venerdì 21 settembre 2012

Fumo: tasso di morte per tumore più alto tra i giovani fumatori

ROMA - Secondo l’Organizzazione mondiale della Sanità, ogni sei secondi il tabacco uccide una persona. Una nuova ricerca, condotta dall’associazione I-think 1, getta una luce ancora più tragica sul fumo e i giovani. Dai dati elaborati risulta che un quindicenne ha una probabilità di morire di cancro tre volte maggiore rispetto a chi inizia dieci anni più tardi e circa l’87% dei fumatori comincia entro i 20 anni.

La ricerca
. La statistica più allarme è che ogni giorno tra gli 80.000 e i 100.000 ragazzi iniziano a fumare. Nonostante la progressiva riduzione nel numero dei fumatori nei Paesi industrializzati resta preoccupante anche in Italia la percentuale di fumatori giovani. Anche l'impennata che negli ultimi anni ha interessato nel nostro Paese la vendita di tabacco sfuso, più economico delle sigarette, secondo i sondaggi testimonia un consumo legato ad abitudini e mode di consumatori più giovani.

"La vita di un fumatore abituale è di circa 10 anni inferiore rispetto a quella di un non fumatore – afferma il Presidente della Commissione d’inchiesta sul Servizio sanitario nazionale, Ignazio Marino – e il consumo di sigarette giornaliero medio di un ragazzo non si discosta significativamente da quello di un adulto. I giovani di questo tempo sul tema del fumo sono proiettati nel presente, non vedono la loro salute futura a rischio. Anzi, il rischio diviene valore, il danno
cui ci si espone diventa indice di coraggio".

Il disegno di legge.
E’ ora in discussione un ddl bipartisan che prevede di affrontare il problema alla radice, e ancora una volta, con la prevenzione. Tra le proposte ci sono l'innalzamento a 18 anni per l’acquisto e il consumo di tabacco, l'estensione del divieto di fumo vicino le scuole, sanzioni per chiunque venda tabacco ai minorenni e l'inserimento di un 'bugiardino' che riveli presenza e quantità delle sostanze cancerogene contenute nelle sigarette. Tra le altre proposte contenute nel disegno di legge c’è l'istituzione di un Fondo per la prevenzione e riduzione dei danni del tabagismo.

"Il ddl non ha costi – evidenzia il presidente della Commissione Sanità del Senato, Antonio Tomassini - ed ha già ottenuto la procedura deliberante dalla Commissione Sanità. Stiamo aspettando il via libera della Commissione Bilancio e per l’ok definitivo non ci sarà bisogno del voto dell’Aula. Poi però toccherà alla Camera".

La proposta piace persino ai produttori di sigarette: "Anche noi - afferma Giovanni Carucci, vicepresidente di British American Tobacco Italia - condividiamo l'impianto generale del ddl, che riteniamo molto efficace per contrastare il fumo minorile. E' necessario concentrare gli sforzi sulla prevenzione e l'informazione, al contrario di ciò che sembra emergere a livello europeo, dove si stanno elaborando misure irragionevolmente restrittive, fino a rasentare il proibizionismo, che non ridurranno l'incidenza del fumo minorile ed aumenteranno il contrabbando".

I provvedimenti Ue. A inizio 2011 anche la Commissione Europea, tramite la Direzione generale della salute e della tutela del consumatore, ha avviato una procedura in merito ai possibili sviluppi futuri della regolamentazione del settore. Entro la fine del 2012 la procedura si concluderà con la presentazione di una nuova proposta di direttiva. Secondo una consultazione pubblica, che ha offerto ai cittadini la possibilità di intervenire nel processo di revisione della direttiva, l'85% dei partecipanti si è detto contrario all'introduzione del pacchetto generico e ha espresso la volontà di non cambiare nulla sulla commercializzazione. Per quanto riguarda l'accesso al prodotto, quasi il 50% vorrebbe conservare le regole attuali, mentre il 39% è propenso ad esercitare maggiore controllo mentre la maggioranza degli intervistati suggerisce un controllo legato all'età dei fumatori.
(18 settembre 2012)
 
Fonte:la Repubblica.it
 
 

Problemi di erezione: 9,5% degli uomini si vergogna di parlarne

I problemi di erezione affliggono molti uomini, in tutto il mondo. In Italia, solamente il 9,5% degli uomini si vergogna di parlare di disfunzione erettile. La maggior parte degli uomini italiani, invece, la ritiene una patologia come tutte e quindi tale da essere curata attraverso visite specialistiche, specifiche terapie e farmaci ad hoc.
Tutto ciò è sottolineato nel Libro Bianco ”La DE: cambiamenti nell’immaginario e nella realtà”. Aumenta, a quanto pare, la percentuale di uomini che considera lo stress uno dei motivi principali del
loro flop sotto le lenzuola
 

Sanita': in Italia troppi medici e pochi infermieri, futuro in 'patto' tra operatori

Roma, 20 set. (Adnkronos Salute) - L'Italia, rispetto agli altri Paesi, ha troppi medici e pochi infermieri. Un rapporto da riequilibrare non solo sui numeri. Il futuro del Servizio sanitario nazionale solidaristico e universale passa, infatti, inevitabilmente attraverso un nuovo patto tra le diverse professioni sanitarie, oggi oltre 22, con oltre 600 mila professionisti non medici, il 65% rappresentato proprio dagli infermieri. Lo spiegano gli esperti che oggi si sono confrontati sulle prospettive e su come effettivamente si potrà concretizzare questo percorso, a Roma, alla Libera Università Luspio, nel corso del convegno 'Le professioni sanitarie del futuro', promosso dallo stesso ateneo romano.

Le cifre indicano che nel nostro Paese ci sono più medici pro capite rispetto alla maggior parte degli altri paesi Ocse. Nel 2008, infatti, c'erano 4,2 camici bianchi ogni mille abitanti (media Ocse di 3,2). Gli infermieri, invece, sempre nel 2008 erano 6,3 ogni mille abitanti, un livello nettamente inferiore rispetto alla media di 9 su mille nei Paesi dell'Ocse. "Ma non è solo un problema di numeri e di rapporti da riequilibrare in chiave europea. C'è anche - si legge in una nota - un problema di competenze. E' infatti indispensabile ridisegnare il rapporto tra medici e infermieri attribuendo a questi ultimi nuove competenze Ma non si parte da zero. Diversi esempi di una nuova organizzazione del lavoro tra medici e infermieri sono già in fase di sperimentazione in varie regioni italiane. Come ad esempio il modello 'See and Treat' adottato in Toscana, su proposta della Società di medicina d'urgenza, che consente a infermieri, formati ad hoc, di gestire i codici bianchi nei Pronto soccorso".
Su questa linea sta lavorando da alcuni mesi un tavolo tecnico ministero Salute-Regioni - sul quale si è fatto il punto nel corso dell'incontro di oggi a Roma - con l'obiettivo di delineare le nuove competenze di tutte le professioni sanitarie. Si è iniziato dagli infermieri e poi via via si affronteranno le altre specificità professionali. La previsione è quella di affrontare l'insieme delle altre professioni sanitarie (ad iniziare dai tecnici sanitari di radiologia medica e a seguire tecnici sanitari di laboratorio biomedico, ostetriche, fisioterapisti, audiometristi e audio protesisti, eccetera), sulla base delle scelte di priorità che ministero e Regioni individueranno sia in termini di ridefinizione di competenze che sulla base di unificazione di alcuni profili professionali, per meglio rispondere alle reali esigenze del mercato del lavoro sanitario e della sua formazione universitaria.

Fonte: quotidiano.net



mercoledì 19 settembre 2012

Dopo dieci anni in corsia mandato a casa: “Noi infermieri trattati come merce elettorale”


La testimonianza di Luigi, infermiere precario rimandato a casa dopo dieci anni, scatena un vivo dibattito tra i paramedici che hanno deciso di restare in Molise "A costo di essere mobbizzati dai politici padroni" e quanti hanno fatto le valige e sono partiti "per sganciarsi da una logica ingiusta e affrontare i sacrifici di un regolare concorso". Attraverso i racconti degli infermieri molisani la fotografia di una regione dove i nodi della "politica dei favori" che ha messo le mani sulla sanità stanno venendo al pettine nell’epoca dei tagli e del risparmio

Termoli. La testimonianzA di Luigi ("Noi infermieri trattati come merce elettorale": qui l’articolo) il cui contratto rinnovato di sei mesi in sei tramite ricorso alle agenzie interinali è in scadenza e non verrà rinnovato, ha scatenato un dibattito acceso fra gli infermieri. Chi anni fa ha fatto le valigie e ha lasciato casa e amici per trasferirsi al nord «pur di lavorare con un regolare concorso e senza ricorrere alle raccomandazioni» rivendica una scelta indipendente, coraggiosa e sganciata dalla logica assistenzialista del Molise. Chi è rimasto a casa, chi non è mai andato via dal Molise e ha lavorato in un sistema profondamente malato, dove i tentacoli della politica hanno aggredito (e continuano a farlo) la sanità per garantirsi un bacino elettorale potente, rivendica una scelta altrettanto sofferta, fatta «pur nella consapevolezza che si è destinati a essere l’anello debole della catena» e sottolinea come la stabilizzazione, che non può esserci ai sensi di legge per personale non vincitore di concorso, altrove sia stata parzialmente concretizzata con forme di conciliazione per i precari storici.

A innescare la discussione, che ha visto arrivare in redazione diverse lettere e racconti, la testimonianza di un infermiere termolese che lavora a Bologna. «A me dispiace per chi lavora da interinale da dieci anni, ma nessuno ha costretto queste persone a scegliere la strada delle agenzie interinali o delle raccomandazioni politiche. Queste sono le conseguenze, purtroppo…».
«Io come tanti altri molisani sono andato via da casa rifiutando il lavoro tramite agenzia perché sapevo che non sarei mai stato assunto se non ci fosse stato un concorso – prosegue il giovane molisano - Vogliamo che le cose vadano bene? Allora seguiamo le normative di legge! Non sono gli interinali che devono lamentarsi, perché sotto il punto di vista della legge hanno torto, al massimo devono lamentarsi con i politici e quanti hanno dato loro false rassicurazioni. Non stiamo parlando di fabbriche private come la Fiat dove dopo un tot che lavori vieni assunto, stiamo parlando di un’azienda pubblica».

La risposta di Luigi, che al contrario ha lavorato nelle corsie dell’ospedale San Timoteo di Termoli per dieci anni, è incentrata sulla riflessione che «in questo modo ci si fa la guerra tra i poveri e ci si attacca tra di noi lavoratori perdendo di mira i veri responsabili di quello che sta succedendo nella sanità molisana, che ha pregiudicato la possibilità sia per me che per gli altri che si sono trasferiti fuori per lavoro di poter lavorare nella nostra regione».
«E’ poco corretto dire – scrive ancora Luigi nella sua replica - che chi ha lavorato per le agenzie interinali ha lavorato grazie alla raccomandazione del politico. Sarebbe come dire a te che hai vinto il concorso grazie alla stessa procedura della raccomandazione. Si pensa sempre al sacrificio che chi sceglie di andare fuori deve fare, ma davvero credete che chi ha scelto, o chi magari è stato obbligato a scegliere, di rimanere nella propria regione non abbia fatto sacrifici? Qua si è sempre e comunque gli ultimi, sempre l’anello più debole su cui i diretti o indiretti superiori hanno potuto esercitare una forma di mobbing psicologico in virtù della nostra precarietà. Non abbiamo diritto agli scatti di anzianità, nessun incentivo di produzione riconosciuto ai titolari di ruolo,con l’agenzia non ci è stato riconosciuto lo stesso punteggio per il lavoro svolto, siamo pedine che vengono chiamate quando serve coprire un turno o un doppio turno».

Scontro sulla stabilizzazione, che per Luigi e i precari di Termoli è una procedura adottabile come accaduto in Puglia, Abruzzo e Lazio indicendo concorsi pubblici. «Saprai bene – dice Luigi al collega emigrato a Bologna - cosa è successo in Puglia tra il 2007 e il 2010 con la stabilizzazione del personale precario infermieristico, arrivando anche nel 2011 ad altre forme di conciliazioni e sentenze dove il personale “precario storico” è stato prorogato finché ci sarà la stabilizzazione e dove la Asrem ha accettato la proposta così come formulata dai ricorrenti sussistendo in capo a ciascuno di essi il possesso di tutti i requisiti di legge previsti per essere stabilizzati e deliberando di prorogare il rapporto di lavoro a tempo determinato attualmente in essere con i ricorrenti fino alla definitiva stabilizzazione».

Scrive anche un altro infermiere, Recchi Marone, un giovane che dopo un anno di precariato all’ospedale San Timoteo è partito per Mantova, sperando in un contratto a tempo indeterminato. «Leggo con rammarico gli inutili piagnistei del mio collega Luigi: sapeva benissimo che la stabilizzazione non sarebbe mai arrivata, come precisa il mio collega di Bologna, perché contrattualmente è necessario vincere un concorso pubblico per entrare a tempo indeterminato, ma si sa, è più comodo che qualcuno ti assuma con la bacchetta magica! Un eventuale concorso o mobilità nei presidi ospedalieri di Termoli o di Campobasso farebbe accorrere almeno 2000 domande, visto che il Molise si trova in una posizione strategica per molti colleghi campani, abruzzesi, laziali e pugliesi.
Secondo lui chi ha peregrinato per il Nord Italia nel cercare di vincere un concorso e nel caso in cui ci sia riuscito ha lasciato affetti, amicizie e la propria terra è più fesso di lui? Dovrebbe anche essere contento di essere riuscito a lavorare ben dieci anni con tutte le comodità di chi vive a casa propria; tra l’altro se invece di aspettare la manna dal cielo avesse vinto qualche concorso altrove, ad oggi sarebbe a Termoli attraverso una mobilità, visto che anni addietro era più facile ottenerla. Mi dispiace ma non ho alcuna compassione per chi ha cercato solo di trovare la strada più facile credendosi più furbo degli altri».

Ma Luigi non ci sta e replica: «A prescindere da quello che ci porta a uno scontro tra noi, veri lavoratori della sanità, precari e non, quello che vorrei si capisse è che questa nostra regione ha ridotto la sanità in uno stato pietoso, ha voluto fortemente evitare di stabilizzare o promuovere la mobilità o concorsi anche perché avere persone che hanno bisogno del politico di turno non ha fatto altro che rendere il politico stesso “padrone degli uomini”. E’ così che noi ci sentiamo: nuovi schiavi di questo mondo lavorativo».

E c’è anche chi scrive per raccontare di essere in graduatoria ma non di avere chance: «Vorrei precisare in merito al discorso delle 800 persone in graduatoria... a quelli che si lamentano che sono dieci anni che lavorano come precari con avviso pubblico, che dovrebbero ben sapere come mai sono sempre e solo loro a lavorare. In una graduatoria di avviso pubblico, l’aver lavorato in precedenza sempre presso una Asl procura punteggio così che a lavorare saranno sempre gli stessi visto che quando tocca agli ultimi della graduatoria (senza raccomandazione o aiutino) puntualmente e casualmente la graduatoria scade e se ne indice una nuova con il solito risultato, e cioè che chi ha appena finito l’incarico vecchio...ricomincia con il nuovo. E quelli in fondo alla vecchia graduatoria? rimangono perennemente in fondo perché, nella nuova graduatoria, non avranno accumulato punteggio. Ora, dico io, facciamola scorrere questa graduatoria almeno per una volta fino alla fine così che tutti potremmo poi concorrere ad armi pari per uno sperato concorso!»
La situazione è critica, i nodi di decenni di superficialità e leggerezza vengono al pettine di colpo, nell’epoca dello sfascio totale e dei tagli drastici.
 
FONTE: PRIMONUMERO.IT



 

Trasfusione di sangue sbagliata: muore cardiopatico

Un errore gravissimo che è costato la vita a un malato cardiopatico. È accaduto all’ospedale Careggi di Firenze dove è stata fatta una trasfusione alla persona sbagliata: qui era ricoverato un paziente, di 60 anni, gravemente cardiopatico le cui condizione erano già gravi. Per cause ancora da chiarire però è stato sottoposto a una trasfusione di sangue che era in realtà destinata a un altro paziente con problemi vascolari, anch’egli ricoverato: non solo la procedura era quella errata, ma il gruppo sanguigno era diverso, cosa che ha causato uno choc allergico che ha portato alla morte del paziente in pochi giorni.

La vicenda, riportata da la Repubblica, ha lasciato in lacrime i parenti dell’uomo, già gravemente malato, ma ha profondamente scosso il Careggi, già colpito nel 2007 da un gravissimo caso di malasanità, quando vennero trapiantati degli organi prelevati da un malato di Hiv.
L’ospedale ha aperto un’inchiesta interna per capire come sia stato possibile commettere un tale scambio di persone.
Il paziente era affetto da gravi patologie al cuore ed era stato ricoverato in gravi condizioni tanto che i medici non avevano dato molte speranze. Due settimane fa però un’equipe addetta alle trasfusioni si è diretta verso il suo letto e ha dato il via alla procedura che in realtà era destinata a un altro malato con problemi vascolari, sempre ricoverato al reparto del dipartimento del cuore e dei vasi di Careggi.
Il vero dramma è avvenuto non solo per una trasfusione non necessaria, ma anche per il gruppo sanguigno iniettato, diverso da quello del paziente: la cosa ha causato una specie di reazione allergica che ha condotto il paziente, di 60 anni, alla morte nel giro di pochi giorni.
Una trasfusione con sangue diverso dal proprio gruppo sanguigno è pericolosa e a rischio della vita anche per una persona sana, ancor di più se effettuata su un malato già in gravi condizioni.
Al momento non risultano relazioni inviate alla Procura dal parte dell’ospedale che ha avviato un’indagine interna per capire come sia stato possibile scambiare l’identità di un malato, condannandolo così a morte.

Mancano medici e infermieri, Cardarelli a rischio collasso. L'allarme del Dg

 
NAPOLI - Un ospedale al collasso. Con reparti che rischiano mortificanti accorpamenti o, addirittura, la chiusura. Dove, a causa della carenza degli organici - mancano all’appello centiniaia tra medici, infermieri e ausiliari per affrontare le quotidiane emergenze - si hanno difficoltà enormi ad organizzare i turni di lavoro. Parliamo del Cardarelli, il più grande del Mezzogiorno, ricco di eccellenze e punto di riferimento dell’intera Campania (e oltre).
Un ospedale in ginocchio, dunque, il cui direttore generale, per la prima volta da quando è al vertice della struttura sanitaria convoca i giornalisti per una conferenza stampa nel corso della quale ha deciso di rivelare le criticità del Cardarelli che dirige da oltre tre anni.

Mancano medici, infermieri, ausiliari. E soldi. L’assenza di turnover ha «asciugato» l’organico rendendolo assolutamente insufficiente per affrontare la mole di lavoro a cui quotidianamente deve far fronte il più grande nosocomio del Sud.
Ne parla il direttore medico di presidio, Franco Paradiso. «Negli ultimi tre anni il numero di medici in organico si è ridotto del venti per cento» dice Paradiso, che conosce meglio di tutti la realtà dell’ospedale, dal momento che è stato in servizio come medico dal 1979 e siede alla poltrona di direttore di presidio dal 2007.

Per ridurre i costi nel corso di questo ultimi anni la direzione generale ha fatto salti mortali. Accorpando, per esempio, molti reparti. «Col piano di rientro è stata eliminata una ”pnmeumologia” una ”neurochirurgia” e, più recentemente una ”ortopedia”» spiega ancora Paradiso. E riprende: «Sono state inoltre rimodulate alcune attività per il migliore utilizzo del personale. Per esempio alcune strutture sono state dipartimentalizzate. Vale a dire la dermatologia, il reparto detenuti, il trauma center che prima erano strutture complesse».

Attualmente i medici, al Cardarelli sono complessivamente 790. I reparti che vivono maggiormente la crisi sono le ”medicine” («abbiamo bisogno di medici per assicurare sempre un numero di posti letto adeguato» dice Paradiso). C’è urgenza di assunzioni di medici ”accettisti”, medici per le aree del pronto soccorso, neurologi, ematologi, anestesisti, radiologi. «Abbiamo due reparti di ematologie. In particolare, in una, c’è un organico di soltanto quattro medici. Diventa, così, impossibile fare i turni per assicurare assistenza a un certo numero di posti letto» si sfoga il direttore Paradiso.
Ed ora qualche cifra. Al pronto soccorso quotidianamente si presentano non meno di trecento pazienti. Di essi una buona parte viene ricoverata, il resto lascia l’ospedale. I posti letto sono 917, quotidianamente tutti occupati. E poi c’è la piaga delle barelle, talvolta anche centinaia.

Al momento, e fino al 30 settembre, non è possibile reperire medici, con la mobilità da altre strutture ospedaliere. «Dal primo ottobre si potrà accedere a qualche mobilità per ottenere qualche figura professionale in più. Ma questo non può certo bastare a tamponare la grave emergenza che stiamo vivendo» conclude Paradiso.

Il Cardarelli è ospedale dalle grandi eccellenze. Una per tutte: la chirurgia endocrinologica, che rientra nel dipartimento diretto dal professor Maurizio De Palma. Un reparto che sta bloccando la migrazione sanitaria verso altre realtà lontane dalla Campania e che ha ridato la vita e la fiducia a centiniaia di pazienti afflitti dal carcinoma alla tiroide.
 
di Marisa La PennaDEL MATTINO.IT
 
 
 

Una paziente denuncia gli abusi:"L'infermiere voleva violentarmi"

La presunta violenza sessuale si sarebbe consumata nel reparto di psichiatria che si trova all'ospedale Cervello, ma è gestito dal personale dell'Asp 6, la cui direzione risponde: "Le testimonianze smentirebbero quanto denunciato. Abbiamo avviato un'indagine interna".

"Un infermiere mi ha palpeggiato mentre ero nella doccia. Mi stavo lavando perché avevo avuto un conato di vomito e lui mi ha toccata in tutto il corpo". A raccontare il presunto abuso sessuale agli agenti della squadra mobile è stata una paziente ricoverata al reparto di Psichiatria dell'ospedale Cervello, gestito dal personale dell'Asp 6. A denunciare l'episodio alla polizia, la sorella della donna che si trova in cura presso il nosocomio palermitano perché tossicodipendente. "Dopo i palpeggiamenti - ha raccontato la donna - lui si è abbassato i pantaloni. Voleva violentarmi, ma sono riuscita a svincolarmi".

Una vicenda triste e squallida quella che viene descritta dalle parole della paziente. Una storia al momento al vaglio della polizia e analizzata, in ogni suo aspetto, dalla direzione aziendale Asp 6, che ha già ascoltato sia tutti coloro che sabato notte erano di turno nel reparto - con la speranza di ottenere testimonianze attendibili - sia l'infermiere contro il quale punta il dito la donna. E, nel dettaglio, viene precisato che: "La direzione aziendale, sulla base dei dati forniti dal direttore della struttura, comunica che immediatamente dopo la denuncia, è stata avviata un’indagine interna finalizzata a verificare i presunti fatti. Il responsabile dell’unità operativa ha ascoltato gli operatori presenti nel reparto. Le dichiarazioni, rese a verbale dal personale in servizio, convergerebbero verso l’assenza di responsabilità a carico di qualcuno di essi". Intanto sono partite le indagini della polizia: "E' una questione delicata - precisano dalla squadra mobile - in cui devono essere presi in considerazione diversi aspetti. Staimo ascoltando tutte le persone coinvolte".
 
fONTE PALERMOTODAY.IT
 

 

Lavorare piu' di otto ore aumenta rischio infarti!!

Fare gli straordinari a lavoro non solo spesso non comporta vantaggi economici, ma rischia anche di essere un problema molto serio per la salute. Lo rivela una ricerca finlandese, secondo cui lavorare piu' di otto ore al giorno aumenta il rischio di avere attacchi cardiaci o ictus fino all'80 per cento.

Secondo lo studio del Finnish Institute of Occupational Health, che ha analizzato 12 ricerche riguardanti 22 mila persone da tutto il mondo a partire dal 1958, i soggetti che lavorano piu' delle tradizionali otto ore al giorno hanno sviluppato una maggiore probabilita' di avere attacchi cardiaci con una percentuale dal 40 all'80 per cento. Secondo la dottoressa Marianna Virtanen, tra gli autori della ricerca, gli effetti potrebbero essere collegati a una prolungata esposizione allo stress, oltre che alle cattive abitudini alimentari e alla mancanza di esercizio fisico dovuta alla mancanza di tempo libero.

Lo stesso team nel 2009 aveva scoperto che lavorare molte ore aumenta il rischio di demenza senile in eta' avanzata: dai risultati emergeva che chi aveva lavorato in media 55 ore alla settimana aveva un cervello piu' povero di funzioni rispetto a chi era arrivato al massimo a 40.

''Ci sono diversi possibili meccanismi ha detto la dottoressa Virtanen che possono essere alla base dell'associazione tra le molte ore di lavoro e le malattie cardiache. Oltre all'esposizione prolungata allo stress psicologico, c'e' il possibile aumento dei livelli di cortisolo, noto anche come ormone dello stress, le cattive abitudini alimentari e l'assenza di esercizio fisico''.

(ANSA).

Diabete. Pubblicate le raccomandazioni per garantire la sicurezza delle iniezioni

18 SET - Iniezioni di insulina e punture per controllare il glucosio in pazienti diabetici, quando effettuate in ospedale o in clinica presentano un rischio, talvolta sottovalutato: l’esposizione del personale medico al sangue può sempre essere pericolosa, perché può far entrare gli operatori in contatto con patogeni che si trovano nel sangue, tra cui anche Epatite e Hiv. Ecco perché le ultime indicazioni per la pratica iniettiva per il diabete, pubblicate da WISE (Workshop on Injection Safety in Endocrinology) su Diabetes and Metabolism, contengono raccomandazioni particolari, proprio per assicurare la sicurezza dei pazienti, degli operatori professionali e di tutte le persone potenzialmente a contatto con taglienti utilizzati nel trattamento del diabete.

Le indicazioni nascono a seguito della recente diffusione di una nuova Direttiva Europea che sancisce che ovunque vi sia un rischio di puntura accidentale, il paziente e tutti i lavoratori devono essere protetti con adeguate misure di sicurezza, incluso l’uso di dispositivi medici dotati di meccanismi di sicurezza. Questa direttiva sulla prevenzione delle ferite accidentali deve essere recepita e trasformata in legge nazionale in tutti gli stati membri europei entro l’ 11 maggio 2013. “L’attività quotidiana dei lavoratori in ambito ospedaliero (operatori sanitari e addetti) li pone a rischio di serie infezioni con più di 30 agenti patogeni potenzialmente pericolosi, inclusi l’epatite B, l’epatite C e l’HIV, a causa di ferite con aghi e taglienti contaminati”, ha commentato Kenneth Strauss, Global Medical Director di BD, Director of Safety in Medicine presso l’European Medical Association e membro del WISE Consensus Group. “ Si stima che più di un milione di ferite da taglienti avvenga ogni anno nell’Unione Europea, ma la maggior parte di tali ferite sono prevenibili con un’adeguata formazione, procedure operative più sicure e l’utilizzo di dispositivi medici dotati di meccanismi di sicurezza”.

Le raccomandazioni WISE rappresentano un piano per l’implementazione della Direttiva Europea nell’ambito della cura del diabete e includono una scala che rappresenta la forza delle raccomandazioni. Gli argomenti principali trattati sono: i rischi ai quali gli operatori sanitari che lavorano in ambito diabetologico sono esposti; l’imminente legislazione Europea; le ferite derivanti dai vari dispositivi; le implicazioni delle tecniche iniettive; l’educazione e la formazione per creare cultura della sicurezza; i costi – benefici dei dispositivi di sicurezza; la conoscenza e la responsabilità di uno smaltimento sicuro dei taglienti.

Queste indicazioni nascono dai risultati di un’ampia indagine sulle punture accidentali che ha coinvolto 634 infermieri da 13 Paesi dell’Europa Occidentale e dalla Russia, e dal risultato del Workshop sulla Sicurezza Inettiva in Endocrinologia, Workshop on Injection Safety in Endocrinology (WISE) dell’Ottobre 2011, che ha raccolto un gruppo di 58 leaders che operano nel campo della sicurezza diabetologica provenienti da 13 paesi. Il lavoro è basato sulla revisione e analisi paritaria di tutti gli studi e pubblicazioni che trattano l’argomento della sicurezza nell’ambito del diabete.

fonte:qs.it