I Carabinieri dei Nas dislocati sul territorio nazionale, in accordo con il ministero della Salute, hanno condotto un servizio di controllo e monitoraggio sulle strutture ricettive per anziani, verificando le autorizzazioni ed il rispetto delle prescrizioni, la sussistenza dei requisiti igienico sanitari, le condizioni di degenza degli ospiti, la corretta conservazione di cibi e farmaci, nonché la regolarità delle figure professionali (medici e infermieri) operanti.
Nella scorsa settimana, spiega una nota dei Nas, sono state ispezionate 441 attività, 107 delle quali sono risultate non in regola con le normative di settore (22 al Nord, 50 al Centro e 35 al Sud Italia). A quattro di queste (due nel Nord e due nel Sud Italia) i carabinieri hanno posto i sigilli perché abusive e prive di certificazione di abitabilità; 50 ospiti, di cui molti non autosufficienti, sono stati trasferiti presso altri complessi assistenziali.
Sono stati inoltre rilevati anche casi di assenza o presenza non adeguata di personale medico, infermieristico ed ausiliario e sequestrate diverse confezioni di farmaci scaduti e/o di provenienza ospedaliera, nonché decine di kg di alimenti privi di rintracciabilità.
Nel complesso, sono state rilevate 188 violazioni. 125 tra titolari ed operatori sono stati segnalati alle Autorità Giudiziarie, Amministrative e Sanitarie, tra questi, sono stati deferiti all’autorità giudiziaria quattro “falsi” infermieri per esercizio abusivo della professione sanitaria, poiché svolgevano attività infermieristica (anche mediante la somministrazione di terapie a soggetti non autosufficienti) in mancanza di titolo. “In questo particolare campo – sottolineano i carabinieri dei Nas -, i controlli possono diventare ancora più incisivi con la collaborazione dei congiunti che affidano i loro cari a strutture assistenziali. Occorre, pertanto, verificare preventivamente i requisiti delle cosiddette case di riposo: presenza di personale medico e infermieristico qualificato (anche controllando l’iscrizione all’albo professionale), pulizia dei locali, qualità del cibo somministrato, attività sociali e ricreative svolte” e “parlare con il proprio congiunto per cogliere situazioni di disagio”. Eventuali sospetti o dubbi possono essere segnalati al Comando dei NAS (06.59947111), al 112 o alle Stazioni Carabinieri.
lunedì 25 aprile 2011
Abuso sessuale nei bambini. Dal ministero una guida per medici e professionisti sanitari
22 APR - “La rilevazione, la diagnosi, la presa in carico e il trattamento dell’abuso sessuale sulle bambine e sui bambini sono attività complesse, ulteriormente complicate dalla mancanza di definizioni condivise e da considerevoli difficoltà di semeiotica medica. Inoltre la problematicità del fenomeno, che coinvolge l’area sociale, psicologica, legale e medica, porta spesso a letture interpretative molto differenziate. Segni e sintomi psicologici, comportamentali e fisici devono essere quindi valutati da operatori con adeguata formazione e competenza tecnica”. Per questo il Gruppo di lavoro per l'abuso e il maltrattamento dell'infanzia del ministero della Salute, coordinato da Maria Rosa Giolito dell'Asl To2 di Torino, in collaborazione conl’Associazione Culturale Pediatri (Acp), la Società Italiana di Ginecologia dell'infanzia e dell'Adolescenza (Sigia), la Società Italiana di Medicina Legale e delle Assicurazioni (Simla) e Società Italiana di Pediatria (Sip), ha realizzato “L'abuso sessuale nei bambini prepuberi. Requisiti e raccomandazioni per una valutazione appropriata”, pubblicazione dedicata a tutti i professionisti che lavorano con i bambini per offrire strumenti diversi per un corretto approccio ai minori con sospetto di abuso sessuale.
Quando ci si occupa di violenza sui minori, infatti, è imprescindibile una presa in carico multidisciplinare e multi professionale. Che deve tenere conto anche della necessità di evitare ulteriori inutili se non traumatiche visite al bambino/a. “L’obiettivo della guida – ha spiegato il ministro della Salute, Ferruccio Fazio, nella presentazione del volume – è quello di supplire alla carenza di una specifica formazione universitaria”. “La crescente complessità della pratica medica – aggiunge Fazio - pone i professionisti di fronte alla necessità non solo di riconsiderare costantemente le conoscenze disciplinari, ma di collocare la propria competenza all’interno della rete di saperi che definiscono le condizioni di malattia e salute. Questo è particolarmente evidente nel caso dell’abuso sessuale, nella valutazione del quale gli autori di questa guida illustrano il ruolo fondamentale, ma non dirimente, dell’esame medico”.
Il volume offre in primo luogo un percorso diagnostico finalizzato a ridurre il rischio di errori che si possono irrimediabilmente ripercuotere sulla valutazione. “Ma il limitato valore diagnostico dell’esame medico, in una condizione caratterizzata dalla aspecificità dei reperti obiettivi presente in oltre il 90% dei minori vittime di abuso sessuale, rende indispensabile una valutazione nella quale confluiscano competenze diverse, multidisciplinari e multi professionali”. Questo aspetto viene affrontato nel testo con una proposta strutturata di organizzazione delle informazioni raccolte. La sezione Cartella clinica e repertazione fornisce un modello attraverso il quale documentare le tappe del percorso diagnostico, i diversi contributi alla sua realizzazione, i dati disponibili e le lacune informative. Assicurando così materialità e solidità alla Segnalazione all’autorità giudiziaria, affrontata nell’ultima sezione.
Quando ci si occupa di violenza sui minori, infatti, è imprescindibile una presa in carico multidisciplinare e multi professionale. Che deve tenere conto anche della necessità di evitare ulteriori inutili se non traumatiche visite al bambino/a. “L’obiettivo della guida – ha spiegato il ministro della Salute, Ferruccio Fazio, nella presentazione del volume – è quello di supplire alla carenza di una specifica formazione universitaria”. “La crescente complessità della pratica medica – aggiunge Fazio - pone i professionisti di fronte alla necessità non solo di riconsiderare costantemente le conoscenze disciplinari, ma di collocare la propria competenza all’interno della rete di saperi che definiscono le condizioni di malattia e salute. Questo è particolarmente evidente nel caso dell’abuso sessuale, nella valutazione del quale gli autori di questa guida illustrano il ruolo fondamentale, ma non dirimente, dell’esame medico”.
Il volume offre in primo luogo un percorso diagnostico finalizzato a ridurre il rischio di errori che si possono irrimediabilmente ripercuotere sulla valutazione. “Ma il limitato valore diagnostico dell’esame medico, in una condizione caratterizzata dalla aspecificità dei reperti obiettivi presente in oltre il 90% dei minori vittime di abuso sessuale, rende indispensabile una valutazione nella quale confluiscano competenze diverse, multidisciplinari e multi professionali”. Questo aspetto viene affrontato nel testo con una proposta strutturata di organizzazione delle informazioni raccolte. La sezione Cartella clinica e repertazione fornisce un modello attraverso il quale documentare le tappe del percorso diagnostico, i diversi contributi alla sua realizzazione, i dati disponibili e le lacune informative. Assicurando così materialità e solidità alla Segnalazione all’autorità giudiziaria, affrontata nell’ultima sezione.
Fazio: "Al Pronto soccorso solo i codici gialli e rossi”. Giovedì incontro con i medici
19 APR - Serve una riforma del sistema di emergenza-urgenza. E a questo scopo il ministro della Salute incontrerà giovedì, 21 aprile, tutte le sigle sindacali dell’area medica ospedaliera e territoriale per “esaminare la possibilità di riformare il sistema attraverso la costruzione di una cabina di regia tra ospedale e territorio e ridefinire le procedure di triage del servizio di 118 affinché solo i codici gialli e rossi siano portati in ospedale, mentre i codici verdi dovranno essere assistiti sul territorio”. Lo ha annunciato il ministro della Salute, Ferruccio Fazio, intervenendo alla presentazione dell'indagine conoscitiva della commissione Igiene e Sanità del Senato sul Trasporto degli infermi e sulle reti di emergenza-urgenza. I risultati ottimali non potranno essere immediati, ha sottolineato il ministro, ma “se già se riuscissimo a mettere sul territorio l'80%” dei codici meno gravi “sarebbe un buon risultato”.
Come emerge dai risultati dell’indagine della commissione Igiene e Sanità, illustrata dal presidente della commissione Antonio Tomassini e dai senatori Fabio Rizzi, Raffaele Calabrò, Daniele Bosone, Michele Saccomanno e Ulisse Di Giacomo, il sistema italiano dell’emergenza-urgenza è in affanno, anche a causa dell’aumento delle richieste di soccorso, cresciuto negli ultimi 10 anni del 50% fino ad arrivare a quasi 30 milioni. Con un eccesso di codici bianchi e codici verdi che finisco per mandare in tilt il sistema. Tanto che anche per i casi più gravi i tempi di attesa diventano lunghi in modo “inammissibile. Come illustrato dal senatore Calabrò: “Solo il 10% dei pazienti con evento cardiaco raggiunge l’Utic (Unità Terapia Intensiva Coronarica) entro le prime 2 ore, e un altro 30 % tra le 2 e le 6 ore dall’inizio dell’evento acuto e il restante 60% oltre le 6 ore”. Un ritardo che può essere fatale. “Nell’evento cardiopatico infatti – ha ricordato il senatore - la tempestività è essenziale per ridurre il rischio di attacco cardiaco/infarto miocardico acuto e quindi di mortalità. Ma anche di morbilità. Time is life”.
Tra le ragioni più gravi, secondo i senatori, c’è la mancanza di una efficiente organizzazione in rete di tutto il sistema. “Le ambulanze del 118 – ha osservato Bosone – non devono arrivare solo nei tempi più brevi possibili, ma anche nelle strutture più adatte ad assistere quel caso specifico”. Ma i senatori puntano il dito anche sulla carente preparazione del personale. “Occorre sviluppare un progetto di formazione specifica ed univoca in medicina di emergenza-urgenza”, ha affermato Saccomanno. Mentre Di Giacomo ha sottolineato la necessità di potenziare i servizi territoriali, sia come filtro al pronto soccorso che per garantire la continuità assistenziale per la dimissione dei pazienti dagli ospedali (qui il documento conclusivo e le proposte della commission).
Cosa fare, dunque, per migliorare il sistema? Migliorare l’organizzazione delle strutture per restringere anche i tempi di attesa intraospedaliera. Attivare percorsi privilegiati per i casi gravi e specifici. Migliorare la formazione del personale. Ma anche creare un sistema di assistenza territoriale h24 che sia il punto di riferimento dei casi meno gravi. “Ed è quello che con alcuni progetti sperimentali abbiamo iniziato a fare già da due anni”, ha detto Fazio sottolineando che su 14 milioni di chiamate alle centrali operative, sono 8,5 milioni quelle specifiche di soccorso. Di queste, nel 47% dei casi viene inviato un mezzo di soccorso e nel 32% si arriva al Pronto Soccorso. Numeri che possono cambiare attraverso l’istituzione di servizi territoriali chiamati ad assistere i codici bianchi e verdi perché oggi, ha ricordato il ministro, “i medici della continuità assistenziale non possono effettuare prestazioni di emergenza e di conseguenza, anche in caso di chiamate per eventi non gravi, viene attivato il 118”. “Noi – ha continuato il ministro - vogliamo aggiungere ai tre macrolivelli della sanità già esistenti - prevenzione, assistenza territoriale e assistenza ospedaliera - un quarto livello, quello dell'emergenza-urgenza” da gestire sia attraverso il 118 e i Pronto Soccorso, che attraverso un sistema di soccorso affidato alla medicina generale. “Una riforma che sarà inserita negli obiettivi di piano, “che – ha spiegato Fazio - avremmo dovuto presentare domani in Stato-Regioni ma che presenteremo la prossima volta proprio allo scopo di inserire questa modifica". Il programma, ha specificato il ministro, sarà finanziato con “una quota dei 350 milioni di euro, pari al 25% del fondo destinato agli Obiettivi di piano, destinati alle cure primarie”.
Come emerge dai risultati dell’indagine della commissione Igiene e Sanità, illustrata dal presidente della commissione Antonio Tomassini e dai senatori Fabio Rizzi, Raffaele Calabrò, Daniele Bosone, Michele Saccomanno e Ulisse Di Giacomo, il sistema italiano dell’emergenza-urgenza è in affanno, anche a causa dell’aumento delle richieste di soccorso, cresciuto negli ultimi 10 anni del 50% fino ad arrivare a quasi 30 milioni. Con un eccesso di codici bianchi e codici verdi che finisco per mandare in tilt il sistema. Tanto che anche per i casi più gravi i tempi di attesa diventano lunghi in modo “inammissibile. Come illustrato dal senatore Calabrò: “Solo il 10% dei pazienti con evento cardiaco raggiunge l’Utic (Unità Terapia Intensiva Coronarica) entro le prime 2 ore, e un altro 30 % tra le 2 e le 6 ore dall’inizio dell’evento acuto e il restante 60% oltre le 6 ore”. Un ritardo che può essere fatale. “Nell’evento cardiopatico infatti – ha ricordato il senatore - la tempestività è essenziale per ridurre il rischio di attacco cardiaco/infarto miocardico acuto e quindi di mortalità. Ma anche di morbilità. Time is life”.
Tra le ragioni più gravi, secondo i senatori, c’è la mancanza di una efficiente organizzazione in rete di tutto il sistema. “Le ambulanze del 118 – ha osservato Bosone – non devono arrivare solo nei tempi più brevi possibili, ma anche nelle strutture più adatte ad assistere quel caso specifico”. Ma i senatori puntano il dito anche sulla carente preparazione del personale. “Occorre sviluppare un progetto di formazione specifica ed univoca in medicina di emergenza-urgenza”, ha affermato Saccomanno. Mentre Di Giacomo ha sottolineato la necessità di potenziare i servizi territoriali, sia come filtro al pronto soccorso che per garantire la continuità assistenziale per la dimissione dei pazienti dagli ospedali (qui il documento conclusivo e le proposte della commission).
Cosa fare, dunque, per migliorare il sistema? Migliorare l’organizzazione delle strutture per restringere anche i tempi di attesa intraospedaliera. Attivare percorsi privilegiati per i casi gravi e specifici. Migliorare la formazione del personale. Ma anche creare un sistema di assistenza territoriale h24 che sia il punto di riferimento dei casi meno gravi. “Ed è quello che con alcuni progetti sperimentali abbiamo iniziato a fare già da due anni”, ha detto Fazio sottolineando che su 14 milioni di chiamate alle centrali operative, sono 8,5 milioni quelle specifiche di soccorso. Di queste, nel 47% dei casi viene inviato un mezzo di soccorso e nel 32% si arriva al Pronto Soccorso. Numeri che possono cambiare attraverso l’istituzione di servizi territoriali chiamati ad assistere i codici bianchi e verdi perché oggi, ha ricordato il ministro, “i medici della continuità assistenziale non possono effettuare prestazioni di emergenza e di conseguenza, anche in caso di chiamate per eventi non gravi, viene attivato il 118”. “Noi – ha continuato il ministro - vogliamo aggiungere ai tre macrolivelli della sanità già esistenti - prevenzione, assistenza territoriale e assistenza ospedaliera - un quarto livello, quello dell'emergenza-urgenza” da gestire sia attraverso il 118 e i Pronto Soccorso, che attraverso un sistema di soccorso affidato alla medicina generale. “Una riforma che sarà inserita negli obiettivi di piano, “che – ha spiegato Fazio - avremmo dovuto presentare domani in Stato-Regioni ma che presenteremo la prossima volta proprio allo scopo di inserire questa modifica". Il programma, ha specificato il ministro, sarà finanziato con “una quota dei 350 milioni di euro, pari al 25% del fondo destinato agli Obiettivi di piano, destinati alle cure primarie”.
Dal 4 maggio gli infermieri lavoreranno nelle farmacie italiane
Roma, 21 apr. (Adnkronos Salute) - Arriveranno prima gli infermieri professionali dei fisioterapisti nelle farmacie italiane. Ma non sarà una partenza sprint. Ben pochi esercizi offriranno ai cittadini già dal 4 maggio, data in cui può essere attivato il nuovo servizio, questa opportunità, almeno a giudicare - in mancanza di dati certi - dalle risposte di un piccolo campione di farmacie italiane contattate al telefono dall'Adnkronos Salute e dalle impressioni raccolte tra gli addetti ai lavori. Dopo la recentissima pubblicazione in Gazzetta ufficiale del decreto attuativo - appena due giorni fa - i titolari si stanno ancora orientando, per cercare di capire come organizzarsi. La collaborazione con gli infermieri sembra avere la strada spianata, perché tradizionalmente "è proprio la farmacia il punto di riferimento degli utenti che chiedono informazioni quando devono fare iniezioni intramuscolo, medicazioni o altre prestazioni infermieristiche", spiega Rossella Miracapillo, responsabile farmaci del Movimento dei Consumatori. "Mentre - aggiunge - credo che il rapporto con i fisioterapisti sia ancora tutto da costruire. Fare un trattamento fisioterapico sotto casa è senz'altro molto comodo e utile, ma è davvero una novità assoluta". Anche per la presidente di Federfarma, Annarosa Racca "è difficile che questi nuovi servizi, che noi consideriamo una 'rivoluzione positiva' e una sfida fondamentale per la categoria, possano partire immediatamente". Anche perché, per attivarli, "è necessario - aggiunge - far dialogare diversi attori, tutte le professionalità coinvolte: l'operatore, il medico che deve prescrivere, lo stesso farmacista. Ma sono convinta che le farmacie si organizzeranno prestissimo. Già nei prossimi mesi la presenza di questi professionisti comincerà ad essere una realtà, che monitoreremo costantemente". Quella dei nuovi servizi, continua Racca, "è la più grande sfida per la farmacia italiana. Per questo sono convinta che ci sarà una grande risposta da parte dei farmacisti. E, personalmente, mi attiverò per stimolarli affinché si mettano in pista al più presto". Si tratta, secondo Racca, "di un'opportunità per tutti. Ma lo è soprattutto per le piccole farmacie di zone svantaggiate, più lontane dai grandi centri. E' una soluzione particolarmente utile per gli utenti che vivono più lontano dagli ospedali, dai pronto soccorso e da altre strutture sanitarie" . Sicuramente, per attivare nuovi servizi c'è bisogno di spazi adeguati. "Ma non c'è bisogno di avere a disposizione grandi sale. Sono certa che ogni farmacia potrà trovare lo spazio necessario per garantire dei servizi", conclude Racca che sottolinea come "ora la cosa veramente importante è rinnovare la convenzione con il Servizio sanitario nazionale, scaduta da tempi immemorabili. Un accordo in cui dobbiamo convenzionare anche questi servizi e che sarà il vero 'potenziatore' del nuovo sistema".
Il Tar: stop ai concorsi di Russo E’ bufera nella Sanità siciliana
Quasi seicento assunzioni per infermieri e tecnici “bloccate” dal Tar. Con due sentenze-fotocopia ieri il tribunale amministrativo ha sospeso quattro concorsi indetti dall’assessore regionale alla Sanità Massimo Russo. Il motivo? I concorsi per titoli non andavano indetti se non dopo aver “attinto” alla mobilità regionale e interregionale.
Così, è scattato il ricorso di un nutrito gruppo di persone, difese dall’avvocato Alberto Barbera. Un ricorso che ha riguardato le Asp di Palermo, Trapani, Agrigento e Caltanissetta, l’assessorato regionale alla Sanità, il Comitato del Bacino Sicilia occidentale, il Policlinico di Palermo e l’ospedale Villa Sofia-Cervello. Ricorso che in prima istanza ha raggiunto gli obiettivi sperati: sospensione dei concorsi. Tutto si ferma, insomma, in attesa di discutere il “merito” nel marzo del 2012.
Intanto, come detto, tutto è congelato. E ci riferiamo nello specifico a quattro selezioni del “pacchetto” pubblicato in gazzetta ufficiale della Regione siciliana il 31 dicembre del 2010. I concorsi impugnati, sono quelli per infermiere per il bacino “Sicilia occidentale” e quelli per tecnico di radiologia nello stesso bacino. In entrambi i casi a essere “stoppati” sono sia i concorsi pubblici per titoli sia quelli riguardanti la mobilità. Nel caso degli infermieri parliamo rispettivamente di 258 e 256 posti. Nel caso dei tecnici di radiologia di 21 e 17 assunzioni.
Ed è stata proprio questa “compresenza” di concorsi aperti e concorsi per mobilità ad aver creato i presupposti per il ricorso. Il tribunale, infatti, nell’accogliere le istanze dei ricorrenti e la sussistenza del “pregiudizio grave ed irreparabile”, ha ricordato un principio fondamentale che discende dall’articolo 30 della legge 165/2001, cioè che “le procedure di mobilità debbano sempre essere preferite a quelle concorsuali”. Insomma, prima andavano individuate le persone in esubero o in mobilità. Poi, eventualmente, bisognava indire i concorsi. All’Asp di Palermo anche l’obbligo di pagare le spese processuali per una cifra complessiva di tremila euro. All’assessorato, adesso, non resta che ricorrere al Consiglio di Stato.
Così, è scattato il ricorso di un nutrito gruppo di persone, difese dall’avvocato Alberto Barbera. Un ricorso che ha riguardato le Asp di Palermo, Trapani, Agrigento e Caltanissetta, l’assessorato regionale alla Sanità, il Comitato del Bacino Sicilia occidentale, il Policlinico di Palermo e l’ospedale Villa Sofia-Cervello. Ricorso che in prima istanza ha raggiunto gli obiettivi sperati: sospensione dei concorsi. Tutto si ferma, insomma, in attesa di discutere il “merito” nel marzo del 2012.
Intanto, come detto, tutto è congelato. E ci riferiamo nello specifico a quattro selezioni del “pacchetto” pubblicato in gazzetta ufficiale della Regione siciliana il 31 dicembre del 2010. I concorsi impugnati, sono quelli per infermiere per il bacino “Sicilia occidentale” e quelli per tecnico di radiologia nello stesso bacino. In entrambi i casi a essere “stoppati” sono sia i concorsi pubblici per titoli sia quelli riguardanti la mobilità. Nel caso degli infermieri parliamo rispettivamente di 258 e 256 posti. Nel caso dei tecnici di radiologia di 21 e 17 assunzioni.
Ed è stata proprio questa “compresenza” di concorsi aperti e concorsi per mobilità ad aver creato i presupposti per il ricorso. Il tribunale, infatti, nell’accogliere le istanze dei ricorrenti e la sussistenza del “pregiudizio grave ed irreparabile”, ha ricordato un principio fondamentale che discende dall’articolo 30 della legge 165/2001, cioè che “le procedure di mobilità debbano sempre essere preferite a quelle concorsuali”. Insomma, prima andavano individuate le persone in esubero o in mobilità. Poi, eventualmente, bisognava indire i concorsi. All’Asp di Palermo anche l’obbligo di pagare le spese processuali per una cifra complessiva di tremila euro. All’assessorato, adesso, non resta che ricorrere al Consiglio di Stato.
mercoledì 13 aprile 2011
Professioni sanitarie: “No all’abusivismo, vogliamo un Ordine professionale”
13 APR - Non ci stanno più i professionisti sanitari che aderiscono al Coordinamento Nazionale delle Professioni Sanitarie (Conaps). Dicono basta ad un’abusivismo imperante. Per questo oggi hanno manifestato davanti al Senato per chiedere ai parlamentari di fare entrare in porto il Ddl sull’istituzione degli Ordini professionali che si è arenato in Commissione Finanze a palazzo Madama. Al ministro della Salute Ferruccio Fazio hanno chiesto di fare un passo in avanti, ed incontrare, anche le professioni in attesa di un Ordine.
Un esercito vastissimo formato da 22 professioni impegnate nell’area riabilitativa, in quella tecnica e della prevenzione: dal fisioterapista al logopedista, dal tecnico ortopedico al dietista, dall’audioprotesista all’igienista dentale, dagli assistenti sanitari a coloro che si occupano di prevenzione nell’ambiente e nei luoghi di lavoro. E poi ancora dai tecnici di fisiopatologia cardiocircolatoria e perfusione cardiovascolare a quelli di neuro fisiopatologia, dai podologi ai tecnici della riabilitazione psichiatrica, dagli educatori professionali ai terapisti occupazionali, dai tecnici sanitari di laboratorio biomedico agli audiometristi.
Il disegno di legge 1142, frutto di una legge delega del Parlamento emanata nel 2006, che potrebbe risolvere finalmente il problema è pronto da 3 anni ormai, ma a causa di immobilismo, tira e molla, e rimpalli istituzionali è fermo in Commissione Finanze al Senato, nonostante il provvedimento sia a costo zero per lo Stato. “L’istituzione degli Ordini per le nostre professioni – ha spiegato Antonio Bortone, presidente del Conaps – non è un vezzo o una richiesta di tipo corporativo per difendere stipendi, pensioni o quant’altro. È una necessità per migliaia di professionisti che desiderano lavorare, certi che i pazienti non finiscano in mani sbagliate, per difendere il lavoro onesto, lo studio, l’aggiornamento, lo Stato e le sue casse. È una necessità per i cittadini italiani che devono sapere chi sarà che ‘metterà loro le mani addosso’, esattamente come avviene per i medici. Non si creerà nessun nuovo carrozzone, come qualcuno vuole far credere. Questo Ordine non costerà nulla alle casse dello Stato e sarà gestito direttamente dalle associazioni professionali”.
Per ogni professionista, due abusivi. Per ogni professionista vero ce ne sono due che operano abusivamente, denuncia il Conaps. Un fenomeno gigantesco per un giro d’affari, naturalmente in nero, da milioni e milioni di euro. Di fronte a tutto ciò oggi un professionista sanitario serio ha ben poche armi per difendersi: contrariamente ai medici, infatti, non dispone di un Ordine che lo tuteli e ne sancisca la qualità del lavoro. Uno strumento come l’Ordine sarebbe utile non solo contro l’abuso di professione, ma anche per garantire corretti aggiornamenti e corsi di formazione, indispensabili per svolgere il proprio lavoro con correttezza e per essere almeno parificati alle professioni sanitarie europee.
“La richiesta di un Ordine – ha spiegato Tiziana Rossetto, vicepresidente del Conaps – non nasce dal caso, ma dal fatto che queste professioni si trovano all’interno di un’area sanitaria che necessita assolutamente di un controllo utile a garantire i pazienti in termini di professionalità, di qualità di prestazioni e servizi erogati, cioè di tutela dall’abusivismo. Per questo l’urgenza ha ormai raggiunto un livello oltre il quale non è più possibile andare. Sono quasi 15 anni che questo problema è stato posto, ora è il momento di chiudere il cerchio”.
Non solo, per il Conaps questa richiesta non esclude l’apertura e la disponibilità ad un processo più complessivo di riforma del sistema degli ordini, come richiesto dall’Ordine dei Medici al Ministro qualche tempo fa, che a quel punto sarà contemporaneo ed equo per tutti. Ma non può avvenire il contrario. Cioè che si utilizzi la necessità di una riforma complessiva degli ordini già esistenti per tentare di rimandare o far saltare l’istituzione degli ordini per le professioni sanitarie.
Il problema della titolarità. Oltre ai problemi che riguardano le tariffe minime, la pubblicità e la formazione, argomenti comunque importanti, non si può dimenticare anche il problema della titolarità. Ad oggi infatti, il limite di questo sistema è quello di non avere un organismo di sorveglianza sulla titolarità già acquisita. Questa assenza è il vero problema di un sistema “disordinato”, pur se regolamentato. Non dimentichiamo, aggiunge il Conaps, quelle Università che hanno reso equivalenti titoli attraverso percorsi non sorvegliati, alle autocertificazioni in base a regole troppo generiche, proprio a causa dell’assenza di un ordine professionale. "A questo proposito – hanno concluso i rappresentanti del Conaps – chiediamo che il Ddl 1142 venga approvato subito, così come chiediamo che il processo di riforma ordinistico non impedisca il normale iter del Ddl, che non fa altro che allineare professioni già riconosciute, già regolamentate ma non ordinate, nello status quo giuridico insieme a tutte le altre professioni inserite in ordini e collegi. Per questo crediamo che il Ministro debba fare un passo in avanti, ed incontrare, come ha incontrato le professioni ordinate, anche le professioni in attesa di Ordine. Tutte le professioni curano i malati, e tutti i malati hanno diritto ad avere le medesime garanzie, e la possibilità di sentirsi tutelati nel miglior modo possibile".
Un esercito vastissimo formato da 22 professioni impegnate nell’area riabilitativa, in quella tecnica e della prevenzione: dal fisioterapista al logopedista, dal tecnico ortopedico al dietista, dall’audioprotesista all’igienista dentale, dagli assistenti sanitari a coloro che si occupano di prevenzione nell’ambiente e nei luoghi di lavoro. E poi ancora dai tecnici di fisiopatologia cardiocircolatoria e perfusione cardiovascolare a quelli di neuro fisiopatologia, dai podologi ai tecnici della riabilitazione psichiatrica, dagli educatori professionali ai terapisti occupazionali, dai tecnici sanitari di laboratorio biomedico agli audiometristi.
Il disegno di legge 1142, frutto di una legge delega del Parlamento emanata nel 2006, che potrebbe risolvere finalmente il problema è pronto da 3 anni ormai, ma a causa di immobilismo, tira e molla, e rimpalli istituzionali è fermo in Commissione Finanze al Senato, nonostante il provvedimento sia a costo zero per lo Stato. “L’istituzione degli Ordini per le nostre professioni – ha spiegato Antonio Bortone, presidente del Conaps – non è un vezzo o una richiesta di tipo corporativo per difendere stipendi, pensioni o quant’altro. È una necessità per migliaia di professionisti che desiderano lavorare, certi che i pazienti non finiscano in mani sbagliate, per difendere il lavoro onesto, lo studio, l’aggiornamento, lo Stato e le sue casse. È una necessità per i cittadini italiani che devono sapere chi sarà che ‘metterà loro le mani addosso’, esattamente come avviene per i medici. Non si creerà nessun nuovo carrozzone, come qualcuno vuole far credere. Questo Ordine non costerà nulla alle casse dello Stato e sarà gestito direttamente dalle associazioni professionali”.
Per ogni professionista, due abusivi. Per ogni professionista vero ce ne sono due che operano abusivamente, denuncia il Conaps. Un fenomeno gigantesco per un giro d’affari, naturalmente in nero, da milioni e milioni di euro. Di fronte a tutto ciò oggi un professionista sanitario serio ha ben poche armi per difendersi: contrariamente ai medici, infatti, non dispone di un Ordine che lo tuteli e ne sancisca la qualità del lavoro. Uno strumento come l’Ordine sarebbe utile non solo contro l’abuso di professione, ma anche per garantire corretti aggiornamenti e corsi di formazione, indispensabili per svolgere il proprio lavoro con correttezza e per essere almeno parificati alle professioni sanitarie europee.
“La richiesta di un Ordine – ha spiegato Tiziana Rossetto, vicepresidente del Conaps – non nasce dal caso, ma dal fatto che queste professioni si trovano all’interno di un’area sanitaria che necessita assolutamente di un controllo utile a garantire i pazienti in termini di professionalità, di qualità di prestazioni e servizi erogati, cioè di tutela dall’abusivismo. Per questo l’urgenza ha ormai raggiunto un livello oltre il quale non è più possibile andare. Sono quasi 15 anni che questo problema è stato posto, ora è il momento di chiudere il cerchio”.
Non solo, per il Conaps questa richiesta non esclude l’apertura e la disponibilità ad un processo più complessivo di riforma del sistema degli ordini, come richiesto dall’Ordine dei Medici al Ministro qualche tempo fa, che a quel punto sarà contemporaneo ed equo per tutti. Ma non può avvenire il contrario. Cioè che si utilizzi la necessità di una riforma complessiva degli ordini già esistenti per tentare di rimandare o far saltare l’istituzione degli ordini per le professioni sanitarie.
Il problema della titolarità. Oltre ai problemi che riguardano le tariffe minime, la pubblicità e la formazione, argomenti comunque importanti, non si può dimenticare anche il problema della titolarità. Ad oggi infatti, il limite di questo sistema è quello di non avere un organismo di sorveglianza sulla titolarità già acquisita. Questa assenza è il vero problema di un sistema “disordinato”, pur se regolamentato. Non dimentichiamo, aggiunge il Conaps, quelle Università che hanno reso equivalenti titoli attraverso percorsi non sorvegliati, alle autocertificazioni in base a regole troppo generiche, proprio a causa dell’assenza di un ordine professionale. "A questo proposito – hanno concluso i rappresentanti del Conaps – chiediamo che il Ddl 1142 venga approvato subito, così come chiediamo che il processo di riforma ordinistico non impedisca il normale iter del Ddl, che non fa altro che allineare professioni già riconosciute, già regolamentate ma non ordinate, nello status quo giuridico insieme a tutte le altre professioni inserite in ordini e collegi. Per questo crediamo che il Ministro debba fare un passo in avanti, ed incontrare, come ha incontrato le professioni ordinate, anche le professioni in attesa di Ordine. Tutte le professioni curano i malati, e tutti i malati hanno diritto ad avere le medesime garanzie, e la possibilità di sentirsi tutelati nel miglior modo possibile".
Arriva il contraccettivo che dura tre anni
Roma, 13 aprile 2011 - Sbarca in Italia un nuovo contraccettivo ormonale sottocutaneo. Lo impianta il ginecologo nel braccio della donna, dove rimane posizionato e attivo per tre anni, e se si cambia idea basta rimuoverlo. La novità è stata presentata a Roma.
Nessun rischio, quindi, di dimenticare di assumere la pillola: a partire da maggio sarà disponibile questo piccolo ‘bastoncino’ di due millimetri di diametro e 4 cm di lunghezza che il medico inserisce sotto la cute del braccio.
"Il ginecologo, appositamente istruito - ha detto Chiara Benedetto, ordinario di ostetricia e ginecologia e direttore del Dipartimento di discipline ginecologiche e ostetriche dell’Università di Torino - ha a disposizione uno speciale applicatore. Il primo atto che compie è inserire il dispositivo sotto la cute, nella parte interna del braccio, in modo che possa essere rilevato dalla donna in qualunque momento. E qui rimane per 3 anni".
"Se in questo periodo la paziente decide di non avere più bisogno di contraccezione, torna dal ginecologo e fa rimuovere l’impianto sottocutaneo con un’anestesia locale, senza lasciare cicatrici".
Nessun rischio, quindi, di dimenticare di assumere la pillola: a partire da maggio sarà disponibile questo piccolo ‘bastoncino’ di due millimetri di diametro e 4 cm di lunghezza che il medico inserisce sotto la cute del braccio.
"Il ginecologo, appositamente istruito - ha detto Chiara Benedetto, ordinario di ostetricia e ginecologia e direttore del Dipartimento di discipline ginecologiche e ostetriche dell’Università di Torino - ha a disposizione uno speciale applicatore. Il primo atto che compie è inserire il dispositivo sotto la cute, nella parte interna del braccio, in modo che possa essere rilevato dalla donna in qualunque momento. E qui rimane per 3 anni".
"Se in questo periodo la paziente decide di non avere più bisogno di contraccezione, torna dal ginecologo e fa rimuovere l’impianto sottocutaneo con un’anestesia locale, senza lasciare cicatrici".
Contraccezione maschile Nel futuro c'è il 'pillolo'
Bologna, 12 aprile 2011 - Che fatica essere uomini, ma che impresa, anche, fare accettare a lui e lei il 'pillolo', il primo anticoncezionale maschile che Maria Cristina Meriggiola, marchigiana di origine, studi a Bologna e negli Usa, ha praticamente inventato, nel 1994.
Dottoressa, tra quanto tempo il pillolo in farmacia?
Ci vorranno altri due anni di sperimentazione sulle coppie che in ognuno dei 15 centri scientifici stanno provando la formula anticoncezionale al maschile, poi bisognerà aspettare i tempi tecnici della burocrazia e i finanziamenti. Il pillolo, che dopo anni di studi pensiamo di avere realizzato sotto forma di regime ormonale, è stato accolto da molto clamore, e in principio, a metà degli anni Novanta, anche con molto interesse da parte di diverse case farmaceutiche internazionali. Poi, invece, queste ultime si sono ritirate da finanziamenti e ricerche: ora è l’Oms ad avere preso in mano la guida della sperimentazione multicentrica, l’ultimo passo prima della applicazione clinica.
E come si svolgono i controlli sulla sua efficacia?
"Cinquanta coppie in ogni centro, dopo i controlli sulla buona salute di entrambi i partner e premesso che la donna deve avere meno di 38 anni, conducono una vita sessuale normale: a lui viene fatta ogni 8 mesi una iniezione, il pillolo appunto, che dovrebbe cautelare i coniugi da eventuali gravidanze. Il test non è mai stato interrotto perché dal suo inizio, quasi due anni fa, non si sono avuti effetti collaterali rilevanti. Eppure".
Eppure?
"Noi del centro bolognese dove il pillolo in pratica è nato, e i nostri colleghi stranieri, siamo perplessi: abbiamo fatto molta fatica a reclutare 50 coppie per la sperimentazione, ma sappiamo che gli uomini e le loro partner sono poco disponibili all’idea dell’anticoncezionale per lui. Insomma: il pillolo al maschile è vicino, il cambiamento di mentalità, culturale e sessuale della coppia, no".
La sessualità rallenta il passo e segue la tradizione...
"Non del tutto. Io conduco la ricerca sul pillolo ma guido anche il Centro per la salute sessuale al policlinico Sant’Orsola di Bologna: ci occupiamo di tutto il percorso dei transessuali, dalla psicoterapia alla cura, che è farmacologica e chirurgica e si può avere a spese del Servizio sanitario nazionale, perché una legge italiana prevede interventi mirati. Questo è un campo di studi nuovo, che pone ancora tanti interrogativi".
Fonte: quotidiano
Dottoressa, tra quanto tempo il pillolo in farmacia?
Ci vorranno altri due anni di sperimentazione sulle coppie che in ognuno dei 15 centri scientifici stanno provando la formula anticoncezionale al maschile, poi bisognerà aspettare i tempi tecnici della burocrazia e i finanziamenti. Il pillolo, che dopo anni di studi pensiamo di avere realizzato sotto forma di regime ormonale, è stato accolto da molto clamore, e in principio, a metà degli anni Novanta, anche con molto interesse da parte di diverse case farmaceutiche internazionali. Poi, invece, queste ultime si sono ritirate da finanziamenti e ricerche: ora è l’Oms ad avere preso in mano la guida della sperimentazione multicentrica, l’ultimo passo prima della applicazione clinica.
E come si svolgono i controlli sulla sua efficacia?
"Cinquanta coppie in ogni centro, dopo i controlli sulla buona salute di entrambi i partner e premesso che la donna deve avere meno di 38 anni, conducono una vita sessuale normale: a lui viene fatta ogni 8 mesi una iniezione, il pillolo appunto, che dovrebbe cautelare i coniugi da eventuali gravidanze. Il test non è mai stato interrotto perché dal suo inizio, quasi due anni fa, non si sono avuti effetti collaterali rilevanti. Eppure".
Eppure?
"Noi del centro bolognese dove il pillolo in pratica è nato, e i nostri colleghi stranieri, siamo perplessi: abbiamo fatto molta fatica a reclutare 50 coppie per la sperimentazione, ma sappiamo che gli uomini e le loro partner sono poco disponibili all’idea dell’anticoncezionale per lui. Insomma: il pillolo al maschile è vicino, il cambiamento di mentalità, culturale e sessuale della coppia, no".
La sessualità rallenta il passo e segue la tradizione...
"Non del tutto. Io conduco la ricerca sul pillolo ma guido anche il Centro per la salute sessuale al policlinico Sant’Orsola di Bologna: ci occupiamo di tutto il percorso dei transessuali, dalla psicoterapia alla cura, che è farmacologica e chirurgica e si può avere a spese del Servizio sanitario nazionale, perché una legge italiana prevede interventi mirati. Questo è un campo di studi nuovo, che pone ancora tanti interrogativi".
di Renata Ortolani
Fonte: quotidiano
Nas. Scoperti a Torino tre falsi infermieri
Tre falsi infermieri sono stati scoperti dal Nas dei carabinieri di Torino e dovranno ora rispondere di per truffa ai danni del servizio sanitario nazionale, falsità materiale ed esercizio abusivo della professione di infermiere. Si tratta di un trentasettenne tunisino, di un italiano di 36 anni e di una cilena di 35 anni. Il primo si era dotato di un falso tesserino d' iscrizione al collegio degli infermieri professionali di Torino: in realtà, l' uomo era stato respinto nel 2008 alla prova di italiano propedeutica alle prove per l' iscrizione all' albo. Il tunisino ha quindi utilizzato il tesserino di un infermiere radiato dall' ordine, sul quale ha apposto la sua foto e le sue generalità e lo ha presentato per ottenere un lavoro in una clinica di Milano nella quale ha lavorato per circa un anno.
Analoga la vicenda della donna cilena, che ha falsificato ad arte un certificato attestante la sua iscrizione al collegio degli infermieri professionali di Torino per essere assunta da una società che fornisce personale infermieristico a istituti pubblici e privati.
La donna ha esercitato per svariati anni abusivamente la professione in una famosa clinica di Torino, senza destare alcun sospetto. Infine l' italiano: ha esibito al collegio di Alessandria della federazione nazionale collegi infermieri (IPASVI) un falso diploma di infermiere e false dichiarazioni, con intestazione della Direzione Sanità della Regione Piemonte e di una inesistente "AUSL 6" di Palermo, sul conseguimento di un diploma professionale presso l' ex scuola infermieri professionali di Corleone (PA) nell' anno accademico 1992/1993. Nel corso di accertamenti eseguiti presso un ospedale della Provincia di Torino emergeva che l' uomo era inserito nell' organico della struttura e che, noto per le sue assenze dal lavoro, dal marzo 2010 si trovava in aspettativa per un anno.
Le verifiche eseguite presso la Regione Sicilia consentivano di dimostrare la falsità della documentazione esibita per ottenere il posto.
Analoga la vicenda della donna cilena, che ha falsificato ad arte un certificato attestante la sua iscrizione al collegio degli infermieri professionali di Torino per essere assunta da una società che fornisce personale infermieristico a istituti pubblici e privati.
La donna ha esercitato per svariati anni abusivamente la professione in una famosa clinica di Torino, senza destare alcun sospetto. Infine l' italiano: ha esibito al collegio di Alessandria della federazione nazionale collegi infermieri (IPASVI) un falso diploma di infermiere e false dichiarazioni, con intestazione della Direzione Sanità della Regione Piemonte e di una inesistente "AUSL 6" di Palermo, sul conseguimento di un diploma professionale presso l' ex scuola infermieri professionali di Corleone (PA) nell' anno accademico 1992/1993. Nel corso di accertamenti eseguiti presso un ospedale della Provincia di Torino emergeva che l' uomo era inserito nell' organico della struttura e che, noto per le sue assenze dal lavoro, dal marzo 2010 si trovava in aspettativa per un anno.
Le verifiche eseguite presso la Regione Sicilia consentivano di dimostrare la falsità della documentazione esibita per ottenere il posto.
(Fonte : QS)
lunedì 11 aprile 2011
La forza del canto combatte ipertensione e dolore cronico
La forza del canto combatte ipertensione
e dolore cronico
Cantare aiuta a ridurre la pressione arteriosa e a combattere il dolore cronico. È quanto emerge da uno studio pubblicato su Arthritis Care & Research dagli esperti guidati da Nina Niu, ricercatrice dell'Harvard Medical School di Boston (Usa), secondo cui i pazienti che non rispondono alle terapie farmacologiche, potrebbero trovare nel canto un'alternativa valida e priva di effetti collaterali.
La scoperta è stata effettuata in occasione dell'operazione di una donna di 76 anni, affetta da ipertensione e da osteoartrite, che doveva essere sottoposta a un intervento chirurgico al ginocchio. Dal momento che il trattamento pre-operatorio antipertensivo - costituito da diuretici, beta bloccanti, calcio-antagonisti e ACE inibitori - non aveva effetto, i medici hanno incoraggiato la donna a cantare, scoprendo che dopo solo due canzoni i valori pressori erano scesi sensibilmente. Non è tutto: 20 minuti di canto sono riusciti a mantenere la pressione bassa per diverse ore. Il giorno successivo al "trattamento canterino" la paziente ha potuto sottoporsi all'intervento, che è stato eseguito con successo.
La scoperta è stata effettuata in occasione dell'operazione di una donna di 76 anni, affetta da ipertensione e da osteoartrite, che doveva essere sottoposta a un intervento chirurgico al ginocchio. Dal momento che il trattamento pre-operatorio antipertensivo - costituito da diuretici, beta bloccanti, calcio-antagonisti e ACE inibitori - non aveva effetto, i medici hanno incoraggiato la donna a cantare, scoprendo che dopo solo due canzoni i valori pressori erano scesi sensibilmente. Non è tutto: 20 minuti di canto sono riusciti a mantenere la pressione bassa per diverse ore. Il giorno successivo al "trattamento canterino" la paziente ha potuto sottoporsi all'intervento, che è stato eseguito con successo.
"Cantare è semplice, sicuro e gratuito. I pazienti dovrebbero essere incoraggiati a farlo se lo desiderano" afferma Niu, che sottolinea come lo studio, anche se riguarda un singolo caso, dimostri l'efficacia del canto contro ipertensione e dolore, anche se precisa che, "per essere formalmente considerata una terapia alternativa, necessita di studi più ampi".
Fonte: salute24
sabato 9 aprile 2011
DEPRESSIONE POST-SESSO: NE SOFFRE UNA DONNA SU TRE
ROMA - Gli esperti ne parlano usando il suo nome ufficiale, “disforia post-coitale”, molte donne non amano parlarne affatto. Si tratta di un disturbo che, a quanto sembra, colpisce moltissime donne dopo un rapporto sessuale. Questa la novità presentata sull' “International Journal of Sexual Health” dagli scienziati della Queensland University of Technology (Australia) e della Università dello Utah a Salt Lake City (Usa): il 33% circa delle donne va in depressione subito dopo aver consumato il rapporto con il proprio parnter.
Lo studio ha esaminato la prevalenza della disforia post-coitale, che gli esperti hanno ribattezzato 'sex blues' o depressione da sesso, in un gruppo di 222 studentesse universitarie. Ben una su tre ha confessato di avere notato, almeno una volta nella vita, un cambiamento in negativo dell'umore dopo un rapporto intimo. Il 10% ha ammesso di aver sperimentato la depressione post-sesso nell'ultimo mese. Scarso il legame fra questo fenomeno e l'ipotesi che la donna abbia subito abusi sessuali nell'infanzia. La motivazione resta dunque un'incognita: proprio per questo, il team di studiosi ha intenzione di proseguire con le ricerche, fino a comporre un identikit della donna 'tipò che finisce più spesso nella morsa del 'sex blues'.
Lo studio ha esaminato la prevalenza della disforia post-coitale, che gli esperti hanno ribattezzato 'sex blues' o depressione da sesso, in un gruppo di 222 studentesse universitarie. Ben una su tre ha confessato di avere notato, almeno una volta nella vita, un cambiamento in negativo dell'umore dopo un rapporto intimo. Il 10% ha ammesso di aver sperimentato la depressione post-sesso nell'ultimo mese. Scarso il legame fra questo fenomeno e l'ipotesi che la donna abbia subito abusi sessuali nell'infanzia. La motivazione resta dunque un'incognita: proprio per questo, il team di studiosi ha intenzione di proseguire con le ricerche, fino a comporre un identikit della donna 'tipò che finisce più spesso nella morsa del 'sex blues'.
Fonte : leggo.it
MASCHI IMPOTENTI, RECORD A MILANO: TROPPE PILLOLE
MILANO - Dieta sbagliata, fumo, droga e alcol. Stili di vita a rischio ai quali aggiungono anche gli effetti dello smog. Risultato: si registra a Milano il record italiano di maschi infertili. Non solo. Gli uomini del capoluogo lombardo 'indossanò la maglia nera anche per scarsa prevenzione e sesso 'dopatò: la metà dei giovani non usa il preservativo, solo uno su 5 consulta uno specialista e cresce l'acquisto di pillole dell'amore online. Una bocciatura su tutta la linea quella che arriva dagli esperti del settore riuniti oggi all'ospedale San Paolo di Milano, per il convegno 'La prevenzione andrologica del giovane: un obiettivo strategico nazionalè, promosso dalla Siams (Società italiana di andrologia e medicina della sessualità). «Dalle nostre indagini nelle scuole - spiega Giovanni Maria Colpi, coordinatore regionale Siams della Lombardia e direttore dell'Unità di andrologia del San Paolo - emerge che un adolescente su 2 non usa il preservativo. Il 25% di questi entra in contatto con infezioni e il 12,5% contagia a sua volta la partner». I dati raccolti dal centro milanese descrivono un universo sommerso di malattie andrologiche: varicocele e problemi ai testicoli, infezioni sessuali, tumori, disturbi dell'erezione e dell'eiaculazione. «Problematiche che, se non diagnosticate in tempo, possono portare anche all'infertilità. Un giovane su 4 con problemi riproduttivi, per esempio, mostra tracce di lesioni da infezione cronica alla prostata». In altre parole, la loro infertilità si sarebbe potuta prevenire. «La nostra struttura - sottolinea Colpi - propone da oltre 10 anni un'attività capillare condotta principalmente sul territorio di Milano e provincia, che si basa su un contatto diretto con i giovani, in modo che possano essere informati su tutto ciò che riguarda le patologie andrologiche. Tematiche molto delicate di cui si parla troppo poco, anche perchè i ragazzi stessi provano vergogna e imbarazzo nell'affrontarle».
Fonte: leggo.it
Se l’amministratore va in rosso niente ricandidatura
Nelle Regioni sottoposte a piano di rientro della spesa sanitaria arriva il "fallimento politico" con sanzioni in caso di mancato rispetto del patto di stabilità interno. Lo prevede il decreto legislativo su “premi e sanzioni” nuovamente approvato dal Consiglio dei ministri di ieri. Accanto alle sanzioni però anche norme premiali per chi il patto di stabilità lo rispetta e per chi collabora con lo Stato nella lotta all’evasione fiscale.
08 APR - Il Consiglio dei ministri di ieri ha nuovamente approvato, su proposta del ministro Tremonti, il decreto legislativo: Meccanismi sanzionatori e premiali relativi a Regioni, Province e Comuni, nonchè istituzione della Conferenza permanente per il coordinamento della finanza pubblica, a norma degli articoli 2, 5, 17 e 26 della legge 5 maggio 2009, n. 42.
Il cammino del federalismo fiscale dunque va avanti e vengono previste nuove norme sanzionatorie ma anche premiali per gli amministratori.
“Il decreto – spiega il sito del Governo – mira ad introdurre nel nostro ordinamento una maggiore responsabilizzazione e trasparenza del governo delle autonomie territoriali” in quanto “il Presidente di Regione, il Presidente di Provincia e il Sindaco, in prossimità delle elezioni, dovranno redigere un inventario di fine legislatura/mandato consistente in una rendicontazione certificata e idonea ad informare i cittadini sullo stato di salute degli enti locali coordinati (a partire dalla spesa sanitaria delle Regioni)”.
Qualora i risultati determinati non fossero “in linea con gli obiettivi assegnati, lo schema del decreto – riferisce ancora il sito del Governo – prevede il fallimento politico del Presidente di Regione, di Provincia e del Sindaco, con sanzioni molto pesanti come la decadenza automatica, l’interdizione per dieci anni da qualsiasi carica in enti pubblici, ineleggibilità per dieci anni, la restituzione da parte del partito, lista o coalizione di appartenenza, del 30% del contributo elettorale incassato. Sanzioni altrettanto pesanti sono previste per gli assessori, i direttori generali e amministrativi.
Inoltre, se un Ente fa un ripetuto utilizzo dell’anticipazione di tesoreria; o abbia un disequilibrio consolidato della parte corrente del bilancio e in caso di anomalie nelle modalità di gestione dei servizi per conto di terzi, scatta la verifica ministeriale sulla regolarità della gestione amministrativo-contabile”.
Il provvedimento che ora verrà esaminato dalla conferenza unificata Stato-regioni per poi passare al vaglio della commissione parlamentare per l’attuazione del federalismo fiscale è diviso in due parti. La prima, articoli 1 –7, prevede meccanismi sanzionatori, la seconda, articoli 8 – 12, prevede norme premiali per quegli amministratori che abbiamo rispettato il patto di stabilità interno.
Il documento in sintesi
MECCANISMI SANZIONATORI
Inventario di fine legislatura
Le Regioni che sono sottoposte ad un piano di rientro della spesa sanitaria “sono tenute a redigere
un inventario di fine legislatura” entro e “non oltre venti giorni dal provvedimento di indizione delle elezioni esso deve risultare certificato dagli organi di controllo interno regionale”.
L’inventario è pubblicato sul sito istituzionale della Regione almeno dieci giorni prima delle elezioni. La verifica è effettuata dai Tavoli tecnici deputati alla verifica dell'attuazione dei Piani di rientro. Lo stesso inventario di fine legislatura può essere istituito anche dalle altre Regioni.
Fallimento politico del presidente della giunta regionale
Il dissesto finanziario è considerato grave violazione di legge e il Presidente del Consiglio dei Ministri, sentita la Commissione parlamentare per le questioni regionali e previa delibera del Cdm propone al Presidente della Repubblica “la rimozione del Presidente della Giunta regionale per fallimento nel proprio mandato di amministrazione dell’ente Regione”. Il Presidente rimosso viene così ad essere “interdetto da qualsiasi carica in enti vigilati o partecipati da enti pubblici per un periodo di tempo di dieci anni”.
Questo comporterà anche la decurtazione del 30% del rimborso elettorale per il partito politico, la lista o la coalizione che presentino nuovamente la candidatura del Presidente rimosso qualora non siano decorsi dieci anni dalla rimozione.
Decadenza automatica
Il verificarsi del grave dissesto finanziario determina la decadenza automatica dei “direttori generali, amministrativi e sanitari degli enti del servizio sanitario regionale, nonché dell’assessorato regionale competente di cui sia stata verificata la responsabilità del dissesto”.
Agli stessi è applicata l’interdizione da qualsiasi carica in enti vigilati o partecipati da enti pubblici per un periodo di tempo da sette a dieci anni.
Inventario di fine mandato provinciale e comunale
Come per le regioni anche le province e i comuni che si trovano in situazione di dissesto finanziario sono tenuti a redigere un inventario di fine mandato.
Fallimento politico del presidente di provincia e del sindaco
Anche i sindaci e i presidenti di provincia ritenuti responsabili di dissesti per dieci anni non sono eleggibili alle cariche di “Sindaco, di Presidente di Provincia, di Presidente di Giunta regionale, nonché di membro dei consigli comunali, dei consigli provinciali, delle assemblee e dei consigli regionali, del Parlamento e del Parlamento europeo”.
Mancato rispetto del patto di stabilità interno
A partire dal 2014 la regione, la provincia autonoma e anche l’ente locale inadempiente nei confronti del patto di stabilità interno, l’anno successivo all’inadempienza sono tenuti “a versare all’entrata del bilancio statale l’importo corrispondente alla differenza tra il risultato registrato e l’obiettivo programmatico predeterminato. Per gli enti per i quali il patto di stabilità è riferito al livello della spesa, si assume quale differenza il maggiore degli scostamenti registrati in termini di cassa o di competenza”. Inoltre in caso di mancato versamento “si procede, nei 60 giorni successivi, al recupero di detto scostamento a valere sulle giacenze depositate nei conti aperti presso la tesoreria statale. Trascorso inutilmente il termine perentorio stabilito dalla normativa vigente per la
trasmissione della certificazione da parte dell’ente territoriale, si procede al blocco di
qualsiasi prelievo dai conti della tesoreria statale sino a quando la certificazione non viene
acquisita”.
MECCANISMI PREMIALI
Patto di stabilità interno
Gli enti “virtuosi” che hanno rispettato il patto di stabilità interno “possono, nell’anno successivo a
quello di riferimento, ridurre l’obiettivo del patto stesso di un importo determinato con decreto
del Ministero dell’economia e delle finanze, sentita la Conferenza permanente per il coordinamento della finanza pubblica”. Il provvedimento considera adempienti le Regioni a statuto ordinario che hanno registrato “un rapporto uguale o inferiore alla media nazionale fra spesa di personale e spesa corrente al netto delle spese per i ripiani dei disavanzi sanitari e del surplus di spesa rispetto agli obiettivi programmati dal patto di stabilità e che hanno rispettato il patto di stabilità interno”.
Contrasto all’evasione fiscale
In una logica di contrasto all’evasione fiscale alle regioni e province che partecipano attivamente all’accertamento fiscale è riconosciuta una quota pari al 50 per cento delle maggiori somme relative a tributi statali riscosse a titolo definitivo, a seguito dell’intervento della Regione o della Provincia che abbia contribuito all’accertamento stesso.

fonte: QS
08 APR - Il Consiglio dei ministri di ieri ha nuovamente approvato, su proposta del ministro Tremonti, il decreto legislativo: Meccanismi sanzionatori e premiali relativi a Regioni, Province e Comuni, nonchè istituzione della Conferenza permanente per il coordinamento della finanza pubblica, a norma degli articoli 2, 5, 17 e 26 della legge 5 maggio 2009, n. 42.
Il cammino del federalismo fiscale dunque va avanti e vengono previste nuove norme sanzionatorie ma anche premiali per gli amministratori.
“Il decreto – spiega il sito del Governo – mira ad introdurre nel nostro ordinamento una maggiore responsabilizzazione e trasparenza del governo delle autonomie territoriali” in quanto “il Presidente di Regione, il Presidente di Provincia e il Sindaco, in prossimità delle elezioni, dovranno redigere un inventario di fine legislatura/mandato consistente in una rendicontazione certificata e idonea ad informare i cittadini sullo stato di salute degli enti locali coordinati (a partire dalla spesa sanitaria delle Regioni)”.
Qualora i risultati determinati non fossero “in linea con gli obiettivi assegnati, lo schema del decreto – riferisce ancora il sito del Governo – prevede il fallimento politico del Presidente di Regione, di Provincia e del Sindaco, con sanzioni molto pesanti come la decadenza automatica, l’interdizione per dieci anni da qualsiasi carica in enti pubblici, ineleggibilità per dieci anni, la restituzione da parte del partito, lista o coalizione di appartenenza, del 30% del contributo elettorale incassato. Sanzioni altrettanto pesanti sono previste per gli assessori, i direttori generali e amministrativi.
Inoltre, se un Ente fa un ripetuto utilizzo dell’anticipazione di tesoreria; o abbia un disequilibrio consolidato della parte corrente del bilancio e in caso di anomalie nelle modalità di gestione dei servizi per conto di terzi, scatta la verifica ministeriale sulla regolarità della gestione amministrativo-contabile”.
Il provvedimento che ora verrà esaminato dalla conferenza unificata Stato-regioni per poi passare al vaglio della commissione parlamentare per l’attuazione del federalismo fiscale è diviso in due parti. La prima, articoli 1 –7, prevede meccanismi sanzionatori, la seconda, articoli 8 – 12, prevede norme premiali per quegli amministratori che abbiamo rispettato il patto di stabilità interno.
Il documento in sintesi
MECCANISMI SANZIONATORI
Inventario di fine legislatura
Le Regioni che sono sottoposte ad un piano di rientro della spesa sanitaria “sono tenute a redigere
un inventario di fine legislatura” entro e “non oltre venti giorni dal provvedimento di indizione delle elezioni esso deve risultare certificato dagli organi di controllo interno regionale”.
L’inventario è pubblicato sul sito istituzionale della Regione almeno dieci giorni prima delle elezioni. La verifica è effettuata dai Tavoli tecnici deputati alla verifica dell'attuazione dei Piani di rientro. Lo stesso inventario di fine legislatura può essere istituito anche dalle altre Regioni.
Fallimento politico del presidente della giunta regionale
Il dissesto finanziario è considerato grave violazione di legge e il Presidente del Consiglio dei Ministri, sentita la Commissione parlamentare per le questioni regionali e previa delibera del Cdm propone al Presidente della Repubblica “la rimozione del Presidente della Giunta regionale per fallimento nel proprio mandato di amministrazione dell’ente Regione”. Il Presidente rimosso viene così ad essere “interdetto da qualsiasi carica in enti vigilati o partecipati da enti pubblici per un periodo di tempo di dieci anni”.
Questo comporterà anche la decurtazione del 30% del rimborso elettorale per il partito politico, la lista o la coalizione che presentino nuovamente la candidatura del Presidente rimosso qualora non siano decorsi dieci anni dalla rimozione.
Decadenza automatica
Il verificarsi del grave dissesto finanziario determina la decadenza automatica dei “direttori generali, amministrativi e sanitari degli enti del servizio sanitario regionale, nonché dell’assessorato regionale competente di cui sia stata verificata la responsabilità del dissesto”.
Agli stessi è applicata l’interdizione da qualsiasi carica in enti vigilati o partecipati da enti pubblici per un periodo di tempo da sette a dieci anni.
Inventario di fine mandato provinciale e comunale
Come per le regioni anche le province e i comuni che si trovano in situazione di dissesto finanziario sono tenuti a redigere un inventario di fine mandato.
Fallimento politico del presidente di provincia e del sindaco
Anche i sindaci e i presidenti di provincia ritenuti responsabili di dissesti per dieci anni non sono eleggibili alle cariche di “Sindaco, di Presidente di Provincia, di Presidente di Giunta regionale, nonché di membro dei consigli comunali, dei consigli provinciali, delle assemblee e dei consigli regionali, del Parlamento e del Parlamento europeo”.
Mancato rispetto del patto di stabilità interno
A partire dal 2014 la regione, la provincia autonoma e anche l’ente locale inadempiente nei confronti del patto di stabilità interno, l’anno successivo all’inadempienza sono tenuti “a versare all’entrata del bilancio statale l’importo corrispondente alla differenza tra il risultato registrato e l’obiettivo programmatico predeterminato. Per gli enti per i quali il patto di stabilità è riferito al livello della spesa, si assume quale differenza il maggiore degli scostamenti registrati in termini di cassa o di competenza”. Inoltre in caso di mancato versamento “si procede, nei 60 giorni successivi, al recupero di detto scostamento a valere sulle giacenze depositate nei conti aperti presso la tesoreria statale. Trascorso inutilmente il termine perentorio stabilito dalla normativa vigente per la
trasmissione della certificazione da parte dell’ente territoriale, si procede al blocco di
qualsiasi prelievo dai conti della tesoreria statale sino a quando la certificazione non viene
acquisita”.
MECCANISMI PREMIALI
Patto di stabilità interno
Gli enti “virtuosi” che hanno rispettato il patto di stabilità interno “possono, nell’anno successivo a
quello di riferimento, ridurre l’obiettivo del patto stesso di un importo determinato con decreto
del Ministero dell’economia e delle finanze, sentita la Conferenza permanente per il coordinamento della finanza pubblica”. Il provvedimento considera adempienti le Regioni a statuto ordinario che hanno registrato “un rapporto uguale o inferiore alla media nazionale fra spesa di personale e spesa corrente al netto delle spese per i ripiani dei disavanzi sanitari e del surplus di spesa rispetto agli obiettivi programmati dal patto di stabilità e che hanno rispettato il patto di stabilità interno”.
Contrasto all’evasione fiscale
In una logica di contrasto all’evasione fiscale alle regioni e province che partecipano attivamente all’accertamento fiscale è riconosciuta una quota pari al 50 per cento delle maggiori somme relative a tributi statali riscosse a titolo definitivo, a seguito dell’intervento della Regione o della Provincia che abbia contribuito all’accertamento stesso.

fonte: QS
Cassazione: no a interventi senza speranza. Confermata condanna medici per "omicidio colposo"
08 APR - Un paziente a cui resta poco tempo da vivere non deve essere sottoposto ad alcun intervento se è evidente che questo non potrà portare alcun beneficio per la salute né un miglioramento della qualità di vita. E questo anche se il paziente è stato informato sui rischi ed è consenziente. Lo stabilisce la sentenza 13746 della IV sezione penale della Corte di Cassazione, che ha confermato la condanna per un chirurgo e altri due medici dell'ospedale San Giovanni di Roma ricordando, tra l'altro, che tale agire è contro il Codice deontologico medico.
Il caso risale al 2001, quando i tre medici avevano sottoposto ad intervento una donna di 43 anni con tumore al pancreas e metastasi, alla quale erano stati annunciati solo 6 mesi di vita. Considerate le condizioni della donna, secondo i giudici quello dei medici è stato un "inutile accanimento diagnostico-terapeutico". Per questo la condanna non ha riguardato solo l'omicidio colposo per la lesione della milza durante l'inutile tentativo di asportarle le ovaie, ma anche la decisione di voler effettuare l'intervento chirurgico, contraria, secondo i giudici, ad ogni criterio della responsabilità, della scienza e della coscienza medica.
"Nel caso concreto – sottolinea la Cassazione - date le condizioni indiscusse ed indiscutibili della paziente (affetta da neoplasia pancreatica con diffusione generalizzata, alla quale restavano pochi mesi di vita e come tale da ritenersi inoperabile) non era possibile fondatamente attendersi dall'intervento un beneficio per la salute e/o un miglioramento della qualità della vita". Questo anche se l'intervento, prosegue la Cassazione, era stato "eseguito in presenza di consenso informato della donna 44enne, madre di due bambine e dunque disposta a tutto pur di ottenere un sia pur breve prolungamento della vita". "I chirurghi pertanto - aggiunge la Cassazione - avevano agito in dispregio al codice deontologico che fa divieto di trattamenti informati a forme di inutile accanimento diagnostico-terapeutico".
Il caso risale al 2001, quando i tre medici avevano sottoposto ad intervento una donna di 43 anni con tumore al pancreas e metastasi, alla quale erano stati annunciati solo 6 mesi di vita. Considerate le condizioni della donna, secondo i giudici quello dei medici è stato un "inutile accanimento diagnostico-terapeutico". Per questo la condanna non ha riguardato solo l'omicidio colposo per la lesione della milza durante l'inutile tentativo di asportarle le ovaie, ma anche la decisione di voler effettuare l'intervento chirurgico, contraria, secondo i giudici, ad ogni criterio della responsabilità, della scienza e della coscienza medica.
"Nel caso concreto – sottolinea la Cassazione - date le condizioni indiscusse ed indiscutibili della paziente (affetta da neoplasia pancreatica con diffusione generalizzata, alla quale restavano pochi mesi di vita e come tale da ritenersi inoperabile) non era possibile fondatamente attendersi dall'intervento un beneficio per la salute e/o un miglioramento della qualità della vita". Questo anche se l'intervento, prosegue la Cassazione, era stato "eseguito in presenza di consenso informato della donna 44enne, madre di due bambine e dunque disposta a tutto pur di ottenere un sia pur breve prolungamento della vita". "I chirurghi pertanto - aggiunge la Cassazione - avevano agito in dispregio al codice deontologico che fa divieto di trattamenti informati a forme di inutile accanimento diagnostico-terapeutico".
giovedì 7 aprile 2011
Le donne che lavorano su turni hanno un ciclo irregolare
Le donne che lavorano su turni hanno una maggiore probabilità di avere un ciclo mestruale irregolare: è quanto sostiene uno studio condotto presso il National Institute for Occupational Safety and Health e pubblicato sulla rivista Epidemiology.
I ricercatori hanno seguito più di 71000 infermiere, donne abituate a lavorare su turni e hanno verificato che queste donne hanno spesso cicli mestruali irregolari.
Il motivo per cui queste donne hanno cicli irregolari non è del tutto chiaro, ma intuitivamente si può pensare che alternare giorni in cui si lavora di giorno e giorni in cui si lavora di notte comporta un continuo scombussolamento dei ritmi circadiani, con irregolare produzione di melatonina e con cicli mestruali che sono o molto brevi o molto prolungati nel tempo.
Dallo studio è anche emerso che sono soprattutto le donne obese o in sovrappeso che lavorano su turni ad avere un ciclo mestruale irregolare.
I ricercatori consigliano perciò, a tutte le donne che lavorano su turni di prendersi cura di se stesse, di recuperare il sonno perduto durante le ore lavorative notturne il prima possibile e di curare la loro alimentazione e di fare sempre attività fisica.
(fonte: proterin.net)
I ricercatori hanno seguito più di 71000 infermiere, donne abituate a lavorare su turni e hanno verificato che queste donne hanno spesso cicli mestruali irregolari.
Il motivo per cui queste donne hanno cicli irregolari non è del tutto chiaro, ma intuitivamente si può pensare che alternare giorni in cui si lavora di giorno e giorni in cui si lavora di notte comporta un continuo scombussolamento dei ritmi circadiani, con irregolare produzione di melatonina e con cicli mestruali che sono o molto brevi o molto prolungati nel tempo.
Dallo studio è anche emerso che sono soprattutto le donne obese o in sovrappeso che lavorano su turni ad avere un ciclo mestruale irregolare.
I ricercatori consigliano perciò, a tutte le donne che lavorano su turni di prendersi cura di se stesse, di recuperare il sonno perduto durante le ore lavorative notturne il prima possibile e di curare la loro alimentazione e di fare sempre attività fisica.
(fonte: proterin.net)
Abuso autorizzato della professione infermieristica
Navigando on line mi sono imbattuto in una cosa sconcertante, sbalordiente, deprimente, allucinante! Un ABUSO autorizzato della PROFESSIONE INFERMIERISTICA. Il 13 gennaio 2011 viene pubblicata sulla gazzetta ufficiale n°9 il DM 9/11/2010 citato così: disciplina del corso di studio delle Infermiere volontarie della croce rossa italiana. Do un’occhiata e resto allibito dal contenuto. Queste persone con una formazione pseudo infermieristica biennale, vengono equiparate all’infermiere professionista in tutto e per tutto con tanto di titolo, profilo e codice deontologico.
Riporto testualmente solo alcuni passi:
- identificare il rischio di lesioni da pressione e predisporre il piano di prevenzione e cura;
- somministrare terapia (curativa e preventiva) per via parenterale, enterale e topica;
- rilevare parametri vitali;
- effettuare e cambiare medicazioni semplici e complesse; (PRATICAMENTE TUTTO?)
- controllare e assister e la somministrazione delle diete;
- collaborare nelle procedure invasive applicando i rispettivi protocolli; (OVVERO TUTTO? PARACENTESI, TORACENTESI, STRUMENTAZIONE IN SALA OPER., INTUBAZIONE….?)
- provvedere al posizionamento e controllo del cateterino venoso periferico, sondino naso gastrico, catetere vescicale;
- provvedere all’esecuzione degli esami ematochimici sia venosi che arteriosi (I GENERICI IN OSPEDALE NON LO POSSONO FARE E LORO SI);
- definire gli obiettivi, pianificare interventi, attuare e valutare i risultati; (DEFINIRE DIAGNOSI INFERMIERISTICHE?)
ecc. ecc. ecc………… tutto questo con ben 15 ore di anatomia, 18 di farmacologia…..e poi ancora, qualche parola tratta dal loro profilo che magari vi potrà sembrare già sentita da qualche parte:
- L’infermiera Volontaria considera la salute come bene fondamentale della persona e della collettività….
- …tende a migliorare le proprie conoscenze partecipando ad esercitazioni e a corsi di formazione permanente… (POTRA’ FREQUENTARE I NOSTRI CORSI ECM SENZA PERO’ AVERNE L’OBBLIGATORIETA’ DEI CREDITI)
- L’assistenza è di natura tecnica, relazionale ed educativa… è rivolta all’età evolutiva, adulta e geriatrica… riguarda gli aspetti preventivi, educativi, palliativi e riabilitativi…
- L’infermiera Volontaria della CRI è tenuta ad osservare rigorosamente il segreto professionale, in quanto infermiera….
ma attenzione, la parte più carina secondo me è questa:
- L’Infermiera Volontaria svolge servizi socio-sanitari presso unità sanitarie territoriali e mobili della croce rossa, delle forze armate, del dipartimento di Protezione Civile …e dal Servizio Sanitario Nazionale.
Insomma, non ci sono vincoli, NIENTE TEST D’INGRESSO, il piano di studi è più o meno quello dell’oss, se non meno, non devi pagare tasse universitarie, non devi iscriverti e pagare un albo professionale, non sei responsabile penalmente e civilmente, non devi pagare per raggiungere il limite dei crediti ecm ma sei un’INFERMIERA! (scrivo appositamente al femminile perché per assurdo, l’unico vincolo veramente necessario, è che sia rivolto solo alle donne). Ah un’ultima cosa, per un principio di sana democrazia, leggo: “ il Consiglio di Corso, ai fini dell’ammissione valuterà il curriculum formativo….” (E ADDIRITTURA stabilisce DIRETTAMENTE) “l’eventuale riduzione di corso o l’inserimento al secondo anno”.
Non so che dire, ragazzi, tra ossS con formazione complementare e quest’altra novità mi verrebbe voglia di alzare le mani!
Io credo che già utilizzare il termine “infermiere” per una persona che non ha i requisiti per esserlo per la legge italiana (titolo di studio, percorso formativo, iscrizione all’albo) sia già un reato di per sé perseguibile, ma addirittura questo decreto mi sembra inaudito.
Secondo il mio modesto parere, dovremmo appellarci a qualcuno, affinchè questo ABUSO AUTORIZZATO e riconosciuto con tanto di decreto, DELLA PROFESSIONE INFERMIERISTICA venga messo messo in discussione.
Ripeto che per la legge italiana non sono, o per meglio dire, non sarebbero Professionisti Infermieri ma Infermiere Volontarie. Cosa cambia?
Esprimete pure il vostro parere, cosa ne pensate?
PS: mi viene un dubbio, ma i medici della CRI studiano anche loro in un corso organizzato della croce rossa??? ….. (ERA IRONICO)
PS2: a chi dice che gli infermieri in Italia non ci sono… il 5/4/2011 per un concorso da 3 posti (di cui uno riservato) a Reggio Emilia c’erano più o meno 2200-2400 infermieri!
Se volete leggere per intero il testo, questo è il link della cri:
http://cri.it/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/272 e questo il link del decreto: http://cri.it/flex/cm/pages/ServeAttachment.php/L/IT/D/2%252F4%252Fb%252FD.3be899238317b4a0ce89/P/BLOB%3AID%3D272
Saluti
Marco Romitelli
(fonte:proterin)
Riporto testualmente solo alcuni passi:
- identificare il rischio di lesioni da pressione e predisporre il piano di prevenzione e cura;
- somministrare terapia (curativa e preventiva) per via parenterale, enterale e topica;
- rilevare parametri vitali;
- effettuare e cambiare medicazioni semplici e complesse; (PRATICAMENTE TUTTO?)
- controllare e assister e la somministrazione delle diete;
- collaborare nelle procedure invasive applicando i rispettivi protocolli; (OVVERO TUTTO? PARACENTESI, TORACENTESI, STRUMENTAZIONE IN SALA OPER., INTUBAZIONE….?)
- provvedere al posizionamento e controllo del cateterino venoso periferico, sondino naso gastrico, catetere vescicale;
- provvedere all’esecuzione degli esami ematochimici sia venosi che arteriosi (I GENERICI IN OSPEDALE NON LO POSSONO FARE E LORO SI);
- definire gli obiettivi, pianificare interventi, attuare e valutare i risultati; (DEFINIRE DIAGNOSI INFERMIERISTICHE?)
ecc. ecc. ecc………… tutto questo con ben 15 ore di anatomia, 18 di farmacologia…..e poi ancora, qualche parola tratta dal loro profilo che magari vi potrà sembrare già sentita da qualche parte:
- L’infermiera Volontaria considera la salute come bene fondamentale della persona e della collettività….
- …tende a migliorare le proprie conoscenze partecipando ad esercitazioni e a corsi di formazione permanente… (POTRA’ FREQUENTARE I NOSTRI CORSI ECM SENZA PERO’ AVERNE L’OBBLIGATORIETA’ DEI CREDITI)
- L’assistenza è di natura tecnica, relazionale ed educativa… è rivolta all’età evolutiva, adulta e geriatrica… riguarda gli aspetti preventivi, educativi, palliativi e riabilitativi…
- L’infermiera Volontaria della CRI è tenuta ad osservare rigorosamente il segreto professionale, in quanto infermiera….
ma attenzione, la parte più carina secondo me è questa:
- L’Infermiera Volontaria svolge servizi socio-sanitari presso unità sanitarie territoriali e mobili della croce rossa, delle forze armate, del dipartimento di Protezione Civile …e dal Servizio Sanitario Nazionale.
Insomma, non ci sono vincoli, NIENTE TEST D’INGRESSO, il piano di studi è più o meno quello dell’oss, se non meno, non devi pagare tasse universitarie, non devi iscriverti e pagare un albo professionale, non sei responsabile penalmente e civilmente, non devi pagare per raggiungere il limite dei crediti ecm ma sei un’INFERMIERA! (scrivo appositamente al femminile perché per assurdo, l’unico vincolo veramente necessario, è che sia rivolto solo alle donne). Ah un’ultima cosa, per un principio di sana democrazia, leggo: “ il Consiglio di Corso, ai fini dell’ammissione valuterà il curriculum formativo….” (E ADDIRITTURA stabilisce DIRETTAMENTE) “l’eventuale riduzione di corso o l’inserimento al secondo anno”.
Non so che dire, ragazzi, tra ossS con formazione complementare e quest’altra novità mi verrebbe voglia di alzare le mani!
Io credo che già utilizzare il termine “infermiere” per una persona che non ha i requisiti per esserlo per la legge italiana (titolo di studio, percorso formativo, iscrizione all’albo) sia già un reato di per sé perseguibile, ma addirittura questo decreto mi sembra inaudito.
Secondo il mio modesto parere, dovremmo appellarci a qualcuno, affinchè questo ABUSO AUTORIZZATO e riconosciuto con tanto di decreto, DELLA PROFESSIONE INFERMIERISTICA venga messo messo in discussione.
Ripeto che per la legge italiana non sono, o per meglio dire, non sarebbero Professionisti Infermieri ma Infermiere Volontarie. Cosa cambia?
Esprimete pure il vostro parere, cosa ne pensate?
PS: mi viene un dubbio, ma i medici della CRI studiano anche loro in un corso organizzato della croce rossa??? ….. (ERA IRONICO)
PS2: a chi dice che gli infermieri in Italia non ci sono… il 5/4/2011 per un concorso da 3 posti (di cui uno riservato) a Reggio Emilia c’erano più o meno 2200-2400 infermieri!
Se volete leggere per intero il testo, questo è il link della cri:
http://cri.it/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/272 e questo il link del decreto: http://cri.it/flex/cm/pages/ServeAttachment.php/L/IT/D/2%252F4%252Fb%252FD.3be899238317b4a0ce89/P/BLOB%3AID%3D272
Saluti
Marco Romitelli
(fonte:proterin)
Il San Raffaele chiude, sit-in alla Regione
Il San Raffaele chiude, sit-in alla Regione
«Polverini, fatti e non parole»
Protesta di dipendenti e pazienti contro la chiusura delle cliniche del gruppo. Incontro tra i vertici e la governatrice: venerdì tavolo tecnico
ROMA - Personale, associazioni e pazienti. Tutti sotto alla Regione. Per salvare oltre 3mila posti di lavoro e più di duemila posti letto. Così il San Raffaele si è presentato giovedì mattina sotto il palazzo di viale Cristoforo Colombo. «Diritto alla salute e al lavoro», «Sanità privata, dignità negata», «Fatti e non parole». Sono alcune delle scritte esposte proprio davanti ai cancelli della Regione.LICENZIAMENTI E DIMISSIONI - «La Tosinvest San Raffaele Spa, gruppo della famiglia Angelucci attivo nel campo della riabilitazione, ha annunciato l'avvio delle procedure di cessazione delle attività sanitarie del gruppo operanti nella Regione Lazio. Decisione che si traduce con il licenziamento collettivo di 3.171 dipendenti e le dimissioni anticipate di 2.283 pazienti che dal 15 aprile dovranno essere ricollocati in altri presidi ospedalieri», spiega in una nota il Comitato per la difesa del San Raffaele.
INCONTRO CON LA POLVERINI - Nel corso della mattinata si è poi svolto un incontro tra sindacati e amministrazione che ha aperto ufficialmente il tavolo con cui risolvere la vertenza. «Al termine del confronto - comunica una nota della Regione Lazio - è stata raggiunta una intesa su un percorso di lavoro, condiviso nei suoi punti salienti, lungo il quale procedere per arrivare a una possibile e auspicabile soluzione delle diverse problematiche riferite al Gruppo, a cominciare dalla tutela dei pazienti e dei lavoratori. Già venerdì pomeriggio si apriranno tavoli tecnici per entrare nel merito dei singoli temi oggetto del confronto».
IL SAN RAFFAELE: INCONTRO POSITIVO - In una nota anche i rappresentanti del San Raffaele fanno sapere che durante l'incontro «da parte della Regione Lazio, è stato manifestato l’apprezzamento per le attività assistenziali e di ricerca svolte dalle Strutture del San Raffaele, ritenute una risorsa indispensabile nel panorama della sanità regionale. L’incontro è stato caratterizzato da reciproco rispetto e da uno spirito costruttivo teso, da ambo le parti, a risolvere concretamente tutte le questioni sollevate dal Gruppo San Raffaele e che lo hanno costretto ad avviare le procedure di chiusura dell’attività e di licenziamento di tutto il personale».
«SOLUZIONE DEFINITIVA» - Ma il rischio chiusura resta: «Pur in presenza di possibilità di soluzione, come emerse dall’incontro istituzionale di stamattina, l’Azienda non può ancora revocare, (le procedure di chiusura, ndr) fino a quando non si arriverà alla soluzione definitiva e concreta di tutti le problematiche sollevate. A tale scopo, le parti hanno condiviso la necessità urgente ed indifferibile di arrivare a determinazioni regionali rapide e definitive entro il termine del 15 aprile e, conseguentemente, hanno stabilito di rivedersi venerdì alle ore 15.00, in un incontro anche a livello tecnico operativo, per proseguire il percorso oggi avviato, con un puntuale crono-programma che affronti tutte le questioni aperte».
STIPENDI ARRETRATI - Intanto, fa sapere sempre il San Raffaele, «l’Azienda, avendo ricevuto una, seppur, minima parte di alcuni dei pagamenti dovuti, pur permanendo una gravissima tensione finanziaria, ha deciso di destinare tutte queste risorse al pagamento degli stipendi dei lavoratori, che si era vista costretta a sospendere.

Fonte: corriere.it
lunedì 4 aprile 2011
Scherzano e fumano in rianimazione sospesi medici e infermieri a Grosseto
Tutti sospesi per quelle foto pubblicate su Facebook. C'è chi ride, chi scherza, addirittura chi si fuma sigarette mentre nella stanza accanto ci sono persone in coma. Succede all'ospedale Misericordia e Dolce di Grosseto, dove quattro sanitari, fra medici e infermieri, stamani sono stati sospesi dal servizio dall'Asl locale per aver commesso "fatti che rivestono caratteristiche di gravità inaudita", precisa l'azienda sanitaria. L'episodio risale a un anno e mezzo fa, ma le immagini sono state pubblicate stamani dal Corriere della Maremma su segnalazione di una cittadina indignata. Aveva visto gli scatti sul profilo Facebook di uno dei dipendenti dell'ospedale. Le foto ritraggono il personale mentre fuma nel reparto e gioca fasciandosi con garze, bende, cerotti.
Le foto pubblicate dal Corriere di Maremma
"Sono indignata - scrive la lettrice che ha segnalato la vicenda al giornale - per il solo fatto che malati inconsapevoli possano esser stati scherniti con così tanta scioltezza. Per il senso civico ritengo opportuno rendere noto questo fatto tanto increscioso affinchè non accada mai più". La donna evidenzia anche la mancanza di "rispetto per la sofferenza altrui". "E' stata calpestata la privacy - aggiunge la lettrice - E' stato scambiato l'ospedale per una sala da biliardo con tanto di sigarette accese e il reparto di rianimazione, coi pazienti in coma, per un ridicolo carnevale".
I sanitari sospesi sono quattro, un medici e tre infermieri. Dai primi accertamenti svolti - riferisce ancora la Asl maremmana che ha avviato un'indagine interna -, l'episodio è riconducibile a circa un anno e mezzo fa e sono da escludere coinvolgimenti diretti dei pazienti ricoverati anche se i fatti rappresentati rivestono comunque caratteristiche di gravità inaudita". Ma l'azienda esprime comunque "stupore e indignazione per quanto appare dalle immagini pubblicate oggi sul Corriere di Maremma. Il fatto è giudicato gravissimo e offensivo per i pazienti e per l'impegno che, in maniera professionale, il complesso degli operatori della rianimazione e, in senso ancora più ampio, dell'intero ospedale, prestano quotidianamente ai ricoverati e ai cittadini".
Durissimo il commento del sindaco di Grosseto Emilio Bonifazi: "Quanto accaduto è vergognoso. E la sospensione immediata è una scelta doverosa nei confronti dei pazienti e di tutti gli altri operatori del Misericordia. Sono convinto della necessità di seri provvedimenti disciplinari per individui che hanno dimostrato di non avere rispetto di niente, né della dignità né della sofferenza delle persone che si rivolgono con fiducia all'assistenza di un ospedale pubblico". Anche l'assessore regionale alla sanità, Daniele Scaramuccia, si dice "sbigottita", esprime "sgomento e incredulità" e ringrazia l'Asl grossetana per la tempestività con cui ha preso provvedimenti.

(fonte: Proterin.net)
Le foto pubblicate dal Corriere di Maremma
"Sono indignata - scrive la lettrice che ha segnalato la vicenda al giornale - per il solo fatto che malati inconsapevoli possano esser stati scherniti con così tanta scioltezza. Per il senso civico ritengo opportuno rendere noto questo fatto tanto increscioso affinchè non accada mai più". La donna evidenzia anche la mancanza di "rispetto per la sofferenza altrui". "E' stata calpestata la privacy - aggiunge la lettrice - E' stato scambiato l'ospedale per una sala da biliardo con tanto di sigarette accese e il reparto di rianimazione, coi pazienti in coma, per un ridicolo carnevale".
I sanitari sospesi sono quattro, un medici e tre infermieri. Dai primi accertamenti svolti - riferisce ancora la Asl maremmana che ha avviato un'indagine interna -, l'episodio è riconducibile a circa un anno e mezzo fa e sono da escludere coinvolgimenti diretti dei pazienti ricoverati anche se i fatti rappresentati rivestono comunque caratteristiche di gravità inaudita". Ma l'azienda esprime comunque "stupore e indignazione per quanto appare dalle immagini pubblicate oggi sul Corriere di Maremma. Il fatto è giudicato gravissimo e offensivo per i pazienti e per l'impegno che, in maniera professionale, il complesso degli operatori della rianimazione e, in senso ancora più ampio, dell'intero ospedale, prestano quotidianamente ai ricoverati e ai cittadini".
Durissimo il commento del sindaco di Grosseto Emilio Bonifazi: "Quanto accaduto è vergognoso. E la sospensione immediata è una scelta doverosa nei confronti dei pazienti e di tutti gli altri operatori del Misericordia. Sono convinto della necessità di seri provvedimenti disciplinari per individui che hanno dimostrato di non avere rispetto di niente, né della dignità né della sofferenza delle persone che si rivolgono con fiducia all'assistenza di un ospedale pubblico". Anche l'assessore regionale alla sanità, Daniele Scaramuccia, si dice "sbigottita", esprime "sgomento e incredulità" e ringrazia l'Asl grossetana per la tempestività con cui ha preso provvedimenti.
(fonte: Proterin.net)
Fare sport e una dieta sana gli alleati contro il diabete
Bologna, 1 aprile 2011 - Il minimo? Due ore e mezza di esercizio fisico intenso, da diluire in almeno tre appuntamenti la settimana. Per chi soffre di diabete l’attività fisica è una vera e propria cura, utile tanto quanto una alimentazione corretta. Negli Usa sono arrivati a definire la 'quantità' minima di sport suggerita ad ogni paziente. Lo hanno fatto gli esperti dell’American Diabetes Association insieme con l’American College of Sports Medicine.
È importante che il medico possa valutare caso per caso. Solo regolari controlli possono indicare il compenso del diabete, come ad esempio l’emoglobina glicata, che informa sui valori della glicemia nei tre mesi precendenti il test ed è più efficace della semplice glicemia occasionale. A ricordarlo sono gli esperti che anche nel 2011 hanno sposato la causa della campagna BCD intitolata 'Buon compenso del diabete', promossa da International Diabetes Federation (IDF) con Diabete Italia e le associazioni scientifiche e di pazienti impegnate nella lotta alla malattia.
"Benché gli indicatori rilevati dal VI Report Health Search 2009-10 (studio condotto dai medici di medicina generale, ndr.) accertino un miglioramento nel controllo della patologia diabetica nel corso degli ultimi anni, ancora molta strada resta da fare sia in termini di gestione ottimale della malattia, sia in termini di prevenzione — spiega Massimo Massi-Benedetti, Chairman della Science Task Force di IDF.
Fondamentale, come indicato anche dall’Onu, anche in un’ottica di sostenibilità della spesa sanitaria, intervenire in maniera incisiva dell’educazione ai corretti stili di vita. Per questo nel 2011 la campagna entrerà anche nelle scuole, con la veicolazione di kit didattici, e nel mondo del lavoro, con attività di informazione e screening all’interno delle più grandi aziende in tutta Italia".
Tornando all’attività fisica come 'terapia' del diabete – la campagna si giova anche della collaborazione con Fondazione Milan – i vantaggi sono molteplici. Se ci si muove regolarmente, si migliora la sensibilità all’insulina,
l’ormone che ha il compito di tamponare l’eccesso di glicemia, e aumentano le opportunità di difendersi dalle condizioni negative che spesso si associano al diabete stesso. Ad esempio la pratica sportiva fa abbassare la pressione arteriosa, migliora il quadro dei lipidi, con incremento del colesterolo HDL ad azione protettiva, e diminuzione delle LDL che accompagnano l’aterosclerosi.
l’ormone che ha il compito di tamponare l’eccesso di glicemia, e aumentano le opportunità di difendersi dalle condizioni negative che spesso si associano al diabete stesso. Ad esempio la pratica sportiva fa abbassare la pressione arteriosa, migliora il quadro dei lipidi, con incremento del colesterolo HDL ad azione protettiva, e diminuzione delle LDL che accompagnano l’aterosclerosi.
(fonte:quotidiano.net)
venerdì 1 aprile 2011
malarazza....ma ki ti lamenti?
Proponiamo questo...piccolo "consiglio" che già tempo fà il grande Mimmo Modugno ci dava....consiglio ripreso dalla Consoli prima in maniera veramente eccezzionale e oggi da G. di marco..........
Estratto della traduzione x chi fa' finta di non capire
Tu ti lamenti, ma cosa ti lamenti? Prendi un bastone e tira fuori i denti
Un servo tempo da in una piazza
Pregava Cristo in croce dicendogli
"Cristo, il mio padrone mi strapazza
mi tratta come un cane randagio
si prende tutto
e dice che nemmeno la mia vita è mia
Distruggila Gesù questa malarazza
distruggiala Gesù fallo per me...si fallo per me!
.....
....
Cristo mi rispose dalla croce
"Si sono forse spezzate le tue braccia?
Chi vuole giustizia se la faccia
Nessuno lo farà al posto tuo
E se sei un uomo e non un pazzo
ascolta bene la mia sentenza
io non sarei inchiodato in croce
se avessi fatto quello che ti sto dicendo"
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