lunedì 10 giugno 2013

Prima partecipazione televisiva in un talk show del neo ministro della Salute

Prima partecipazione televisiva in un talk show del neo ministro della Salute. Al centro i temi di questi ultimi giorni. Niente ticket nel 2014, sperimentazione sulla stamina, norma complessiva per regolamentare le sigarette elettroniche e avvio costi standard. Ma il presidente Rossi (Toscana) ha dubbi sulla copertura dei ticket e chiede più fondi per il Ssn


06 GIU - Beatrice Lorenzin ha scelto il salotto di Bruno Vespa per la sua prima partecipazione a un dibattito Tv da ministro della Salute. E il momento è stato senz’altro azzeccato considerando l’attualità di polemiche come quelle sulla stamina o le sigarette elettroniche che hanno caratterizzato gli ultimi giorni. Ma ovviamente non si è parlato solo di questo. Al centro anche il tema annoso delle risorse finanziarie per il Ssn e quindi la questione ticket.

Ma vediamo in questa cronaca per punti cosa ha detto la ministra questa sera nella celebre trasmissione di Rai 1.

SIGARETTE ELETTRONICHE. "STIAMO VALUTANDO NORMA COMPLESSIVA"
"Terrò conto del parere del Css, ma prima di fare un'ordinanza, visto che stiamo facendo la direttiva tabacchi che tratta anche la sigaretta elettronica, stiamo valutando insieme agli altri ministri competenti di fare una normativa complessiva e armonizzata”.

TICKET: "I 2 MLD SONO GIÀ COPERTI DAL DEF 2013"
"I 2 mld di euro di ticket aggiuntivi sono già coperti dal tendenziale del Documento di economia e finanza, lo dice anche la nota interpretativa del Ministero dell'Economia".

COSTI STANDARD: "SOLLECITATO MEF PER AVVIARE LA SPERIMENTAZIONE"
"Abbiamo sollecitato il Ministero dell'economia e finanze per ricevere l'analisi sulle 5 regioni benchmark per poi avviare la sperimentazione dei costi standard in 3 regioni: una del Nord, una del Centro e una del Sud". "Ma ricordiamo - ha precisato il ministro - che questo risparmio si sta già esplicitando, seppur con metodi diversi, nelle Regioni più virtuose che hanno già attivato le centrali uniche di acquisto".

SSN: "NON SOLO SOSTENIBILITÀ, MA PRESTAZIONI DI QUALITÀ SU TUTTO IL TERRITORIO"
"La sfida per il Ssn non è solo quella di diventare sostenibile dal punto di vista dei bilanci ma anche quella di erogare prestazioni sanitarie di qualità in maniera omogenea su tutto il territorio nazionale”.  "La mia ambizione, sia da ministro che da cittadina italiana, è far sì che non debbano partire più quei charter da Reggio Calabria per trasportare i malati in altre Regioni. I cittadini - ha concluso il ministro - hanno diritto a trovare cure di qualità sul loro territorio".

STAMINA: "È UN METODO, NON UNA CURA. LA SUA EFFICACIA SARÀ VALUTATA DALLA SCIENZA"
"Ci troviamo di fronte non ad una cura ma ad un trattamento. Non si può infatti considerare cura compassionevole qualcosa che non è stato sottoposto a sperimentazione". "Speriamo si riveli un metodo efficace in modo da poterlo includere nelle cure compassionevoli. Ricordiamo però che potrebbe essere efficace su alcune patologie, non su tutte - ha concluso il ministro - Verrà fatto un osservatorio con scienziati esterni e famiglie per seguire l'andamento della sperimentazione".

ROSSI (TOSCANA): "Non pugnalare alle spalle Ssn. Servono più fondi e copertura su ticket"
“Non vorrei che il Ssn venisse pugnalato alle spalle togliendo poco a poco i fondi, siamo sull'orlo del baratro. Servono nuovi investimenti in sanità”. Così il presidente della Toscana presente anche lui in studio che ha sottolineato che se non si applicheranno i nuovi ticket andrà chiarito come coprire i 2 miliardi previsti dal loro inserimento che ora andranno ad aumentare la spesa fin dal 2014






fONTE: QUOTIDIANO SANITA'

Il giudice: retribuzione agli infermieri anche per il tempo utilizzato per vestirsi

Stessa sentenza, qualche mese fa, per i dipendenti dell’Ilva di Taranto


PESCARA.- La Asl di Pescara dovra' riconoscere a 131 infermieri il diritto a vedere retribuito il tempo necessario alla vestizione, prima di andare a lavoro, e alla svestizione, una volta terminato il turno, nonche' il tempo
necessario alle consegne, per un totale di venti minuti.
Lo prevede una sentenza del Tribunale di Pescara in seguito ad un ricorso presentato dal sindacato Nursind, rappresentato a livello provinciale da Antonio Argentini. L'avvocato che ha portato avanti il ricorso e' Carmine Ciofani. Tra l'altro e' prevista anche la corresponsione delle somme relative agli ultimi cinque anni, Il ricorso risale allo scorso anno ma gia' in precedenza Argentini aveva presentato un ricorso analogo
relativo alla sua persona. Anche in quel caso il Tribunale aveva riconosciuto i suoi diritti, e la Corte d'Appello ha
confermato la sentenza di primo grado ma ora il caso e' in attesa di pronunciamento da parte della Cassazione.
Nei mesi scorsi una sentenza simile era arrivata anche in Puglia dove i lavoratori dell’Ilva di Taranto chiedevano all’azienda il riconoscimento ai fini retributivi del tempo impiegato per coprire il tragitto dal varco di accesso allo stabilimento fino al reparto e viceversa.

La Corte d’Appello di Genova, in riforma parziale della sentenza di primo grado, ha condannato la società a corrispondere ai lavoratori il compenso dovuto, a titolo di lavoro straordinario, per il tempo necessario per indossare la tuta da lavoro e i dispositivi di protezione individuale, nonché per recarsi dallo spogliatoio al reparto. Rigettata, invece, la richiesta di riconoscere pure il tempo impiegato per muoversi dall’ingresso dello stabilimento fino allo spogliatoio e viceversa.
Anche la Cassazione ha dato ragione ai dipendenti spiegando che ci sono alcune categorie di lavoratori (come ad esempio operai ma anche gli infermieri) che devono per forza indossare la divisa per una precisa necessità. I dispositivi di protezione individuale rientrano tra le «misure » che il datore di lavoro deve adottare per tutelare l’integrità fisica del lavoratore. Questo vuol dire che «se uno di questi lavoratori pretendesse di svolgere le sue mansioni senza aver indossato tuta e dispositivi di protezione si porrebbe in una condizione di inadempimento contrattuale, di scarsa diligenza, esponendosi al potere disciplinare del datore di lavoro».


fONTE:pDN.IT

Infermieri contro Tgcom24: “Falsità intollerabili sul problema disoccupazione”

La polemica è nata da un articolo in cui si affermava che, sulla base dei dati Istat, il 43% delle posizioni aperte per gli infermieri non sono ricoperte sul totale delle richieste. Per il presidente del Collegio Ipasvi di Bari, Saverio Andreula,  “vi sono invece tra i 30 e i50mila giovani infermieri disoccupati”.

27 MAG - È scoppiata una polemica tra infermieri e Tgcom24 per una notizia riportata lo scorso venerdì a commento di alcuni dati Istat. Secondo il portale di informazione “nel nostro Paese ci sono circa 150mila posti per impieghi che nessuno cerca o vuole fare. Non passano in secondo piano nemmeno quelle professioni difficili da reperire perché presuppongono un percorso formativo il cui accesso è a numero chiuso o perché poco attrattive. È il caso degli infermieri (il 43% delle posizioni aperte non sono ricoperte sul totale delle richieste)”. Una “falsa notizia”, secondo il presidente del Collegio Ipasvi di Bari, Saverio Andreula, per il quale “è intollerabile, che a fronte di un’evidentissima disoccupazione infermieristica stimata in conformità a analisi comparate: Almalaurea/Istat/Collegi (alcuni) tra i 30.000 e i 50.000 giovani laureati in Infermieristica si pubblichino dati, informazioni totalmente prive di oggettivo risconto”.

“L’informazione, per il dato che si riferisce agli Infermieri e per le considerazioni giornalistiche è bugiardo e sviluppa evidenti e giustificate tensioni emotive tra i giovani disoccupati infermieri - ha concluso Andreula - ci pare sia giunto il momento che la politica acquisisca piena consapevolezza della realtà della situazione per inquadrare meglio le questioni e formulare ipotesi di soluzioni e/o miglioramenti”.

fONTE: BRESCIAOGGI.IT



Becattini: Attivare gli infermieri specialisti, distinguendoli per quello che fanno e non solo per quello che sono

SIENA. Continua il confronto tra Nurse24.it e i rappresentanti delle professioni sanitarie. Raccontare e far conosce le persone che ogni giorno contribuiscono all’evoluzione dell'infermieristica a livello nazionale e non solo. E' ora l'occasione per ascoltare il Dott. Giovani Becattini, Dirigente infermieristico dell'AUSL 7, consigliere ANIARTI e promotore del progetto See and Treat. A lui abbiamo posto alcune domande. Vediamo cosa ci ha risposto.
Intanto, buon giorno e grazie per aver accettato l’intervista.
Buongiorno a tutti e complimenti a voi di Nurse 24 che state facendo passi da giganti con una iniziativa davvero sfidante e che sembra già abbiate vinto! 
Lei dirige il Dipartimento Infermieristico Ostetrico AUSL 7 di Siena, è stato l’artefice del modello see and treat toscano, quali risultati avete raggiunto? 
Abbiamo avuto risultati stupefacenti, quando partimmo ci aspettavamo diffidenza dei cittadini, ostracismo dei medici ed anche dei colleghi non coinvolti nella sperimentazione, invece salvo rarissimi casi, l’integrazione coi medici di PS è stata eccellente, i colleghi non sono stati sempre iper collaboranti ma mai di ostacolo e gli assistiti … ci hanno testimoniato l’apprezzamento nei modi più disparati.
I dati parlano chiaro, il See and Treat ha  ridotto le attese ed il tempo complessivo di permanenza in PS, il tasso di allontanamento spontaneo da PS mentre ha ottenuto il miglioramento del trattamento del dolore, e la soddisfazione degli utenti, che secondo le indagini del MeS, e non autoreferenziali, mostrano per il S&T  tutti gli indicatori migliori rispetto ai percorsi tradizionali del PS. Alcuni di questi dati sono stati confutati ma non quelli degli assistiti e, soprattutto, non l’elemento che ci stava più a cuore: la dimostrazione che l’infermiere certificato per quelle tecniche, per la presa in carico complessiva dell’assistito, door to door, le avrebbe assicurate in sicurezza e con standard d’intervento ottimali. A questo punto è in atto la seconda fase dell’esperienza toscana, quella della diffusione del percorso che entro tre anni deve esser disponibile in tutti i PS /DEA toscani; scontiamo però alcuni difetti di crescita: non abbiamo raggiunto un accordo per valorizzare economicamente la funzione, non ci siamo del tutto affrancati da alcuni pareri contrari della rappresentanza istituzionale locale medica, dobbiamo migliorare i protocolli ed aumentarli di numero anche attraverso accordi per la diagnostica strumentale per poter procedere davvero a riorganizzare i percorsi nei PS /DEA anche sulla base del disposto del febbraio della Conferenza Stato Regioni. Nonostante tutto ciò, l’esperienza toscana del See and Treat va avanti:
attraverso il libro omonimo, edito da Giunti, è offerta a tutti per possibili repliche fuori dalla Toscana, attraverso la partecipazione al Progetto EnPros Emergency Nurse Professional’s Skills to improve quality in health service, progetto dell’agenzia nazionale Leonardo, coordinato a livello nazionale  dall’AO Città della Salute e della Scienza di Torino ci confrontiamo con i colleghi del See and treat inglese e grazie ad ANIARTI proveremo ad inserire il S&T anche nelle future linee guida nazionali per il triage, attese entro l’anno prossimo.
La Bozza di accordo Stato-Regioni sull’ampliamento delle competenze e delle responsabilità infermieristiche, che risultati potrà concretamente produrre secondo Lei nel lavoro quotidiano degli infermieri?
Intanto domandiamoci perché questa bozza è ancora tale e domandiamo: al sistema servono infermieri con competenze ‘evolute’?  se si perché questi ritardi? Se no, archiviamo! Ovviamente essendo il See and treat stato uno degli elementi che hanno attivato la discussione io non posso che sostenere che serve un infermiere con competenze specialistiche. Sono pienamente d’accordo con quanto ha dichiarato, a voi di nurse 24,  uno dei miei ‘maestri’, Antonella Santullo, è necessario prevedere nelle nostre organizzazioni l’infermiere specialista integrato con quello generalista, serve dare coerenza tra le competenze agite, il riconoscimento economico e l’organizzazione.
Dovremmo assegnare gli infermieri ai servizi in base alle loro competenze e far corrispondere incarichi distinti a competenze distintive. Organizzare i servizi in logica sempre più personalizzata e meno standard, vale per le competenze ed anche per gli orari. La bozza indica una strada, condivisibile, a patto si proceda sgombrando il campo da possibile equivoci, non solo nel metodo ma anche nelle ricadute operative e si proceda decisamente anche nel definire ruolo e rapporti con le Università, coi diversi atenei.
Nella domanda precedente, si fa riferimento ad un bozza di accordo che parla di ampliare competenze e responsabilità; nel periodo di crisi economica che stiamo vivendo, a suo parere, e possibile che venga aggiunta la voce “retribuzione” negli ampliamenti previsti?
Non lo potremo ottenere nell’accordo della CSR ma è una partita che dobbiamo giocare, ci dobbiamo dotare di strumenti contrattuali che consentano di riconoscere il merito molto più e molto meglio di quanto è possibile fare oggi. Serve una seria riflessione in seno alla professione, si rischiano spaccature illogiche, superabili con la trasparenza e costruendo un sistema aperto; quando avremo un quadro condiviso lo potremo proporre con forza alle organizzazioni sindacali, il momento è ora. Nei prossimi lustri è confermato che dal sistema usciranno molti medici, ammesso che si riesca a superare tutti gli ostacoli che ancor ora si frappongono a riorganizzare il sistema innovandolo, si potrebbero liberare risorse da sfruttare, almeno in parte, per definire un sistema contrattuale più appropriato per l’infermiere e gli altri professionisti sanitari.
Rientriamo nel contesto clinico-sociale, aumentano i pazienti con patologie croniche, le risorse economiche destinate alla sanità si riducono, in relazione alla definizione di assistenza infermieristica definita dal profilo professionale D.M. 739-94, Le chiedo allora che futuro prevede per l’infermiere in relazione ai termini “preventiva” ed “educativa”, pensa si stia facendo abbastanza in questo senso?
No, non abbastanza, troppo spesso l’infermiere è schiacciato dalle ‘cose da fare’ che non riesce sempre nemmeno a fare assistenza infermieristica ma magari assicurare solo la continuità terapeutica. So di esagerare ma purtroppo vorrei esser davvero stato iperbolico, non lo credo. Eppure le funzioni che lei ha richiamato sono centrali per il sostentamento del sistema sanitario per come lo abbiamo conosciuto finora. Dobbiamo occuparci dei nostri assistiti con prospettiva diversa:  in ospedale assicuriamoci negli ultimi giorni di ricovero che possano gestire la terapia a casa, facciamoli provare sotto il nostro sguardo ed a domicilio occupiamoci del care giver, spesso spaesato eppure sempre più importante per l’assistito. Approfitto per riportarvi due iniziative che credo di valore assoluto che svolgiamo nella mia azienda senese. In tema di guida all’autogestione della malattia, da anni, grazie alla lungimiranza delle colleghe Bagaggiolo e Trapè, svolgiamo i programmi di self management ideati dalla Stanford University secondo i quali infermieri  formati conducono gruppi di pazienti cronici sviluppandone le competenze per l’autogestione e la ricerca del benessere con ottimi risultati in termini di soddisfazione ma anche di … emoglobina glicata! Sulla prevenzione poi abbiamo attivato un laboratorio teatrale che è diventato in seguito  la ‘Compagnia dipio’… pare ci sia anche un account facebook …  che ha già portato sul palco alcune volte uno spettacolo dal titolo ‘la salute va in scena’ dove attraverso scenette, musica e balli si sollecita il pubblico all’adozione di  corretti stili di vita. Insomma si fa poco ma si deve e si può fare di più anche essendo creativi, come lo siete stati voi con nurse24 e la federazione IPASVI con la sezione dedicata sul sito web.           

Tocchiamo ora un tasto più caldo, la Valutazione, Lei si è trovato e si trova spesso a dover valutare le competenze e le performance dei suoi collaboratori, quali sono le difficoltà che incontra maggiormente?
Il tema non è caldo, è strategico; chi di noi non apprezza un feed back onesto? Chi non vorrebbe una pacca sulla spalla quando ‘sente’ di aver fatto bene e non accetta di buon grado un rimprovero se giusto? Allora parliamo con serenità della valutazione dei professionisti. Anche in questo caso mi si conceda un excursus personale, in azienda usl 7 di Siena, da anni esiste una procedura per la valutazione del personale, punteggio espresso in centesimi, procedura ben fatta e condivisa da tutte le componenti poi quando si tratta di usarla … quest’anno io ho fatto valutazioni di seconda istanza per punteggi di 84/100 vuol dire che quel collega si aspettava di più ed io mi domando: quanti di noi a ‘scuola’ prendendo otto e mezzo tornavano a casa arrabbiati? Io no. Il primo punto allora è l’onestà, la coerenza; costruiamo un sistema di valutazione onesto e facciamola con giudizio e trasparenza. Dobbiamo trovare il tempo di farla bene, cioè prevedendo un colloquio dove si assegnano gli obiettivi, uno o più di monitoraggio, intermedi, ed uno finale dove ci si confronta sui risultati ottenuti. L’altra difficoltà è disporre di dati per limitare la discrezionalità del valutatore ed anche se qualcosa si può fare, anche più di qualcosa in molti casi, teniamo bene a mente che non è superabile un margine di discrezionalità che ci riporta al primo punto, giustizia e trasparenza. Certo la disponibilità di dati rende tutto molto più semplice, se io posso dice ‘cara Francesca, tu hai completato solo il 78% delle valutazioni infermieristiche di ingresso e lo standard atteso era il 90 …’ è molto meglio che dire ‘Cara Francesca, non posso dire tu non ti sia impegnata ma io mi aspettavo di più da te …’  Infine vi riporto che è recente una delibera regionale che rende obbligatoria la valutazione individuale dei professionisti del SS Toscano, questa prevede che anche per gli operatori del comparto ci siano una quota dell’indennità di risultato collegata alla performance del singolo, il 20% mentre è il 40 per i medici, e non solo di gruppo, interessante no?  

Al personale che valuta, cosa non ha mai detto ma vorrebbe dire? Esistono infermieri di serie A e infermieri di serie B?
Provocatoria… in un rapporto di reciproca fiducia o quantomeno di rispetto tra valutatore e valutato, col dovuto metodo e garbo, non c’è niente che non si possa dire, e per certi versi non si debba dire. Credo di non aver mai fatto sconti, magari, per eccesso di diplomazia, mi sarà capitato di non esser stato del tutto compreso ma, non mi pare di averne avuto danno mentre spero di non averne recato….
La seconda domanda si collega a quanto accennavo in precedenza ragionando sulla revisione contrattuale, torno quindi a dire che dobbiamo attivare gli infermieri specialisti e distinguere gli infermieri per quello che fanno non per quello che sono, un giudizio di merito non di valore.
Esemplifichiamo attraverso il S&T, la delibera toscana dice che tutto il personale del PS/DEA dovrà esser formato; primo punto, diamo per scontato che tutti saranno certificati? Sarebbe un errore, e allora? Tutti devono poter esser certificati poi qualcuno non ce la farà come succede sempre in ogni campo dove si faccia misurazione.
Secondo punto, la delibera dichiara non si prevedano automaticamente maggiori compensi, si deve intendere che l’infermiere che sutura una ferita, somministra farmaci e li ‘raccomanda’ per la prosecuzione del trattamento firmando il verbale di PS ha le stesse competenze e responsabilità del suo collega impegnato al centro prelievi? È un errore, diamo più soldi a chi ha quella certificazione, sarebbe un errore anche questo, a mio parere, in questo ed in molti altri casi ci dovrebbe essere un riconoscimento a funzione agita.
Ad una posizione di lavoro corrisponde un riconoscimento economico distintivo, chi la occupa lo riscuote, tutti i certificati ruotano sulla postazione.
Il sistema è aperto, chi non è certificato oggi può esserlo domani, e riconosce merito e responsabilità. Non ci sono infermieri di serie a e b, ci sono infermieri generalisti e specialisti e ci sono posti di lavoro richiedenti competenze specifiche che possono essere distintive tra gli infermieri.

Infine concludo, se potesse andare avanti nel tempo, fra trent’anni come immagina sarà organizzata la sanità italiana? Chi farà cosa?
a.d. 2045 wow … allora io avrò ottant’anni, sarò in pensione da … cinque, avrò una ipertensione in buon controllo, dolori articolari ed ancora tutti gli organi parenchimali al loro posto, sarò stato operato per la vista … i miei segni vitali sono controllati giornalmente dal mio infermiere di fiducia, collabora col medico di famiglia ma mentre questo lo vedo quattro volte l’anno, Pietro, il mio infermiere, viene da me tutte le settimane e con quella macchinetta che ai miei tempi si chiamava telefonino mi fa tutti i controlli, mi regola la terapia, la prendo attraverso un impianto sottocutaneo, ed è soprattutto lui che fa si che non debba andare in ospedale… l’ultima volta, quando sono andato per i calcoli renali.. un esperienza … è stato come entrare in un frullatore … in tre giorni mi hanno tolto il dolore e liberato dai calcoli .. dicono sciogliendoli… certe apparecchiature che ai miei tempi nemmeno si sognavano …
Tornando seri, voglio astenermi rispetto ai destini del SSN, mentre credo scontato un ruolo decisivo dell’informatica, della biotecnologia, della terapia genica, tutte quante inserite in contesto che darà sempre valore al contatto umano; la cura sarà fatta per lo più a casa, gli ospedali ancor più ridotti di numero,  i medici saranno in numero … europeo ed avranno visto crescere nuove specializzazioni rivedendo la frammentazione delle attuali, gli infermieri e gli altri professionisti sanitari avranno prima ottenuto pieno riconoscimento e poi rivisto anche il loro intervento dovendolo integrare e distinguere da quello degli assistenti di base, delle badanti professionali e, soprattutto dell’empowerment degli assistiti che valorizzano ormai, sempre di più, le nostre competenze relazionali, la nostra capacità di care. Fare l’infermiere sarà sempre difficile ma continuerà  ad essere un lavoro così bello … 


Cercasi 70 infermieri professionali. Destinazione, Regno Unito.


Lecce. Il Regno Unito cerca 70 infermieri professionali: sarà il consigliere Eures della provincia di Lecce a curarne la preselezione nel Salento
 
Nuova opportunità di lavoro per gli infermieri e i ferristi disposti a trasferirsi in Gran Bretagna. L’agenzia di reclutamento Best Personnel Ltd, in collaborazione con la Rete italiana Eures e con NHL Trust (il Servizio sanitario nazionale del Regno Unito), ricerca 40 infermieri professionali di varie specialità e 30 infermieri professionali ferristi. Il tipo di contratto previsto è a tempo determinato, full time per 38 ore settimanali, per una durata minima di 6 mesi.

Per i candidati ai 40 posti di infermiere professionale è richiesta, in particolare, un’esperienza di almeno 6 mesi in una delle seguenti specialità: ortopedia, pronto soccorso, pediatria, geriatria, neonatologia, nefrologia, neurologia, medicina generale, psichiatria. Tra gli altri requisiti la conoscenza dell’inglese almeno a livello B2. Le domande dovranno essere presentate entro il 9 luglio prossimo. Per i 30 posti destinati ad infermieri professionali ferristi è richiesta, invece, un’esperienza di 6 mesi post laurea in sala operatoria. La scadenza per partecipare è il 12 luglio prossimo.

Dopo le fortunate esperienza della prime due selezioni nel settore sanitario tenutesi tra ottobre scorso ed in questo mese di maggio, si è deciso di riproporre  l’iniziativa che ha già riscontrato grande soddisfazione da parte dell’Agenzia Bpl, con sede in Irlanda, sia per l’ottima formazione dei candidati italiani, che per la professionalità con cui la rete Eures Italia ha coadiuvato il reclutamento. Anche in questa terza selezione, la Provincia di Lecce avrà un ruolo attivo tramite il suo consigliere Eures che opera nell’ambito dell’assessorato provinciale alla Formazione professionale e Politiche del lavoro guidato da Ernesto Toma. Al consigliere Eures della Provincia di Lecce Bernadette Greco, in particolare, è affidata la preselezione delle candidature degli interessati residenti – domiciliati nel Salento (Lecce, Brindisi e Taranto). Le candidature pre – selezionate saranno inviate alla Best Personnel Ltd che sceglierà i candidati da invitare ad un colloquio iniziale in inglese via Skype.

“La Rete di informazione e orientamento sul mercato del lavoro comunitario Eures, presente in Provincia di Lecce, prosegue il suo impegno nell’offrire nuove opportunità ai giovani salentini che, attraverso un’esperienza lavorativa all’estero, potranno accrescere la propria preparazione professionale e maturare un bagaglio di esperienze ulteriormente spendibile sul mercato del lavoro”, dichiara l’assessore alle Politiche del lavoro della Provincia di Lecce Ernesto Toma. Tutti i candidati dovranno frequentare il periodo di training e preparazione fornito dalla  struttura ospedaliera in modo da adattarsi al funzionamento del sistema sanitario locale.

I candidati interessati a partecipare e residenti-domiciliati nel Salento (Lecce, Brindisi e Taranto) potranno inviare un curriculum vitae modello Europass, in lingua italiana e inglese, al servizio Eures della Provincia di Lecce, bgreco@provincia.le.it , oggetto: “40 infermieri professionali – offerta maggio 2013”, oppure “30 infermieri ferristi – maggio 2013”. Nel curriculum dovrà essere dichiarata e sottoscritta la disponibilità a prendere servizio presso la sede di lavoro assegnata, sull’intero territorio inglese, compresa l’Irlanda del Nord.

I candidati interessati a partecipare, ma residenti-domiciliati in altre province o regioni potranno inviare la stessa documentazione al consigliere Eures di riferimento. L’elenco dei servizi Eures attivi sul territorio nazionale potrà essere consultato al link http://www.cliclavoro.gov.it/Cittadini/Pagine/Cerca-Sportello.aspx , selezionando la città di residenza e come tipologia di sportello “Eures Adviser



Infermieri in protesta contro "l'inerzia dell'azienda" Tutti a terra in un flash mob

Bibbiena ed il Casentino? Perché Bibbiena è un simbolo, anzi il simbolo dell’incapacità aziendale di fare fronte alle carenze organizzative. E’ in Casentino che il problema è più grave e cronicizzato

Arezzo, 7 giugno 2013 - Hanno deciso di mettere in piedi un flash mob. Una maniera certo pacifica, ma altrettanto incisiva di protestare, molto diffusa oggi. E non solo tra i giovani. Infatti a manifestare, ieri mattina alle 10, sono stati gli infermieri della Asl8. Il flash mob è stato organizzato davanti all’ospedale del Casentino, a Bibbiena. I sanitari si sono raccolti all’esterno del nosocomio e poi si sono gettati a terra in contemporanea. Un gesto che intendeva comunicare, come hanno spiegato, il loro “essere esausti”.

L’appuntamento era stato organizzato dal NurSind, il sindacato delle professioni infermieristiche. Così gli infermieri , con un gesto semplice quanto carico di significato, hanno voluto protestare contro l’azienda che, hanno spiegato “nonostante le ferie sarebbero dovute decorrere dal primo giugno, non ha presentato ai sindacati un piano su come intende gestire il periodo estivo né ha comunicato chi e quanti saranno i rinforzi”. Dito puntato quindi contro la Asl che non sarebbe in grado di coprire i turni e non darebbe garanzie adeguate di potere usufruire di ferie e riposi.

E la protesta si è svolta proprio a Bibbiena, da anni simbolo delle carenze organizzative dell’azienda. Infatti già tre anni fa sempre nel capoluogo casentinese il Nursind riuscì a portare l'azienda in prefettura grazie alla dichiarazione dello stato di agitazione. Ma neppure allora la questione venne definita in maniera stabile. “Infermieri Esausti” era questo lo slogan della manifestazione. Ma gli infermieri sono anche stanchi   del continuo balletto di cifre fornito di volta in volta dall'azienda, cifre che alla fine non garantiscono dotazioni organiche serie ed adeguate alla nuova organizzazione.

Perché, come ha spiegato il sindacato “Gli infermieri sono stanchi di aspettare sostituzioni che arrivano in ritardo o che non arrivano affatto come nel caso delle maternità. Gli infermieri vogliono dare garanzie del loro operato affinché questo sia sempre appropriato  e sicuro”. Per questo ieri mattina hanno deciso di manifestare ancora una volta. Per far sentire, senza demordere, la propria voce.  Nell’interesse della loro professionalità, ma soprattutto dei pazienti.





BARI - Pronto soccorso, è allarme "Pochi infermieri, un disastro"

La situazione è esplosiva: i primari dei reparti di emergenza-urgenza lanciano l'allarme in vista dell'arrivo dell'estate. Troppe carenze di personale, soprattutto infermieristico, rischiano di bloccare definitivamente la macchina della prima assistenza. Le condizioni più difficili al Policlinico

LA SITUAZIONE nei pronto soccorso baresi è esplosiva, ai limiti della catastrofe. I primari dei reparti di emergenza- urgenza della città lanciano l'allarme in vista dell'arrivo dell'estate. Troppe carenze di personale, soprattutto infermieristico, rischiano di bloccare definitivamente il sistema di emergenza pubblico. Le condizioni più difficili sono al pronto soccorso del Policlinico. Nel più grande reparto barese l'affluenza dei pazienti è aumentata già del 15 per cento "e aumenterà ancora fino a punte del 20 per cento tra luglio e agosto" afferma il primario Francesco Stea. La sala rossa è perennemente occupata, mentre la sala d'aspetto è sempre più affollata, con attese per le visite che sfiorano anche le dieci ore. Una situazione di tensione che può rivelarsi pericolosa anche per il personale. L'ultimo caso di aggressione si è verificato tre sere fa. Un uomo ha aggredito tre infermieri e una dottoressa "colpevoli" di non aver guarito in tempo la sua ferita a una mano.

"Queste aggressioni ormai sono all'ordine del giorno  -  dice ancora Stea  -  ma non riguardano solo il nostro reparto. Orma il pronto soccorso del Policlinico è il punto di riferimento principale per i pazienti di tutta la provincia di Bari. Fortunatamente nei prossimi giorni dovrebbero arrivare i primi rinforzi grazie alle deroghe al blocco del turn over ottenute a marzo". Il problema, però è che questi rinforzi arrivano a rilentoMa il paradosso è che nel momento in cui arriveranno tre nuovi infermieri, andranno via in dodici.

Il conto finale è sempre negativo e la carenza di personale rimane il problema principale per quelli che sono ormai dei veri e propri fortini assediati dai pazienti. "Alla faccia dello sblocco delle assunzioni  -  commenta Antonio Mazzarella, segretario regionale della Cgil medici  -  le deroghe non sono ancora operative, ma soprattutto non fanno altro che mantenere in servizio quelli che già c'erano e sarebbero stati licenziati. Bisogna tenere conto che nei tre anni del piano di rientro abbiamo perso 2600 dipendenti in tutta la Puglia. Tre anni terribili in cui i reparti di emergenza hanno subito i tagli maggiori ".

Per questo motivo Mazzarella avverte: "A luglio questa situazione scoppierà. Nell'incontro di lunedì prossimo con l'assessore alla Sanità Elena Gentile chiederemo risposte immediate da parte della Regione". Se la passano male anche i pronto soccorso della Asl di Bari: "Non so cosa stia succedendo nei piccoli ospedali della provincia, ma siamo in continua difficoltà, alle prese con un affluenza crescente di pazienti  -  afferma il primario del reparto del Di Venere, Carlo Marzo  -  a luglio scadono i contratti di tre infermieri. Altri tre sono già in maternità. Siamo in attesa di notizie positive nei prossimi giorni. In caso contrario a luglio la situazione potrebbe diventare catastrofica. Se non arriveranno rinforzi di personale andrà in tilt l'intero sistema".

Gli fa eco anche Antonio Martiradonna, direttore del reparto del pronto soccorso del San Paolo, che il mese scorso ha scritto una lettera indirizzata alla direzione generale della Asl di Bari per avvertire del pericolo imminente. A partire da questo mese infatti il pronto soccorso del San Paolo si ritroverà con 5 infermieri in meno. Tutta colpa delle deroghe
di marzo scorso. Molti infermieri precari preferiscono infatti abbandonare i loro posti con contratto a tempo determinato negli ospedali dell'Asl per farsi assumere a tempo indeterminato dal Policlinico: "In organico sono previsti 33 infermieri  -  dice Martiradonna  -  attualmente ce ne sono 21 e tra qualche giorno rischiano di ridursi a 16. Così non si può lavorare. Spero che con le prossime deroghe previste per luglio si riesca a dare qualche assunzione in più nei reparti di emergenza-urgenza di Bari".

Pino Vitale, segretario aziendale della Cisl per il San Paolo di Bari avverte: "Serve un intervento urgente dei livelli istituzionali regionali per facilitare il reclutamento degli infermieri. Bisogna investire sul pronto soccorso e aprire le osservazioni brevi. La Regione si mobiliti al più presto per potenziare il settore dell'emergenza- urgenza".



Fonte: repubblica.it

Studio Choc: bere sperma fa bene alla salute!

Uno studio alquanto sorprendente è stato realizzato in queste ore da una serie di esperti scienziati, i quali con le loro ricerche sono riusciti a dimostrare come bere sperma umano possa fare bene alla salute delle donne!
Il tutto grazie agli elementi nutritivi che esso contiene, tra cui vitamine, proteine e fruttosio. In particolare lo sperma sarebbe ricco di vitamina C, che normalmente si trova nella frutta e nelle verdure.
Gli scienziati hanno messo in evidenza come lo sperma può essere un vero toccasana per la salute delle donne, ma non per quella degli uomini: bere sperma umano per l’uomo, infatti, riduce le sue possibilità di produrre. L’ interesse del maschio, invece, è che la maggior parte del proprio sperma raggiunga le uova della donna.
La notizia di sicuro renderà felici un bel po’ di donne, meno altre che alla lettura di tali news faranno la faccia disgustata. Tuttavia non è la prima volta che uno studio mette in evidenza gli effetti benefici dello sperma.
Qualche mese fa, per esempio, era stato messo in evidenza come lo sperma potesse essere un ottimo toccasana anche per il mal di gola. Bere sperma umano poteva aiutare a guarire il mal di gola senza l’utilizzo di farmaci e antibiotici. Anche questo era stato provato scientificamente