giovedì 17 novembre 2011

"Si devono reclutare più operatori invece di continuare a mortificarli"

La prima cosa che balza agli occhi è l’incoerenza tra l’incipit “PA volano della crescita” e la definizione degli interventi che si dovranno assumere o, come nel caso del turn over, mantenere. Traspare la reale concezione di fondo: la pubblica amministrazione è, in realtà, abitata da un numero significativo di “fannulloni” a cui bisogna far capire com’è il “vero” mondo del lavoro attraverso strumenti che facciano comprendere che l’epoca dei privilegi è finita. Immediato il pensiero alle condizioni di lavoro degli infermieri.

Pochi visto che in Italia il rapporto per 1.000 abitanti è di 7.7 contro la media europea di 9.8 oltretutto grazie all’apporto di oltre 30mila infermieri stranieri. Il privilegio di dover mantenere e garantire lo stesso standard quantitativo, di sicurezza e di qualità pur vedendo restringersi il numero dei componenti l’equipe assistenziale. Oppure di doversi anche assumere onere e responsabilità – pur continuando a garantire l’assistenza – di ridefinire percorsi e tipologia di prestazioni sanitario assistenziali visto l’inserimento nel gruppo di operatori socio sanitari che sono si qualificati ma non certamente infermieri.

L’infermiere, infatti è stato “temporaneamente” spostato per tappare le falle aperte in altre unità operative perché con le sostituzioni, se non è già in atto il blocco del turno over, bisogna essere molto parchi.

Si potrebbe anche dire che, sempre per quanto riguarda la categoria degli infermieri, le dichiarazioni di spirito fortemente interventistico contenute nella lettera all’Ue, lasciano il tempo che trovano. La messa a disposizione può essere considerata uno slogan, il blocco del turn over c’è già con le conseguenze pesanti che soprattutto i pazienti hanno potuto percepire.

La mobilità obbligatoria farà i conti con la potestà delle Regioni sull’organizzazione sanitaria e con la rabbia dei cittadini che vedono impoverirsi nella quotidianità del ricovero o della fruizione dell’offerta sanitaria, la loro aspettativa a un’assistenza dignitosa, solidaristica e a governo pubblico; non è spalmando le “miserie” che si risolve il problema delle falle e dei buchi.

Non metto nemmeno in conto di riflettere sul superamento delle dotazioni organiche: è già ampiamente attuato.
In tutto questo emerge una notevole povertà progettuale in relazione alle grandi sfide che abbiamo di fronte tra cui: il progressivo invecchiamento della popolazione con aumento della quota di grandi anziani soli; il mutamento della famiglia caratterizzata sempre più dall’indisponibilità di farsi carico di eventuali famigliari con disabilità o necessità assistenziali; l’aumento della domanda assistenziale per incremento delle malattie cronico-degenerative; lo sviluppo e impiego di tecnologie e di approcci diagnostici e strategie curative meno invasive ma che richiedono alta tecnologia e personale sempre più qualificato.

In tal senso bisognerebbe “reclutare” e non “mortificare” i professionisti sanitari tutti e particolarmente gli infermieri stante, tra l’altro, il fenomeno di shortage che riguarda il personale medico con adeguamento del rapporto medico paziente ai valori europei e conseguente necessità di muoversi celermente verso un “upgrading” della professione infermieristica.

Non è con provvedimenti di razionamento del personale che si potrà affrontare la grave situazione economica. E’ necessaria una riorganizzazione delle strutture sanitarie ospedaliere e territoriali verso modelli che focalizzino l’attenzione sui reali bisogni e siano in grado di offrire ciò che serve per affrontare i problemi assistenziali. Bisogna avere il coraggio di riorganizzare, riconvertire e, perché no, anche di dire, ad esempio, che parte delle liste d’attesa sono frutto di prescrizioni/richieste lontane dal criterio dell’appropriatezza e dell’evidenza scientifica.

Gli infermieri stanno chiedendo sempre più spesso una riflessione organizzativo assistenziale: abbiamo idee, progetti, capacità e nuova cultura assistenziale e gestionale; dateci nuove possibilità. Così non ce la si può fare e noi… non ce la facciamo più!
Annalisa Silvestro
Presidente Federazione Collegi Ipasvi
Tratto da Il Sole24ore Sanità, n. 42, 8-14 novembre 2011




Nessun commento:

Posta un commento