque vi sia un rischio di puntura accidentale, il paziente e tutti i lavoratori devono essere protetti con adeguate misure di sicurezza, incluso l’uso di dispositivi medici dotati di meccanismi di sicurezza. Questa direttiva sulla prevenzione delle ferite accidentali deve essere recepita e trasformata in legge nazionale in tutti gli stati membri europei entro l’ 11 maggio 2013. “L’attività quotidiana dei lavoratori in ambito ospedaliero (operatori sanitari e addetti) li pone a rischio di serie infezioni con più di 30 agenti patogeni potenzialmente pericolosi, inclusi l’epatite B, l’epatite C e l’HIV, a causa di ferite con aghi e taglienti contaminati”, ha commentato Kenneth Strauss, Global Medical Director di BD, Director of Safety in Medicine presso l’European Medical Association e membro del WISE Consensus Group. “ Si stima che più di un milione di ferite da taglienti avvenga ogni anno nell’Unione Europea, ma la maggior parte di tali ferite sono prevenibili con un’adeguata formazione, procedure operative più sicure e l’utilizzo di dispositivi medici dotati di meccanismi di sicurezza”.

Le raccomandazioni WISE rappresentano un piano per l’implementazione della Direttiva Europea nell’ambito della cura del diabete e includono una scala che rappresenta la forza delle raccomandazioni. Gli argomenti principali trattati sono: i rischi ai quali gli operatori sanitari che lavorano in ambito diabetologico sono esposti; l’imminente legislazione Europea; le ferite derivanti dai vari dispositivi; le implicazioni delle tecniche iniettive; l’educazione e la formazione per creare cultura della sicurezza; i costi – benefici dei dispositivi di sicurezza; la conoscenza e la responsabilità di uno smaltimento sicuro dei taglienti.

Queste indicazioni nascono dai risultati di un’ampia indagine sulle punture accidentali che ha coinvolto 634 infermieri da 13 Paesi dell’Europa Occidentale e dalla Russia, e dal risultato del Workshop sulla Sicurezza Inettiva in Endocrinologia, Workshop on Injection Safety in Endocrinology (WISE) dell’Ottobre 2011, che ha raccolto un gruppo di 58 leaders che operano nel campo della sicurezza diabetologica provenienti da 13 paesi. Il lavoro è basato sulla revisione e analisi paritaria di tutti gli studi e pubblicazioni che trattano l’argomento della sicurezza nell’ambito del diabete.

fonte:qs.it

mercoledì 7 marzo 2012

Villa Borea, a Sanremo:abusi su anziani disabili

Chissà perchè ,queste strutture ,hanno spesso nomi che evocano

luoghi semplici,sereni..."VILLA LUCA"..a La Spezia..

"BOREA".. a Sanremo..e chissà quante altre..

Sanremo

 Anziani picchiati e insultati, legati ai letti e abbandonati in  condizioni igieniche indecenti
  I responsabili, 3 infermierie 4 operatori socio-assistenziali con la complicità della «assoluta inerzia» della presidente della fondazione Rosalba Nasi,moglie del senatore del Pdl Gabriele Boscetto,

sono stati arrestati questa mattina dalle fiamme gialle che per tre mesi

hanno documentato con immagini e filmati gli abusi nei confronti

degli ospiti della casa di riposo «lager».,specialmente nei confronti di

disabili psichici,più difficili da assistere.

Le indagini, partite nel giugno 2011, sono documentate da ore

di intercettazioni ambientali e filmati degli abusi..
***

Sicuramente avrete visto ,alcuni spezzoni delle registrazioni,

lo confesso sono rimasta scioccata:,solo tanta commozione e voglia

di piangere,per il resto spero che ci pensi la giustizia..

Siamo circondati da mostri,col cuore di pietra..

Gli auguro una vecchiaia in balia di bestie,come quelle che hanno assunto,

specialmente alla PRESIDENTE..della struttura,moglie di un senatore..

Sicuramente pensava che non servisse"controllare"...

Un capitano ,controlla sempre la sua nave,in ogni campo!!!



VERGOGNA!!!


Fonte:infinito bolg



giovedì 12 gennaio 2012

Il ticket “salato” del nuovo anno

05/01/2012 - Nel 2012 i non esenti pagheranno in media 140 euro a testa di compartecipazione alla spesa per farmaci, analisi, visite e pronto soccorso: le stime di "Quotidiano Sanità".
Nel 2012 l’importo complessivo dei ticket per le prestazioni erogate dal Servizio sanitario nazionale potrebbe raggiungere i 4,5 miliardi, una cifra che si traduce in una spesa annua media di circa 140 euro a testa per i 32,4 milioni di italiani non esenti (il 54% della popolazione). Questa, almeno, è la stima elaborata in un dossier da Quotidiano Sanità su dati Istat, Agenas, ministero della Salute e Regioni.
Ai circa 4 miliardi versati nel 2011 per farmaci, visite mediche, analisi e pronto soccorso, si aggiungeranno infatti gli introiti a regime del “super ticket” di 10 euro sulla specialistica (834 milioni), che nel 2011 è stato invece applicato solo a partire da agosto e non in tutte le Regioni, per un importo stimato in 381,5 milioni.
Nel 2012, quindi, il calcolo è che gli italiani spenderanno 1,332 miliardi di ticket sui farmaci (spesa 2011 più tasso inflazione) e 3,214 miliardi su specialistica e pronto soccorso (spesa 2011, più totale incassi del “super ticket”), per un totale di 4,546 miliardi di euro. Cosicché, quest’anno i ticket su analisi, visite e pronto soccorso costeranno ai non esenti 99 euro a testa (14 euro in più rispetto al 2011), mentre quelli sui farmaci dovrebbero restare più o meno inalterati rispetto all’anno passato (salvo l’inflazione), con un costo medio procapite di circa 41 euro.
Governo e Regioni, comunque, si stanno confrontando per valutare come rimodulare ticket ed esenzioni in vista dei prossimi aumenti stabiliti dalla manovra di luglio 2010 che prevede un aumento dei ticket pari a 2,1 miliardi, che nel 2014 porterebbe la spesa complessiva per la compartecipazione a oltre 6,6 miliardi di euro, al netto dell’inflazione, con un costo medio procapite per i non esenti attuali di 206 euro l’anno.
 
 
fonte: ipasvi.it

Sanità: Puglia pronta a 400 nuove assunzioni

Quattrocento tra medici, infermieri e dirigenti amministrativi pronti ad essere assunti in Puglia. E’ l’impegno della Regione che l’assessore alla Sanità Tommaso Fiore ha anticipato ad Antenna Pomeriggio qualche giorno fa, di fronte alla necessità della Puglia di fronteggiare l’emorragia di personale sanitario che dalle corsie è pronto per andare in pensione.
Sono 1777 le unità che hanno raggiunto i limiti d’età lavorativa e già si fanno i conti su quanto si risparmierà con la loro uscita da mondo del lavoro. E si punta ad utilizzare questi risparmi per dare il via libera ai nuovi ingressi. La Regione, però, aspetta il lasciapassare dal Governo per una deroga alla norma che blocca il turn over del personale sanitario.
Subito dopo il disco verde romano le Aziende sanitarie potranno bandire i concorsi per i singoli profili professionali. Bisogna fare presto prima che le corsie si svuotino e prima che negli ospedali divenga problematico garantire i livelli essenziali di assistenza.

domenica 8 gennaio 2012

Novanta milligrammi di molecola invece di nove

Primi risultati dell'indagine interna al Policlinico di Palermo sul decesso della donna il 29 dicembre
Il senatore Pd Marino: «Presto inchiesta al Senato»

PALERMO - La donna morta lo scorso 29 dicembre, tre settimane dopo la quarta seduta di chemio al Policlinico di Palermo, sarebbe stata vittima di un clamoroso errore: i medici le avrebbero somministrato 90 milligrammi - invece che 9 come prescritto dai protocolli - di una molecola chemioterapica, la vinblastina.
Sarebbero questi i primi risultati, secondo quanto riporta l'Ansa in base ad un articolo di Repubblica-Palermo, di un'indagine interna condotta al Policlinico sulla morte di Valeria Lembo, 34 anni, sposata e madre di un figlio di 7 mesi.
Sulla vicenda ci sono 5 medici indagati. L'infermiera che ha somministrato la dose, ben 15 fiale - ne sarebbe servita 1 e mezza -, si è insospettita e avrebbe chiamato la dottoressa che aveva effettuato la prescrizione, ma il medico, che la mattina del 7 dicembre aveva visitato la paziente - affetta da morbo di Hodgkin - insieme a uno specializzando, le avrebbe detto di andare avanti. Secondo i vertici aziendali non si sarebbe trattato di un errore di calcolo ma di un errore materiale: uno zero in più digitato per sbaglio. Intanto, il direttore sanitario Claudio Scaglione, conferma che «si è certamente trattato di un sovradosaggio, ma non mi esprimo sulle quantità. L'errore nella somministrazione - dice - potrebbe essere una concausa e non la causa diretta della morte».
La Commissione d'inchiesta sull'efficacia e l'efficienza del Ssn del Senato avvierà presto un'inchiesta sul tragico errore che a Palermo ha causato il decesso della giovane donna. Lo ha annunciato, in nota, il presidente della commissione, il senatore del Pd Ignazio Marino, preannunciando che «il nucleo dei Nas afferente alla Commissione avvierà un'istruttoria per raccogliere ogni elemento di informazione utile a ricostruire l'accaduto». «Siamo di fronte - osserva Marino - ad un errore tragico ed inaccettabile. Che con tutta probabilità non si sarebbe verificato se l'ospedale avesse informatizzato la preparazione e la somministrazione dei farmaci. Si tratta di fasi cruciali nella cura del paziente che all'estero vengono gestite attraverso software ad hoc in grado di controllare puntualmente che il dosaggio del farmaco sia adeguato, che la sua somministrazione avvenga nell'orario prescritto e che non ci siano incompatibilità o interferenze con altri farmaci già assunti. Strumenti utilissimi a garantire sicurezza per il paziente, efficacia delle cure e anche risparmi. Sono infatti programmati per segnalare l'esistenza di un farmaco generico equivalente, meno costoso, ogni volta che questo sia disponibile. Purtroppo, le strutture ospedaliere che si sono dotate di questi software in Italia - denuncia il senatore Marino - si contano sulle dita di una mano, mentre si tratterebbe di un investimento veramente necessario. È l'ennesima dimostrazione che il nostro paese, dove tante risorse vengono sprecate per ricoveri inutili, ha ancora molto da fare in termini di razionalizzazione efficiente della spesa sanitaria» conclude.


giovedì 5 gennaio 2012

Cervello-Villa Sofia, venti di guerra

Oberati dal lavoro, gli infermieri dell’Azienda ospedaliera ‘Cervello-Villa Sofia’ passano al contrattacco e dichiarano lo stato di agitazione. Non escudendo, anche, altre eventuali forme di lotta se la situazione di disagio – per il personale infermieristico e, naturalmente, per i pazienti – dovesse continuare.
Il NurSind Palermo, il sindacato degli infermieri – molto più organizzato e molto più battagliero dei sindacati dei medici che operano negli ospedali ‘Cervello’ e ‘Villa Sofia’ (unica Azienda dopo la riforma) – annuncia battaglia, insomma. Ai sindacalisti, per esempio, non è andato giù l’atteggiamento del direttore generale dell’Azienda, Salvatore Di Rosa, che venerdì scorso aveva annunciato la propria presenza a un’assemblea del personale, non mantenendo, però, gli impegni assunti.
“Assente ingiustificato”, lo definiscono i sindacalisti del NurSind in un lungo comunicato dove si fa il punto della situazione. All’incontro di venerdì scorso, si legge nel comunicato del sindacato egli infermieri, erano presenti “per la Direzione Generale l’ufficio per le relazioni sindacali (sig. Frisina e dott.ssa Treppiedi) la dott.ssa Roccamotisi responsabile del servizio infermieristico”.
“Segnaliamo inoltre il blitz – si legge sempre nel comunicato – della dottoressa Faraoni (Dir. Amministrativo), che è intervenuta nella discussione nel momento in cui veniva affrontata la problematica della guardia giurata al Pronto Soccorso Pediatrico, sostenendo che il servizio esiste già”.
E’ noto – anzi, in verità è poco noto perché non è stato pubblicizzato – che, all’ospedale ‘Cervello’, accanto a Pronto soccorso ordinario è stato aperto un Pronto soccorso pediatrico. Dove, a quanto pare, la gestione non è proprio un esempio da imitare. A cominciare dalle guardie. Ci sono? Non ci sono? La dottoressa Faraoni dice che “ci sono”. I sindacalisti del NurSind ribattono che la presenza di una guardia al Pronto soccorso pediatrico è un “miracolo”. Perché?
La risposta a questa domanda si legge sempre nel comunicato: “Il dono dell’ubiquità è stato concesso alla guardia giurata che presta servizio al Pronto Soccorso del ‘Cervello’ che può, contemporaneamente, vigilare su quello pediatrico distante solo tre o quattrocento metri. Peccato che di ciò non se ne è accorto il solito ‘palermitano doc’ che ha aggredito un’infermiera, infastidito dal suo invito ad andare a fumare all’esterno della sala di aspetto”.“Gli Infermieri del Pronto Soccorso del ‘Cervello’ – si legge sempre nel comunicato – rimangono in attesa dell’altro miracolo (dono dell’ubiquità per attuare il triage bifasico). Siamo certi che nostro Signore provvederà al più presto, sicuramente è stato troppo indaffarato a causa delle eccessive richieste coincidenti con le festività natalizie”.
Insomma, sembra dire il sindacato, al ‘Cervello’ si va avanti a ‘sdoppiamenti’ più immaginati che reali: si sdoppiano le guardia giurate, si sdoppiano gli infermieri, ma i servizi per gli utenti peggiorano: e non certo per responsabilità della guardia giurata (che è una sola!) e degli infermieri (che ancora non hanno ricevuto da Nostro Signore Iddio il dono dell’ubiquità).
Commenta ancora il sindacato: “Totale o quasi la chiusura relativamente a tutte le altre richieste avanzate da NurSind Palermo, unica nota positiva la promessa di inviare al Pronto Soccorso Pediatrico un turno di Infermieri in modo che un’unità si possa dedicare esclusivamente al Triage”.
Dopo di che il NurSind tira un po’ le somme: “Riassumiamo sinteticamente – si legge nel comunicato – le richieste avanzate nella nota precedente prevalentemente legate alla carenza di personale:
- sistema incentivante, regolamento e risorse per la gestione delle “assenze improvvise”;
- grave situazione dell’U.O. di Ostetricia il cui carico di lavoro è enormemente aumentato in seguito alla chiusura dei reparti di ostetricia di Villa Sofia e di Partinico;
- Sicurezza per il Pronto Soccorso Pediatrico (ricordiamo che immediatamente dopo la sua inaugurazione c’è stata una aggressione ad una dipendente): necessità di una guardia giurata dedicata”.
Fine? Ma quando mai! “Inoltre – si legge sempre nel comunicato sindacale – l’istituzione del Triage ha aumentato le postazioni Infermieristiche senza un corrispondente aumento del personale;
- al Pronto Soccorso del Cervello non è possibile effettuare il triage bifasico previsto dai nuovi protocolli aziendali perché il personale è insufficiente per organizzare la seconda postazione;
- fabbisogno di personale infermieristico ed OSS non corrispondente alle reali esigenze delle Unità Operative dell’Azienda”.
Abbiamo finalmente finito con le cose che non vanno al ‘Cervello’? Nient’affatto. “I numeri sulla carta – si legge sempre nel comunicato – sono assolutamente diversi dai numeri reali; il numero dei posti letto effettivi è di gran lunga superiore a quello con il quale è stato determinato il rapporto personale/posti letto: di conseguenza i carichi di lavoro superano le capacità di lavoro del personale, esponendo l’utenza ad un più elevato rischio clinico”.“E’ necessaria – prosegue la nota sindacale – la rideterminazione della pianta organica, utilizzando criteri che garantiscano l’adeguato numero di personale infermieristico e OSS”.
Quindi una denuncia: “Violazione delle norme contrattuali per il personale che presta servizio di pronta disponibilità, costretto a espletare un numero di turni di gran lunga superiore a quanto previsto dalle norme contrattuali.
Non essendo state accolte le richieste avanzate, NurSind proclama lo stato di agitazione del personale del Comparto e l’avvio delle procedure di conciliazione. Condanna l’atteggiamento di sufficienza di questa Direzione Aziendale contro la quale attuerà tutte le forme di lotta necessarie per la tutela del personale infermieristico, dedicato all’assistenza e in prima linea”.


fonte:linksicilia.it


SESSO: ECCO PERCHE' I GIOVANI NON USANO IL PRESERVATIVO

AGI) - Londra, 4 gen. - Perche' si rompono, si sfilano, compromettono l'erezione o perche' si mettono nel momento sbagliato. Questi sono i problemi piu' comuni che i giovani confessanno per giustificare il non utilizzo del preservativo.
  Almeno questo e' quanto emerso da una ricerca condotta da Aleksandar Stulhofer dell'Universita' di Zagabria (Croazia), in collaborazione con Valerio Bacak della Pennsylvania, e pubblicata sugli Archives of Sexual Behavior. "Dopo l'astinenza, l'uso del preservativo maschile e' il metodo piu' efficace per proteggersi dalle malattie sessualmente trasmissibili, incluso l'HIV, La maggior parte degli studi che hanno esaminato i fattori di rischio sessuale tra i giovani - hanno detto i ricercatori - si sono concentrati sulla frequenza dell'uso del preservativo. Altri problemi relativi alla modalita' di utilizzo sono invece stati meno studiati.
  Tuttavia, non c'e' alcun motivo per ritenere che l'uso ripetuto si svolga nel modo giusto per prevenire le malattie sessualmente trasmissibili". In effetti, gli uomini e le donne "affrontano molti problemi ed errori associati al preservativo - hanno riferito gli studiosi - come ad esempio metterlo dopo che la penetrazione e' gia' avvenuta o la perdita di erezione al momento dell'applicazione". In questo nuovo studio, condotto tra febbraio e marzo 2010, gli autori hanno selezionato 1.005 uomini e donne di eta' compresa tra i 18 e 25 anni, 679 dei quali ha detto di aver fatto uso dei preservativi nel corso dell'anno precedente. I partecipanti sono stati invitati a compilare questionari diversi realizzati per indagare sulla frequenza d'uso del preservativo, se l'uso e' avvenuto dopo il consumo di alcolici, in quale punto del rapporto, su come si sono sentiti i soggetti con il preservativo e che problemi hanno dovuto affrontare. "In linea con precedenti ricerche - hanno riferito gli scienziati - i nostri dati suggeriscono che vi sono molte differenze tra uomini e donne nel confessare un errore quando si utilizza il preservativo. La differenza di genere e' stata trovata nella prevalenza di rotture del preservativo". Inoltre i dati mostrano "che coloro che avevano bevuto alcol o assunto droghe prima dell'uso hanno dichiarato con maggior frequenza di aver avuto problemi di rotture". In cifre, lo studio ha rivelato che il 18 per cento ha ammesso che il preservativo si e' rotto, il 13 per cento che si e' sfilato in avanti, il 17 per cento ha ammesso di aver perso l'erezione mentre lo applicavano mentre il 34 per cento ne ha fatto uso dopo esser gia' penetrato. "Piu' della meta' dei giovani adulti in questo studio nazionale - hanno riferito gli scienziati - ha detto di aver fatto almeno un errore o di aver avuto un problema con l'uso del preservativo nel corso dell'ultimo anno.
  L'uso corretto e' importante per il bene di tutti. Sono necessarie ulteriori ricerche dettagliate per valutare la frequenza degli errori o dei problemi nell'uso del preservativo" .

Preservativo, tra i giovani in pochi ne fanno un giusto uso

Usate il preservativo e fatelo in modo corretto. Sembra un concetto ovvio, tutti sanno quanto sia importante l’uso del condom per evitare le malattie sessualmente trasmissibili.

Eppure in molti, secondo una ricerca condotta dall’Università di Zagabria, con la collaborazione di Valerio Bacak (Pennsylvania), non utilizzano il preservativo come si dovrebbe andando così incontro a diverse problematiche.

Non garantiscono l’erezione, si rompono oppure si sfilano, questi i principali problemi legati all’uso del preservativo emersi nei questionari cui sono stati sottoposti 1.005 giovani trai 18 e i 25 anni.

Anziché cercare di capire dove sta l’errore e informarsi anche sul corretto uso, i ragazzi preferiscono direttamente farne a meno. In molti, erroneamente, considerano il preservativo semplicemente come un anticoncezionale dimenticando invece la sua importanza nell’evitare la contrazione di malattie.

Alcuni hanno dichiarato di utilizzarlo solo dopo la penetrazione già avvenuta con il solo scopo di evitare una gravidanza. Altri invece lo considerano un vero e proprio ostacolo alla sessualità lamentando la perdita di erezione.

Quanta sufficienza e disinformazione esiste ancora tra i giovani? Forse più la prima che la seconda.

Sempre nella ricerca è emerso infatti che “coloro che avevano bevuto alcol o assunto droghe prima dell'uso hanno dichiarato con maggior frequenza di aver avuto problemi di rotture".

Se conservato in modo corretto il preservativo (sottoposto precedentemente a test dalle case produttrici) non si rompe, bisogna però ovviamente fare attenzione nel maneggiarlo (ad esempio a non graffiarlo con gli anelli).

Prevenire è meglio che curare, se questo concetto fosse ben impresso nelle menti dei giovani i risultati delle ricerche cambierebbero sicuramente.

L'appendice è una riserva di batteri "buoni", un aiuto per l'intestino

Da sempre è stata considerata una parte superflua del nostro intestino e causa unicamente di fastidi, parliamo dell'appendice. Contrariamente a quanto si è pensato finora potrebbe essere invece una scorta di batteri "buoni" utili a sostituire quelli che abitualmente vivono nell'intestino.

A riferirlo è una ricerca Winthrop-University Hospital (USA), i cui risultati sono stati pubblicati sulla rivista specialistica Clinical Gastroenterology and Hepatology.

Secondo i gastroenterologi, chi ha subito l'asportazione dell'appendice è maggiormente a rischio di contrarre un'infezione causata dal batterio denominato Clostridium difficile, appartenente alla famiglia Clostridiaceae.

Lo studio ha preso in esame i dati di 254 pazienti precedentemente colpiti dal batterio in questione, è stato così possibile verificare che quelli a cui è stata asportata l'appendice hanno un rischio quattro volte più elevato di contrarre una nuova infezione.

In sintesi, i pazienti con l'appendice hanno un rischio dell'11%, per quelli senza il rischio è del 48%.

Il Clostridium si fa vivo generalmente quando la flora batterica intestinale subisce dei danni, come quando si assumono dosi massicce di antibiotici.

James Grendell, che ha coordinato lo studio, spiega che "Se l'infezione ritorna, probabilmente la riserva non e' stata ripristinata correttamente, forse proprio perché non è presente l'appendice".
 
 

fonte vitadidonna.org
 

Scoperto il gene associato alla sordità in vecchiaia

Una ricerca americana ha individuato un gene il cui funzionamento appare legato all'insorgenza della sordità in vecchiaia. Si tratta di FGF20, un gene la cui rimozione su modello murino ha determinato la perdita completa dell'udito degli animali.
La ricerca, pubblicata su Plos Biology dagli scienziati della Washington University School of Medicine, apre la via a nuovi tipi di trattamenti che siano in grado di prevenire la perdita dell'udito negli anziani oltre i 60 anni di età. Nel corso delle analisi, i ricercatori hanno scoperto che due terzi delle cellule ciliate esterne, ovvero le cellule dell'orecchio interno che sottendono all'amplificazione dei suoni, erano scomparse, il che aveva prodotto inevitabilmente un danno all'udito.
Il gene in questione è legato alla crescita dei fibroblasti, cellule fondamentali per lo sviluppo del tessuto e la cura delle ferite negli embrioni Al contrario di quelle esterne, le cellule ciliate interne – che servono a trasmettere elettricamente i suoni amplificati al cervello - non accusavano alcun danno. L'autore dello studio Sung-Ho Huh spiega: “è la prima evidenza che mostra come le cellule ciliate interne ed esterne si sviluppino indipendentemente le une dalle altre. Questo è importante perché la maggior parte dei casi di sordità legati alla vecchiaia è dovuta alla perdita di cellule ciliate esterne. Il passo successivo sarà vedere se la sordità dell'uomo è associata a mutazioni dello stesso gene".

Virus epatite C 'manipola' Rna per sopravvivere

(ANSA) - ROMA, 03 GEN - Il virus dell'epatite C, malattia che colpisce circa un milione di persone in Italia e' capace di 'manipolare' singole molecole per sopravvivere nel fegato, dirottandole dalla loro funzione originaria e 'convincendole' a supportare la replicazione del genoma virale. E' il meccanismo osservato da un gruppo di ricercatori delle universita' del Nord Carolina e del Colorado, tra la molecola di microRna miR-122 e il virus dell'epatite. Quest'ultimo, secondo quando e' stato descritto in un articolo apparso online sui Proceedings of the National Academy of Sciences, riesce a 'ipnotizzare' miR-122, inizialmente deputata a regolare l'espressione genica nelle cellule del fegato umano, che viene dirottata ad aiutare il virus dell'epatite a stabilizzarsi e a replicarsi nell'organo. Alla luce di questo fenomeno, i ricercatori hanno sperimentato un farmaco, chiamato antagomer che si lega a miR-122 e lo sequestra nel fegato, destabilizzando il genoma virale e accelerandone la degradazione a livello epatico. I ricercatori affermano che questa sperimentazione ha portato all'individuazione di un nuovo obiettivo farmacologico per il trattamento dell'epatite C.(


Nuovo test sangue dice sesso nascituro

ROMA - Non saranno piu' necessari esami invasivi o lunghe attese oltre i primi tre mesi per conoscere il sesso di un bambino nella pancia della madre. Un gruppo di ricercatori coreani a messo a punto un test, unico nel suo genere, capace di individuare il genere del neonato gia' poche settimane dopo il concepimento, attraverso un semplice prelievo del sangue della madre.

Gli esami disponibili ad oggi per identificare, (non solo), il sesso del nascituro sono l'amniocentesi e l'analisi dei villi coriali, entrambe procedure invasive che non possono essere fatte prime di unidici settimane di gestazione e che comportano un rischio, seppur basso, di aborto spontaneo. A questi test si aggiunge la nota ecografia ma per sperare di vedere di che sesso e' il bambino occorre attendere oltre il primo trimestre. Per i genitori ansiosi, invece, potrebbe essere presto disponibile il test realizzato dai coreani dell'universita' di KwanDong, a Seoul che hanno descritto il meccanismo di funzionamento in un articolo pubblicato sul FASEB Journal. La chiave rivelatrice del sesso e' la combinazione di due enzimi (DYS14/GAPDH) che puo' essere rilevata dal plasma materno, in cui e' presente Dna circolante del feto, come hanno dimostrato i risultati delle analisi dei ricercatori fatte su 203 donne incinta arruolate nello studio e confermati dal sesso alla nascita dei loro bambini



fonte ansa